Minima Cardiniana 331/2

Domenica 13 giugno 2021
Sant’Antonio da Padova, Prima Domenica del Tempo Ordinario

OMAGGIO A UN AUTENTICO PATRIOTA
GIANCARLO RICCIO
IN ONORE E IN MEMORIA DI JOERG KLOTZ, PATRIOTA SUDTIROLESE, PALADINO DI UNA LIBERA EUROPA DELLE PATRIE E DEI POPOLI
La primissima idea dell’amico Franco Cardini (e si parva licet anche mia) era di formulare gli auguri ad Eva Klotz per i suoi (primi) settant’anni compiuti il 4 giugno. Una vita (persino un po’ spericolata) spesa per difendere la causa del popolo sudtirolese in una terra, l’attuale provincia autonoma di Bolzano, che fa parte da alcuni decenni dell’Italia. Ma che è terra di confine, di “Mischung” non solo linguistiche (italiano, tedesco, ladino) ma è anche un’area di convivenza da sempre non facile tra etnie diverse. E chi pensa – in cerca non di sovrapposizioni ma di caute analogie – ad altre aree geopolitiche in cerca di autonomia nel resto (almeno) dell’Europa, non sbaglia.
Dunque, grazie per l’ospitalità a Franco Cardini (e grazie al generoso e molto competente funambolo redazionale di questo sito, David Nieri).
Ma qui ci occuperemo non solo del genetliaco di una combattiva (e charmant) signora della Val Passiria (una delle valli meno ricche e più belle dell’intero Sudtirolo turistico) e di suo padre Georg, considerato da molti un “terrorista” anti-italiano.
Tutto nasce il 5 settembre 1946 quando, su insistenza degli Alleati e a margine del trattato di Parigi, si arrivò alla stipulazione di un trattato di tutela del Sudtirolo riconsegnato all’Italia. Il trattato fu firmato dal presidente dei ministri italiano Alcide Degasperi e dal ministro degli esteri austriaco Karl Gruber.
Da lì, una storia tormentata, anche politica, anche civica, anche culturale. Soprattutto, lo ripetiamo, etnica. In questa provincia di Bolzano, la legge impone che ogni incarico pubblico (insegnanti, medici, impiegati, ecc.) possa essere assegnato solo a chi conosce il tedesco, l’italiano e il ladino. Si viene sottoposti a un vincolante esame bi-linguistico.
Le assunzioni nel Pubblico seguono poi un meccanismo proporzionale, battezzato “proporz”. Proporzionale al numero di residenti dei singoli gruppi linguistici. Per capirci: i due terzi degli oltre 520mila altoatesini parlano in tedesco, circa un quarto in italiano, mentre il 4 per cento appartiene alla minoranza ladina. Questo, secondo i dati più recenti.
In questo panorama, complesso e inevitabilmente contraddittorio (tanto da richiedere da parte mia, apertis verbis, un intervento del padrone di casa di questo sito in chiave analitico-storica), accade qualcosa giusto 60 anni fa.
Ecco.
La notte tra l’11 e il 12 giugno del 1961 il movimento irredentista sudtirolese Bas fece esplodere 37 tralicci in Alto Adige. L’ondata di attentati entrò nella storia come la Feuernacht, la Notte dei fuochi.
A 60 anni di distanza Eva Klotz, ex consigliera provinciale e figlia di Joerg Klotz, detto il “martellatore della val Passiria”, ed Edoardo Mori, ex presidente del tribunale del riesame di Bolzano, rispondono, tra l’altro, alla domanda: Terroristi oppure combattenti per la libertà? Eva Klotz non ha dubbi: “Combattenti per la libertà. C’era il tentativo di sottomissione da parte dell’Italia. La pulizia etnica è stata fermata con la Notte dei fuochi e la battaglia per la libertà del Sudtirolo. L’Italia aveva l’obiettivo di raggiungere entro gli anni ’70 la maggioranza italiana in Sudtirolo e allora di noi avrebbero fatto quello che volevano”, dice.
D’altro avviso l’ex giudice Mori. “Finché”, dice “uno non ammazza lo si può definire volendo combattente per la libertà, nel momento in cui uccide è un delinquente punto e basta” [un duro giudizio, oseremmo dire, contro qualunque forma di “resistenza”, comprese quelle più glorificate: è così? pensiamoci – nota di F.C.]. A oltre mezzo secolo di distanza si torna a parlare di grazia. Anche in questo caso Eva Klotz è convinta: “Grazia sì, ovviamente, perché non erano terroristi. Hanno fatto di tutto per evitare morti e feriti”.
Secondo Mori, invece, “ci sono più motivi per negarla che per concederla”. “Questi terroristi”, aggiunge, “non hanno fatto nulla per meritarsela, nessun pentimento, nessun risarcimento, nessun atto di ossequio allo Stato. Sono rimasti terroristi e nemici dello Stato italiano”, afferma.
Un tema così obiettivamente spinoso ha avuto una eco non solo locale grazie soprattutto ad alcuni intellettuali e analisti indipendenti e all’agenzia giornalistica Ansa guidata nella regione Trentino-Sudtirolo da Stefan Wallisch.
Tra gli analisti (e giornalisti di lungo e molto onorevole corso), Toni Visentini. Che scrive sul Corriere dell’Alto Adige (edizione locale del Corriere della Sera): “Sessant’anni non sono pochi, anzi. Da noi invece paiono pochissimi vista l’enfasi con cui viene ricordata – o, peggio, commemorata – la ‘Notte dei fuochi’ del 1961. Il tutto a dimostrazione ulteriore che siamo una terra in cui il passato non passa mai, eternamente malata di torcicollo e dunque con testa e pensieri quasi sempre rivolti all’indietro, pieni di nostalgia non solo per il buon tempo antico ma anche per quel che poteva essere ma non è stato. Guardandola nella più benevola delle ipotesi, si cerca di far passare la ‘Notte dei fuochi’ quasi come data fondante della nostra autonomia. Il che decisamente non è. I protagonisti di quegli attentati di certo non volevano l’autonomia ma volevano il ritorno della provincia di Bolzano all’Austria. Volevano il ‘los von Rom’ e interessava nulla il ‘los van Trient’. Certo, come si usa dire, con le loro bombe (vi furono 361 attentati a partire dal 1956, prima dunque della ‘Notte dei fuochi’ e sino al 1988, con 21 morti di cui troppo spesso ci si dimentica) portarono la questione altoatesina all’attenzione del mondo, tanto da farla finire alle Nazioni Unite”.
Non solo. Marco Angelucci, sempre sul Corriere dell’Alto Adige, intervista Nicola Canestrini, avvocato come il padre Sandro che fu grande protagonista di una lunga stagione di garantismo nelle aule di tribunale e non solo.
Ecco alcuni stralci dell’articolo. “Traditore della patria, ti faremo la pelle. L’avvocato Nicola Canestrini conserva ancora alcune delle cartoline che suo padre Sandro riceveva negli anni ’70. Minacce che arrivavano da ambienti neofascisti che rimproveravano a Canestrini di essere l’avvocato difensore dei terroristi sudtirolesi. I nemici dell’Italia e degli italiani. ‘Oggi potrebbe essere venuto il tempo della riconciliazione. Ma se si parla della violenza bisogna parlare di tutta la violenza’ dice Canestrini che è ancora l’avvocato di fiducia di Eva Klotz nei processi per vilipendio allo Stato italiano che periodicamente si ripresentano”.
Sulla Notte dei fuochi, Nicola Canestrini chiarisce: “Non voglio esprimere valutazioni di carattere politico perché non mi compete e perché ciascuno, politicamente parlando, può avere le opinioni che crede su questa materia. Posso solo parlare per ciò che è la mia competenza e quindi sul piano giuridico. Mio padre scrisse 600 pagine di difesa all’epoca di quei processi e lui era convinto che fossero sentenze ingiuste. La giustizia non è impermeabile a ciò che le accade attorno e che quelle condanne sono state in gran parte dettate dalla ragion di stato. Ingiuste perché non tenevano conto del contesto in cui quelle azioni si sono svolte e delle situazioni che hanno portato a compiere quei gesti estremi. Si fa presto a dire terroristi”.
Per finire (finire si fa per dire: chi scrive si augura, ovviamente, il contrario), ecco un modesto consiglio di lettura. Seguito da una chiosa di cronaca.
Il consiglio riguarda il volume Georg Klotz. Una vita per l’unità del Tirolo che Eva Klotz ha scritto nel 2011, dedicandolo alla vita del padre.
Eccone una sintesi, approvata dall’autrice.
“Nel paese sudtirolese di Walten Georg Klotz conobbe da bambino e da ragazzo il dispotismo fascista. Quando la democratica Italia proseguì l’oppressione dei Sudtirolesi e tutti i metodi pacifici risultarono falliti, egli si decise per la lotta per la libertà. Negli anni ’60 il fabbro della Val Passiria tenne sotto pressione un intero esercito. Quando l’Italia, nonostante i tradimenti e gli spionaggi, non era riuscita a neutralizzarlo, inviò un sicario e il suo amico più caro, Luis Amplatz, venne ucciso. Klotz si trascinò invece in Austria attraverso le montagne benché avesse un proiettile nel petto. Il popolo lo appoggiava, ma egli divenne presto un elemento di disturbo, poiché intralciava i programmi della politica e della diplomazia. Nonostante l’allontanamento dal Tirolo integrato da arresti e persecuzioni, egli rimase fedele ai propri princìpi. In precarie condizioni di salute e abbandonato dal Tirolo agiato, egli si ritirò nella solitudine dei boschi, dove la morte prematura lo raggiunse nel suo nostalgico tormento. Egli non ottenne il suo traguardo, la riunificazione del Tirolo, ma la sua temeraria lotta rimane tuttavia indimenticata”.
Tira le fila generali Toni Visentini. Nel suo editoriale già citato, conclude: “Con la ricorrenza della ‘Notte dei fuochi’ e la visita del Presidente austriaco van der Bellen a Roma è tornata alla ribalta pure la questione della grazia agli ultimi protagonisti di quegli anni, i cosiddetti ‘ragazzi della Pusteria’. Per uno di loro, il più anziano di tutti i cui parenti hanno fatto esplicita richiesta di clemenza al Capo dello Stato Mattarella, probabilmente arriverà la grazia per fargli vivere in famiglia l’ultima parte della sua vita. Per gli altri pare difficile vi sia un simile atto: non solo non lo hanno richiesto a uno Stato che rifiutano ma neppure si sono pentiti o dispiaciuti per i lutti che hanno provocato: tutto giusto e tutto necessario nel nome della causa patriottica. Qualche interrogativo, forse, varrebbe la pena di porselo”.
E dunque grazie a Franco Cardini per riproporre anch’egli interrogativi, dubbi e un dibattito aperto che non possiamo permetterci di procrastinare.