Minima Cardiniana 340/2

Domenica 22 agosto 2021, San Fabrizio

LUIGI G. DE ANNA
MORIRE A KABUL
Il titolo di questo articolo potrebbe sembrare ironico se non avesse direttamente toccato la mia famiglia. Che cosa sono morti a fare soldati e civili italiani e occidentali? Erano in Afghanistan solo per ottemperare all’ordine di Bush e Rumsfeld di occupare un Paese strategicamente importante per gli Stati Uniti. I Talebani non avevano nulla a che fare con le Twin Towers. Poi per venti anni si è parlato di difesa della civiltà, della libertà e dei diritti umani. Nei giorni scorsi il generale Marco Bertolini, già comandante in Afghanistan (parà del “Col Moschin”, comandante della Folgore, decorato di Croce al valor militare, rara onorificenza guadagnata sul campo) ha ammesso che la sconfitta è dovuta al mancato riconoscimento della cultura e delle tradizioni afghane.
Naturalmente bisogna anche tener conto dell’eroismo degli afghani, che da quasi cinquant’anni combattono nella loro terra, e del loro spirito di indipendenza. Per molti versi si sta ripetendo la vicenda del Vietnam. I nordvietnamiti e i vietcong conducevano una guerra patriottica, come hanno fatto i Talebani. Ma per noi le guerre devono essere fatte rispondendo alla fissazione occidentale dei “diritti umani”, della “libertà” e altre giustificazioni del genere che diventano assurde quando ci si sposta sotto altre latitudini. Naturalmente gli USA fanno queste guerre per altri motivi, e noi scioccamente ci crediamo.
Sta già montando la macchina propagandistica. I media internazionali rimbombano: a Kabul i Talebani stanno stilando liste di donne single (fonte: Corriere della Sera), si parla di un bagno di sangue in altre città, occupate da pochissimo tempo, senza peraltro alcun riscontro. Si prefiggono orribili vendette (ma il concetto di “collaborazionismo” non l’hanno inventato loro?). Insomma, il solito apparato: tra poco troveranno anche armi di distruzione di massa (le bottiglie di whisky lasciate in giro dagli americani).
La lamentela occidentale è iniziata, così si rispolverano le foto della Saigon dell’aprile 1975. Spero che i pakistani ne traggano le conclusioni: così l’America e la NATO ripagano gli alleati.
Ma qualche volta vinciamo anche noi.
Si notano chiaramente alcuni elementi: la propaganda anti-nuovo governo è scattata subito, peraltro senza prove documentarie. La caccia alle donne single di Kabul, le visite casa per casa denunciate da un medico afghano fuggito in tempo (come farà a saperlo?), i video commoventi di ragazze che temono per la loro futura esistenza, il ripetere di paragoni e di legami con l’ISIS; la presunta parentela ideologica con Omar e via dicendo.
In realtà non c’è stato alcun bagno di sangue e gli unici morti di Kabul sono quelli uccisi dalle guardie americane all’aeroporto. Mentre si mette l’accento sul destino dei “collaborazionisti”, i Talebani mandano messaggi rassicuranti. D’altra parte, i principali dirigenti di un regime collaborazionista e corrotto vanno puniti, come si fa ad ogni cambiamento di regime. E molti dei comandanti talebani hanno ancora sulla pelle gli anni passati in sordide galere.
Questo, è vero, ricorda il Vietnam, che possiamo rivivere tramite la testimonianza di Tiziano Terzani, tra gli altri. A Saigon, certo, si offrì la conciliazione, si disse restituite le armi, non vi sarà fatto nulla: ma alti funzionari, ufficiali dell’esercito responsabili della guerra anti-vietcong vennero arrestati, pochi furono giustiziati, gli altri mandati in campi di “rieducazione”. Ancora peggio accadde in Cambogia, anche se i cambogiani non sono arrivati – giustamente – all’assurda caccia alla dattilografa dei Lager come ancora accade in Germania.
Vedremo come si comporteranno i Talebani. Lo squagliamento dell’esercito governativo non è dovuto a ignavia (sono pur sempre afghani, forse il popolo più eroico e combattivo della Terra) ma alla corruzione dei capi e alla cognizione che da una parte c’erano gli occupanti e dall’altra i propri connazionali e correligionari che, sia ben chiaro, non hanno l’appoggio palese di alcuna potenza straniera e combattono per l’indipendenza della propria patria.
Le lamentele sul destino delle donne fanno parte della propaganda. È ovvio che la società afghana dovrà ripulirsi di una perniciosa occidentalizzazione, ma non credo che ci sarà alcuna “schiavitù” delle donne. Nelle città si creerà una società più aperta di quella delle campagne, come è naturale (succede ovunque nel mondo).
Dal punto di vista della bilancia dei poteri, è ovvio che il nuovo Afghanistan guarderà alla Cina, con cui confina, e alla Russia, oltre che al Pakistan, il che è un bene; sarà eliminata un’importante base del potere militare americano in Asia, anche se restano altri capisaldi nell’estremo Oriente e una forte presenza nel Sud-est asiatico.
La mia esperienza dell’Afghanistan, che data il 1975, e cioè dopo il colpo di stato anti-monarchico, ma prima dell’intervento sovietico, mi fa ricordare un Paese bellissimo, di gente nobile ed ospitale. Speriamo che torni ad esserlo, con una moderata, inevitabile apertura a modelli di vita non oppressivi (ma non “democratici” in senso occidentale) e un’economia di scambio con Cina e Russia, cui spetterà il compito di ricostruire il Paese (ma resterà la vergogna della quasi distruzione dei Buddha di Bamiyan).
Dopo l’esperienza negativa dell’ISIS non credo che i capi talebani si avvieranno su quella strada, non volendo tra l’altro offrire a un nuovo presidente americano (l’imprevedibile Trump?) il fianco a un nuovo intervento. Si creerà comunque un asse con l’Iran degli ayatollah, e anche questo è un bene.
Semplici considerazioni di chi ama immensamente l’Asia e si augura che torni a vivere in pace.
Mi è capitato, nei giorni scorsi, di ascoltare su Al Jazeera la conferenza stampa del portavoce Talebano. Mi auguro che la rivedano anche in Occidente. Il portavoce ha detto le cose che un neo-governo intelligente doveva dire: non ci saranno vendette, chi vuole tornarsene a casa dall’aeroporto può farlo senza pericolo, nessuno li andrà a cercare a casa, ci sarà una amnistia. Purtroppo ci sono stati e ci possono essere casi di criminalità, data la situazione, ma i Talebani si impegnano a farli cessare. Mentre alla conferenza stampa americana il portavoce si è rifiutato di rispondere alle domande della stampa, il Talebano ha risposto a tutti, sollecitando soprattutto le domande dei giornalisti stranieri, e la prima è stata una giornalista che ha chiesto della situazione della donna. La risposta è stata: saranno libere di lavorare e studiare nell’ambito della Sharia. Cioè manterranno il ruolo tradizionale della donna nel moderno mondo islamico, nel settore sanitario, scolastico, assistenziale.
Devo dire che perfino il volto, tranquillo ed umano del portavoce, ispirava fiducia. Ma gli imbecilli insistono. Trudeau ha detto che il Canada non riconoscerà il nuovo governo (e anche altri hanno minacciato di farlo, ad esempio i finlandesi hanno perfino parlato di sanzioni, e così spediranno direttamente l’Afganistan nelle braccia di Cina e Russia, cosa piacevolissima…). Hanno deciso di sospendere gli aiuti umanitari, proprio quando l’Afghanistan ne ha più bisogno, un crimine che ci dà l’esatta cognizione dell’“umanità” occidentale. Il segretario della NATO ha già minacciato sanzioni (non si sa di che tipo) se l’Afganistan ospiterà terroristi, cosa che i Talebani non hanno alcuna intenzione di fare (e ricordiamo che non avevano niente a che fare con le Twin Towers).
Attendo con particolare curiosità come si comporteranno ora gli occidentali, a cominciare dal nostro Salvini. Non vorrebbero prendersi le migliaia di afghani in fuga, ma devono prenderseli perché fuggono, si dice, da una orribile dittatura che li sterminerà. Ma non li vogliono, ovviamente, di rifugiati ne hanno già abbastanza. Ma per rimandarli indietro dovranno ammettere che l’Afghanistan è un paese sicuro e costoro non corrono alcun pericolo. Dunque, se li rimandano indietro o non li fanno entrare devono dire ad alta voce che in Afghanistan non c’è alcun pericolo e il governo talebano deve essere accettato. Voglio proprio vedere come si comporteranno.
In conclusione: l’Occidente, con in testa l’America, ha fatto una pessima figura, purtroppo costata enormemente in termini di vite umane e di denaro, che neppure il generale Cambronne avrebbe potuto valutare in tutta la sua portata. Ma continueremo a ubbidire al padrone americano.
Per la nostra stampa, i Talebani DEVONO ammazzare donne e bambini, DEVONO sterminare interpreti e traduttori (forse fedeli al detto “traduttore traditore”), DEVONO far ripiombare l’Afghanistan nel medioevo. Se non lo faranno, confermeranno la loro perversa pervicacia. Così qualche giorno fa l’ex Corrierone ha titolato che i Talebani saranno i nuovi narcos, mentre lo stesso portavoce ha detto che appena avranno i mezzi finanziari – e questo comporterà la collaborazione con Paesi esteri – le coltivazioni verranno riconvertite, come era stato fatto prima del 2001 quando la produzione di oppio era stata messa sotto controllo.
Poi il Corriere ha annunciato che due belle signore afgane attendono in casa di essere ammazzate. Probabilmente aspetteranno molto e dovranno uscire qualche volta per comprare il Naan bread. Poi, tornate a casa, si lamenteranno: “Aho, e mo’ che fate? Non venite?”
La macchina propagandistica ricorre ai vecchi, sperimentati temi e alle vecchie tecniche linguistiche dei tempi di Saddam Hussein, Assad e Ayatollah (una mia studentessa ci fece la tesi di laurea). E, impegnati in questo gravoso compito, ci si dimentica di fare il conto della spesa. Dove sono finiti i miliardi, anzi, biliardi di dollari che abbiamo speso? Gli americani e i loro cagnolini hanno costruito la ferrovia che mancava? No. Hanno costruito l’autostrada da Herat a Jalalabad? No. Hanno impiantato centri industriali che sfruttino le risorse minerarie del Paese? No. Hanno costruito ospedali, acquedotti, centrali elettriche, infrastrutture? No. E allora dove sono andati a finire quei soldi? Ma per aiutare la democrazia, i diritti umani e a comprare graziosi costumini al posto dei burka! E chi si è prestato a tanta fatica ora cerca un posto sugli aerei peraltro non ostacolati, che partono da Kabul. Il presidente afghano ha riempito automobili e un elicottero di dollari, ne aveva tanti che ne ha dovuti lasciare a terra una parte perché non c’entravano. Questa era la classe dirigente democratica che avevano impiantato.
Nella cecità dell’Occidente che ancora continua ad accusare i Talebani di un bagno di sangue che non c’è stato, se non nelle sue speranze, si profila però un meraviglioso futuro; vedremo il nuovo Afghanistan creare un’area di comune interesse con Iran e Pakistan, con uno sviluppo economico sostenuto da Cina e Russia. I Talebani non avevano e non avranno alcun interesse a sostenere il terrorismo, ma naturalmente la realtà non serve a nulla, quando si tratta degli interessi americani, che vedono, e ci fanno vedere, quello che è fa loro comodo.
Naturalmente resta il dolore per i soldati e i civili italiani morti a Kabul per questa guerra americana (purtroppo compresa mia nipote); Draghi ha detto che sono degli eroi. Indubbiamente, ma che cosa sono quelli che li hanno mandati a morire inutilmente?