Domenica 4 luglio 2021, Santa Elisabetta di Portogallo
VECCHIE (E NUOVE?) DISCRIMINAZIONI
THIERRY MEYSSAN
COSÌ L’UNIONE EUROPEA STRUMENTALIZZA GLI LGBTQI+ UNGHERESI
Tutti sono concordi: le discriminazioni legali devono finire. Ma alcuni europei ne accusano altri di volerne istituire. È quanto sta facendo Bruxelles nei confronti dell’Ungheria. Ma indagando più a fondo si scopre che l’argomentazione della UE è disonesta e nasconde interessi inconfessabili.
Il 15 giugno il parlamento ungherese ha adottato una legge che vieta la promozione dell’omosessualità fra i minori.
Il 21 giugno 2021, durante la riunione dei ministri degli Esteri dell’Unione Europea, è stato deciso di avviare una procedura contro l’Ungheria, non per “evidente pericolo di violazione dello stato di diritto”, ma per “evidente pericolo di violazione dei valori su cui si fonda l’Unione” (12266/1718REV 1COR 1).
Diciassette Stati membri su 27 hanno chiesto al presidente dei capi di Stato e di governo europei, Charles Michel, di mettere all’ordine del giorno del vertice del 24 e 25 giugno la questione dei diritti degli LGBTQI+ in Ungheria. Nell’incontro i rappresentanti dei 17 Stati hanno accusato l’Ungheria di omofobia.
Il 25 giugno la presidente della Commissione, Ursula von der Layen, ha energicamente condannato la legge ungherese e chiesto al belga Didier Reynders, commissario per la Giustizia, e al francese Thierry Breton, commissario per il Mercato interno, di scrivere al governo ungherese per “fare rispettare il diritto”. Cosa cui i commissari hanno immediatamente provveduto (Ares S(2021) 4587976).
Non lasciamoci prendere troppo presto dall’entusiasmo, esaminiamo invece cosa si cela dietro queste prese di posizione.
LGBTQI+
La questione dei diritti degli LGBTQI+ non è mai rientrata nei valori europei, per il semplice fatto che l’Unione è stata istituita con il Trattato di Roma del 1957, quando gli LGBTQI+ non esistevano. Ovviamente c’erano gli omosessuali, i quali a loro volta cominciarono a essere così chiamati nel 1868, quando lo scrittore ungherese Karl-Maria Kertbeny inventò il concetto. Prima dell’adozione in Germania del Paragrafo 175 – nel 1871 – e nel Regno Unito del Criminal Law Amendment Act – nel 1885 – nessuno mai aveva avuto l’idea di punire le relazioni sessuali tra persone dello stesso sesso.
In Europa c’erano state leggi che vietavano la sodomia, che però punivano questo tipo di relazioni sia tra persone dello stesso sesso sia tra persone di sesso diverso; inoltre le pratiche degli “omosessuali” sono molte altre. Sbagliamo credendo che gli LGBTQI+ siano stati perseguitati in passato e che oggi non lo siano più nei Paesi “moderni”. In realtà, il concetto di sessualità e i divieti che ne derivano variano a seconda dei periodi e dei luoghi, ma la distinzione fra partner di sesso diverso e partner dello stesso sesso è recente.
Il concetto di LGBTQI+ non proviene, come spesso si afferma, dal Sessantotto francese, bensì dal pensiero puritano degli Stati Uniti. È una sorta di calderone in cui si mescolano concetti legati al sesso (anatomico), all’orientamento sessuale (biologico), nonché al genere (psicologico). La sigla designa:
– L, Lesbian (lesbica): una donna che ha relazioni sessuali con donne;
– G, Gay (gay): un uomo che ha relazioni sessuali uomini;
– B, Bisexual (bisessuale): persona che ha relazioni sessuali sia con persone dello stesso sesso sia di sesso diverso;
– T, Transgender (transgender): non si tratta di persone il cui sesso genetico non è né maschile (cromosomi XY) né femminile (cromosomi XX), e che per questa ragione non si riconoscono nel loro sesso anatomico (statisticamente meno dell’1 per mille). Con questo termine si indicano persone che rivendicano intellettualmente un ruolo sociale diverso da quello che comunemente si attribuisce al loro sesso anatomico. Mentre i transessuali possono far corrispondere la loro specificità cromosomica al loro sesso biologico con pesantissimi interventi chirurgici irreversibili, i transgender non aspirano a operazioni e durante la loro vita possono cambiare più volte genere.
– Q, Queer (queer): un termine che indica la cultura provocatoria di persone la cui sessualità non è socialmente ortodossa. Ed è in riferimento a questo significato che nei primi anni Novanta ho creato, insieme ad altri a Parigi, la Casa delle Omosessualità.
– I, Intersex (intersessuale): termine con cui si designano in generale persone il cui sesso genetico non corrisponde alla classificazione binaria uomo/donna. Alcuni di loro possono essere transessuali.
– +, Plus (altri). Essendo la sequela delle diversità sessuali infinita, i giuristi statunitensi l’hanno chiusa con un +, che riassume tutte le altre possibilità, sia quelle già individuate sia quelle che dovessero esserlo in futuro.
A Washington, in occasione del “mese dell’orgoglio gay”, l’amministrazione Biden si è impegnata a promuovere i diritti degli LGBTQI+ non soltanto negli Stati Uniti ma nel mondo intero. Negli Stati Uniti, nel mese di giugno, gli edifici federali – con l’eccezione del Pentagono – espongono la bandiera arcobaleno. È in questo contesto che si colloca l’iniziativa della Commissione e del Consiglio europei, non in quello della pseudo-difesa dei “valori europei”, con cui non ha nulla a che fare.
Già negli anni Ottanta l’amministrazione Clinton finanziò la vicenda AIDS allo scopo di strumentalizzare le associazioni gay di tutto il mondo per indurle a fare pressione sui governi e vendere così i trattamenti made in USA.
La confusione occidentale sugli omosessuali
Nessuno mette in dubbio la sincerità di Biden quando asserisce di voler porre fine alle discriminazioni per il colore della pelle. Eppure, come ho dimostrato in un precedente articolo, le sue azioni vanno nella direzione opposta. Il presidente statunitense crede di combattere il razzismo, ma attua una politica segregazionista. Le mie affermazioni hanno scioccato quei lettori che le giudicavano opinioni minoritarie. Ebbene, oggi non sono più un’opinione, bensì un’analisi condivisa dai più grandi intellettuali neri statunitensi. Analogamente, nessuno pensa che Biden non sia sincero quando afferma di voler combattere le discriminazioni per l’orientamento sessuale. Ma quanto sostiene a parole non gl’impedisce di fare il contrario.
Sul piano internazionale, l’amministrazione Biden strumentalizza la questione omosessuale come già ha fatto con la libertà religiosa e il razzismo: accusa la Russia di essere omofoba, benché in questo Paese l’omosessualità sia depenalizzata (fu pesantemente punita da Joseph Stalin nell’ambito della lotta contro i soviet di omosessuali; fu poi legalizzata da Mikhail Gorbaciov).
La confusione occidentale ha origine dall’istituzionalizzazione del matrimonio omosessuale nei Paesi scandinavi. È importante essere consapevoli che il significato del matrimonio muta con le epoche e le civiltà. Quando i Paesi scandinavi hanno inventato il matrimonio omosessuale, non intendevano equipararlo al matrimonio eterosessuale, ma consentire a tutti i cittadini l’accesso a un servizio pubblico: quello della Chiesa di Stato. Questi Paesi hanno infatti Chiese di Stato, i cui pastori sono funzionari statali, che però erogano un servizio pubblico – il matrimonio – soltanto agli eterosessuali.
Per inciso, ricordo molto bene un pranzo con la parlamentare relatrice della prima legge che istituiva il matrimonio gay: mi garantì che il testo avrebbe messo fine al “vagabondaggio sessuale” della comunità. Quando le chiesi cosa il Paese prevedesse per i transessuali, la deputata mi assicurò che non c’erano persone “così” nel suo Paese.
Torniamo in tema. In quanto presidente della più importante associazione politica europea gay, il Projet Ornicar, mi sono opposto al matrimonio gay nei Paesi latini. Per questa ragione l’ecologista tedesca Claudia Roth, quando nel 1994 redasse il rapporto al parlamento europeo sulla questione omosessuale, non suggerì d’istituire ovunque il matrimonio gay, ma soltanto che si mettesse fine alle discriminazioni originate dal matrimonio eterosessuale.
Non si può che rammaricarsi dell’adozione da parte di Spagna, Portogallo, Francia e Malta del matrimonio omosessuale, giacché il matrimonio eterosessuale non è che un contratto finalizzato a regolare l’eredità a beneficio dei figli. L’uguaglianza si sarebbe potuta realizzare abolendo i privilegi legali riservati agli sposati eterosessuali, senza bisogno di estendere il matrimonio a coppie sterili. Fu questa la soluzione che negoziai con monsignor Joseph Duval, presidente della Conferenza episcopale di Francia, che la sostenne.
Distinguere i problemi
Generalmente si ritiene che la scoperta della sessualità, quindi del proprio orientamento sessuale, avvenga durante la pubertà. La maggior parte delle società si astengono dall’orientare gli adolescenti in un senso o nell’altro. Da questo punto di vista è legittimo che l’Ungheria vieti nelle scuole la promozione sia dell’orientamento omosessuale sia dell’orientamento eterosessuale: non lede alcun Diritto Umano, a condizione che entrambi gli orientamenti sessuali siano legali in età adulta.
Ed è per queste stesse ragioni che la Francia adottò nel 1994 l’emendamento Jolibois, che penalizza anche la pornografia “suscettibile di essere vista e percepita da minori”. Alcuni schieramenti avrebbero voluto approfittare del testo per censurare film, libri e riviste. Réseau Voltaire fu creato all’epoca per precisare questo testo, affinché non venisse strumentalizzato al fine di limitare la libertà di pensiero. Ci siamo riusciti. In Ungheria si deve fare la stessa cosa.
Il fatto che l’Unione Europea s’immischi in una scelta sovrana degli ungheresi dimostra la sua voglia d’imporsi come burocrazia sovranazionale, al di sopra delle democrazie nazionali.
Sostenendo l’Unione Europe su questo tema, gli LGBTQI+ europei si schierano in una battaglia che non è loro. Corrono il rischio di essere vittime di un contraccolpo, allorquando i Popoli vinceranno, com’è inevitabile, la burocrazia dell’Unione.
La vera ragione
È interessante osservare come l’Unione Europea abbia abbandonato la motivazione di “evidente pericolo di violazione dello stato di diritto” e optato per quella di “evidente pericolo di violazione dei valori su cui si fonda l’Unione Europea”. Tutti sono infatti concordi nel ritenere che la legge ungherese non vìoli i principi giuridici dell’Unione. Nella lettera inviata alla ministra ungherese della Giustizia, i commissari Reynders e Breton definiscono quali siano i valori a rischio.
Reynders e Breton fanno riferimento all’art. 2 del Trattato sull’Unione Europea (Maastricht 1992) e all’art. 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea (2000), senza però insistervi, perché non riescono a riscontrare nella legge ungherese discriminazione. I Commissari europei dedicano invece parte cospicua della loro missiva alla direttiva Servizi di media audiovisivi (AVMSD) e a quella sull’“e-commerce”. La sostanza è che la legge ungherese violerebbe il diritto commerciale del mercato comune europeo perché vieta la diffusione in Ungheria di prodotti legali nel resto dell’Unione. Se quest’argomentazione dovesse essere sostenuta a lungo termine da Bruxelles, l’“evidente pericolo di violazione dei valori su cui si fonda l’Unione Europea” sarebbe circoscritto alla facoltà di vendere qualsiasi cosa in qualsiasi luogo dell’Unione.
È chiaro che l’Unione distorce una battaglia per la Giustizia. Se ne infischia degli omosessuali e della loro uguaglianza nel Diritto.
(traduzione di Rachele Marmetti, Giornale di bordo)