Minima Cardiniana 338/3

Domenica 1 agosto 2021, S. Alfonso Maria de’ Liguori

DALL’AMERICA LATINA: NOTIZIE CHE POTREBBERO PERFINO ESSERE BUONE (MA CHISSÀ…)
MARINA MONTESANO
PERÙ 2021: FANTASMI DEL PASSATO E ULTRALIBERISMO
Abbiamo assistito in tv al giuramento del nuovo presidente del Perù, Pedro Castillo, e in molti siamo stati presumibilmente attratti dal suo cappello gigantesco. Come sempre, gli abiti in circostanze ufficiali non sono casuali, ma lanciano un segnale: il copricapo di Castillo è lo stesso dei campesinos del Perù che egli si propone di rappresentare col suo aspetto, prima ancora che con la politica.
Castillo proviene infatti da un contesto rurale, da una famiglia di analfabeti con nove figli, ha fatto parte delle ronde di autodifesa, ha una laurea in psicologia educativa, ha insegnato nella scuola primaria fino al 1995 e ha poi lavorato come sindacalista. Rappresenta idealmente (nel senso che non hanno votato tutti per lui, ma che certo fra loro si trova la sua base elettorale) gli amerindi, cioè il 45% della popolazione peruviana, i quali finora non avevano espresso mai un presidente della repubblica. Il resto della popolazione è composta per il 37% di meticci (discendenti di amerindi ed europei), per il 15% d’origine spagnola, per il 3% di altre minoranze di origine africana, asiatica o europea. Castillo si è fatto eleggere alla testa di una formazione che si chiama Perù Libero, è socialista in economia e cattolico-conservatore per quanto riguarda le politiche sociali. Difficile pensare che possa partire da queste ultime (che concernono l’aborto, le unioni civili ecc.) perché il paese deve far fronte a una situazione drammatica sotto il profilo sanitario e dell’economia: il covid ha fatto quasi duecentomila morti (il più alto numero pro capite al mondo) e, se il Perù ha conosciuto una crescita macroeconomica enorme negli ultimi anni, una parte della popolazione rurale ne è stata totalmente esclusa al punto da non avere accesso a beni primari quali acqua, cibo, educazione. In più, c’è la crisi istituzionale: gli ultimi quattro presidenti in carica hanno governato fra pochi mesi e due anni, travolti da accuse di corruzione. Il padre della candidata (Keiko Fujimori) che correva in alternativa a Castillo, Alberto Fujimori, fra condanne, indulti e nuove incriminazioni, è uscito e rientrato in carcere molte volte dal 2009 a oggi; contro di lui non ci sono state soltanto accuse di corruzione: organizzò un ‘auto-golpe’ nel 1992, cioè un colpo di stato mentre lui stesso era al governo, per far fuori il congresso e la magistratura, e poi formò squadroni della morte che hanno assassinato decine di persone, oltre ad aver lanciato una strategia di “pianificazione familiare” che ha finito per sterilizzare circa 300.000 donne amerinde. Eppure, la sua economia ultraliberista evidentemente ha fatto adepti: nel 1992 il golpe fu approvato dal presidente statunitense Bush senior, tanto per ricordare come l’approccio americano al concetto di democrazia sia quantomeno creativo: per cui Cuba, il Venezuela e la Bolivia non vanno bene, ma i golpes cileni, peruviani ecc. sono encomiabili. L’elezione e il giuramento di Castillo sono stati accompagnati da manifestazioni di protesta: anche queste le abbiamo viste in tv, e guardando i volti si vede bene che amerindi non ce ne sono fra i manifestanti. Segno che il paese porta ancora forte il segno della separazione etnica, che è divenuta ormai anche una separazione di classe dove per la maggior parte i poveri sono sempre amerindi, i dominatori di origine europea (o persino giapponese). I manifestanti accusano Castillo di essere (naturalmente) un “comunista”, e Perù Libero di avere terroristi nelle proprie fila: il movimento Sendero Luminoso, in passato, e soprattutto negli anni ’80, ha rappresentato senza dubbio una minaccia per il Perù. È interessante tuttavia notare che il movimento di ispirazione marxista inizialmente era appoggiato dai contadini, che in esso leggevano aspirazioni per una ridistribuzione delle ricchezze, ma le due parti erano presto entrate in conflitto, fino al massacro di Lucanamarca del 1983, quando per vendicare l’uccisione di un leader da parte di ronde di contadini, i senderisti avevano fatto irruzione nel villaggio uccidendone gli abitanti, bambini inclusi. Le ronde delle quali Pedro Castillo ha fatto parte nascevano proprio dall’esigenza di difendersi da Sendero Luminoso e dalle azioni di violenza spesso indiscriminate dell’esercito che contrastava il terrorismo: il leader di Sendero Luminoso poi condannato all’ergastolo, Abimael Guzmán, era figlio di un amministratore della provincia, quindi di origine spagnola o meticcia, non certo un campesino. Insomma, la divisione etnica del passato ha pesato nella storia di Sendero Luminoso nei suoi rapporti con i campesinos che avrebbe dovuto rappresentare, pesa ancora profondamente sul presente e certamente peserà sul futuro del Perù. Conteranno le capacità di governo di Pedro Castillo, ovviamente, ma anche le possibilità che gli verranno offerte dal momento che non ha la maggioranza di governo, e quanto l’odio viscerale espresso nei suoi confronti da una parte del paese potrà trovare una sponda all’estero, nell’America Latina e negli Stati Uniti, per screditarne il governo. È quanto accaduto con Evo Morales in Bolivia, anche lui un rappresentante degli amerindi, che tuttavia dopo essere stato esiliato da un golpe è tornato sull’onda dell’elezione del suo ex ministro Luis Arce, marciando attraverso Potosí e Oruro prima di raggiungere Cochabamba, dove una folla di oltre un milione di persone lo ha acclamato.
L’America Latina si dimostra dunque ancora una volta un laboratorio di novità politiche importanti, purtroppo ignorate dai nostri media a favore di brevi spazi concessi solo alle “repressioni” cubane (Minima Cardiniana 336/1 | Editoriale (francocardini.it)) o ad altri episodi sporadici che non vengono mai inquadrati correttamente. I fantasmi del passato coloniale e dei genocidi dei nativi incontrano situazioni di dominio economico post-coloniale nelle quali i governi applicano le teorie ultraliberiste nate negli USA, magari con risultati buoni se misurati su una scala macroeconomica, ma che vanno a detrimento dei cittadini più deboli, spesso etnicamente “connotati”. L’elezione di Castillo è un nuovo colpo allo status quo del continente e ci vorrà tempo per misurarne gli effetti.