Domenica 8 agosto 2021, San Domenico
EDITORIALE
ESTATE, ESTATE MIA, NON DECLINARE…
I decadenti, gli estetizzanti, i rétro e i refrattari di qualunque risma però di un certo buon gusto (con una spruzzata di kitsch), avranno senza dubbio individuato a colpo sicuro questo verso, che appartiene alla raccolta dannunziana dell’Alcyone.
Non ci lasciamo ingannare dalla malinconica levità del tema. Qui c’è l’annunzio di un argomento che al contrario è esistenzialmente severo. Sentite questa:
“Come scorrea la calda sabbia lieve
per entro il cavo della mano in ozio,
il cor sentì ch’il giorno era più breve…”.
Pensateci, o voi che state spensierati al mare. Potete anche non meditare sulla vita: ma è la vita che medita su di voi. Che l’estate sia il tempo dell’allegria e della spensieratezza è una delle tante balle messe in giro dai padroni della società dei consumi. Anzi, il tempo estivo ha un suo lato severo, greve, financo dark. Fatevelo spiegare da Alessandro Vanoli. Che gli ha dedicato una monografia pubblicata dal Mulino e parte di una formidabile tetralogia stagionale, che prima o poi l’editore bolognese dovrà ben decidersi a far uscire in un unico volume dal titolo ovviamente vivaldiano.
Toni tristi dell’estate. Il sole può anche bruciare e dopo ferragosto cominciano i temporali. Pochi giorni fa, in una calda soffocante giornata estiva fiorentina – solo a Firenze, umida sempre, estate e inverno hanno toni feroci: altro che primavere botticelliane! – se n’è andata una vecchia amica, Maria Grazia Ciardi Dupré dal Poggetto, valentissima storica dell’arte. Me la ricordo giovanissima assistente di Roberto Longhi, nella Firenze dei primi Anni Sessanta, insieme con la grande Mina Gregori (allora giovanissima anche lei). E c’erano anche Mario Del Bravo, Anchise Tempestini e tanti altri, attorno al Signore delle Attribuzioni, sempre in contesa contro i “valori tattili” di Bernard Berenson. Bei tempi, quelli della Facoltà di Lettere in Piazza San Marco, nelle “Stalle del Granduca”, e delle primissime occupazioni universitarie, ben più costruttive e civili di quelle che vennero dopo! Poi ci spostarono nella nuova, fiammante sede di Via degli Alfani, il vecchio convento di Santa Maria degli Angeli, rimesso a nuovo da valentissimi architetti alla moda. Pochi mesi dopo, il 4 novembre del 1966, l’acqua dell’Arno invase la biblioteca: da quella batosta, la Facoltà non si riprese più. La tragedia dell’alluvione di Firenze, segnò il giro di boa: poi vennero gli anni duri, violenti, plumbei, e da lì al panorama odierno è stato un vero discensus ad inferos. Non solo per l’Università.