Domenica 1 agosto 2021, S. Alfonso Maria de’ Liguori
EDITORIALE
ATTENZIONE AI “MIGRANTI AMBIENTALI”
Badate: non è per nulla uno scherzo. Molti lo presero per tale quando, sette anni fa, nel Grand Atlas 1914 della Edizioni Autrement (una testata tanto preziosa quanto da prendersi con le molle), pp. 100-101, una densa “notizia” richiamava l’esistenza di un programma delle Nazioni Unite sull’ambiente (UNEP) e denunziava come urgente il problema costituito dalla ormai inarrestabile fusione del ghiaccio delle calotte artiche e delle riserve glaciali montane nonché dell’elevazione del livello dei mari, parallelo e interdipendente rispetto a quello dei deserti e delle aree di desertificazione.
Vi si sottolineava come il surriscaldamento del pianeta, in parte dovuto a cause naturali e soggetto a una precisa ciclicità (si tratta del fenomeno della “sinusoide climatica” studiato, fra gli altri, da Emmanuel Le Roy Ladurie), è – nella fase che il pianeta sta attualmente attraversando – aggravato da numerosi agenti umani (quali le emissioni gassose). E vi si sottolineava che gli effetti relativi al disagio e ai pericoli che il fenomeno comporta, e che si stanno aggravando e accelerando ormai a vista d’occhio, riguarda senza dubbio tuti gli abitanti del pianeta: ma anzitutto e soprattutto i gruppi umani più poveri e vulnerabili, che abitano nelle aree meno responsabili delle emissioni gassose “a affetto serra”, le quali fanno arricchire pochi a scapito della vita e della salute di moltissimi. In quel numero si forniva un elenco ragionato e motivato dei dieci paesi “a maggiore rischio ambientale” (da ovest ad est: Haiti, Sierra Leone, Repubblica Democratica del Congo, Zimbabwe, Malawi, Mozambico, Madagascar, Bangladesh, Cambogia, Filippine) e si riferiva la definizione elaborata in seno alle Nazioni Unite per i “rifugiati per cause ambientali” come “persone forzate ad abbandonare le loro abitazioni a titolo temporaneo o definitivo a causa di un netto degrado dell’ambiente che li ospita per cause naturali oppure umane, con grave sconvolgimento del quadro ambientale che li ospita e serio squilibrio della loro qualità della vita”.
Non era una profezia di Cassandra né un avvertimento “alla Greta Thunberg”, ammesso – e assolutamente NON concesso – che i mòniti della ragazzina troppo spesso oggetto d’ironie fuori luogo siano in genere cose da non prender sul serio. Adesso, dopo gli avvenimenti recenti che hanno coinvolto la stessa Germania, cominciamo a prender sul serio quelli che fino a ieri molti consideravano con leggerezza solo argomento dei vari disaster movies. Per non parlare – passando con alchemica disinvoltura dall’acqua al fuoco – degli incendi che stanno distruggendo le nostre contrade mediterranee, dalla Spagna all’Italia alla Grecia alla Turchia.
La presa di coscienza di questi nuovi fronti non è uno scherzo. Come non lo è la proposta, ventilata per ora solo da qualche isolato uomo politico, che in Italia il servizio obbligatorio di leva possa venire ripristinato, passando da servizio militare a servizio civile. Il che sarebbe ottima occasione per reintrodurre un minimo di fondamentale, concreta educazione civica alla responsabilità nelle nostre giovani generazioni. Molti costumi sociali insorti – magari “spontaneamente” (?!) – con la pretesa “liberazione dal Covid” hanno dimostrato che ce n’è bisogno. Purtroppo con i e le cinquanta-settantenni c’è ormai poco da fare: ma con gli under Thirty qualcosa si potrebbe ancora proporre. Con relative dure sanzioni per i renitenti, beninteso. Sarebbe un buon modo anche per scoraggiare le voci, un po’ troppo numerose e insistenti, di chi ha ricominciato a bofonchiare che “ci vorrebbe un uomo…”, o a ripetere “vogliamo i colonnelli” (per tacer degli ex comunisti romani sorpresi a gridare “Aridàtece er Puzzone!”). Un modo per riconferire autorità allo stato: e “autorità” – attenzione! – è esattamente il contrario di “autoritarismo”. Quello, di solito, lo invocano i “democratici” frustrati e isterizzati. Noi confidiamo in uno stato che torni ad essere forte e rispettato, fonte e garanzia di libertà per tutti, scudo contro la degenerazione autoritaria che nasce dal fallimento delle libertà civiche.
Ecco: noi non vogliamo che ci “aridièno” proprio nessuno, “Puzzone” oppure olezzante di Chanel n. 5 che sia; la nostalgia per i colonnelli la lasciamo a chi si vuol rivedere un vecchio film del grande Monicelli protagonista del quale era l’indimenticabile Ugo Tognazzi; e, quanto all’“uomo” che “ci vorrebbe”, auspicheremmo che in realtà fossero non uno bensì molti, uomini e donne: e che insieme collaborassero alla ricostruzione di una società civile ormai disastrata, che ha perduto il senso di se stessa e non sa più insegnare ai giovani l’antica, necessaria lezione civica secondo la quale i diritti sono sacrosanti e non negoziabili, ma a ogni diritto corrisponde immancabile un dovere.
Ma gli eventi incalzano: e dinanzi a quanto sta accadendo in questa drammatica estate è legittimo chiedersi se il tempo non sia ormai scaduto. Certo è che quel che appariva previsione un po’ pessimistica ai redattori del Grand Atlas di sette anni or sono, ormai è alle porte. Attenzione a chiuderle, quelle porte, almeno un attimo prima che ne scappino i fatidici buoi.