Domenica 17 ottobre 2021, Santi Rufo e Zosimo
EFFEMERIDI DEGLI EQUIVOCI: PROVIAMO A CAPIRCI QUALCOSA (INTERVISTE A CACCIARI, SANSONETTI, CARDINI)
MASSIMO CACCIARI: LA FARSA DOLOROSA DEL NEOFASCISMO
Nessuna reale potenza oggi ha il benché minimo interesse a sostenere prospettive analoghe. La “verità di fatto” è che i movimenti che si richiamano a quella tragedia sono farse, per quanto dolorose, che nulla politicamente potranno mai contare, e il cui unico risultato è e sarà quello di ridurre tutto al bianco-o-nero, di impedire ogni seria discussione sull’incredibile susseguirsi di emergenze in cui viviamo e sulla possibilità di affrontarle con spirito democratico. Se volessimo dirla tutta, che ancora esistano ghetti culturali in cui dei giovani si dicono “fascisti” dovrebbe anzitutto farci ragionare sulle straordinarie qualità del nostro sistema formativo e della nostra azione politica, sull’esemplare funzionamento delle nostre istituzioni. Ma altra “verità di fatto” è che risulta sempre assai più facile deprecare e accusare che auto-criticarsi e “riformarsi”.
Il professor Irti ha perciò del tutto ragione nel ritenere insensato il riferimento nel mio precedente articolo allo “Stato etico”, cosa serissima, di cui gli sciagurati all’assalto della Cgil non hanno la più pallida idea. A discolpa posso dire che lo intendevo in senso un po’ ironico come l’opposto di quel relativismo in materia di “gerarchia di valori” connaturato all’idea stessa di democrazia, eppure così arduo da definire e difendere. Qui sta il problema stesso dell’“essere o non essere” di un regime democratico: il suo relativismo non può essere assoluto, deve essere relativo anch’esso, se non altro per difendersi da chi ritiene di possedere “valori” e di voler giungere sulla loro gerarchia a tiranneggiare. D’altra parte, la democrazia, nel difendersi, trova un limite insuperabile, che è anche il suo vero, unico “valore”: mai può esercitare il proprio governo, e quindi anche la “violenza legittima” di cui deve disporre, sopra individui-massa, ma solo in rapporto a persone. Il termine persona è l’opposto di “individuo”. I medievali lo interpretavano come significasse “per se ad alium”. Ognuno esiste soltanto in rapporto all’altro, sodale con l’altro ed è chiamato a conferire a questa solidarietà il senso più ricco, più pieno. Ma sempre per sé, a partire dal sé, altrimenti tale relazione si trasforma in alienazione. Dunque, il governo si esercita su chi per sé, cosciente di sé, preparato e informato, può vedere nel nomos, nella legge, l’espressione, per quanto sempre relativa, della propria stessa libertà. Condizione-limite, si dirà. Ma questa e solo questa è la prospettiva in cui può muoversi un regime democratico, a questo orizzonte esso deve tendere in ogni suo atto se vuole difendere davvero se stesso.
È una “verità di fatto” che decenni di stati di emergenza variamente dichiarati vanno rendendo tale orizzonte sempre più lontano, quasi spettrale. Dobbiamo realisticamente riconoscerlo. Ma più difficile è tener salda quell’idea di democrazia, più diventa necessario. E, per carità, tranquilli: nessun fascismo sarà comunque nei nostri destini. Il pericolo che cresce quotidianamente è tutto un altro: che la persona scompaia fagocitata dalle paure, dalle avarizie, dalle invidie, dai risentimenti dell’individuo, in cerca affannosamente di chi lo rassicuri, lo protegga, lo consoli – quell’individuo che non riconosce nessuno oltre se stesso e che insieme esige forti pastori – che in nessuno confida se non in chi di volta in volta gli sembra potente abbastanza da servire al proprio individuale interesse. Se le forze e le culture politiche si divideranno nella rappresentanza di queste pulsioni, “specializzandosi” ciascuna nel rassicurare intorno a questo o quell’altro “pericolo”, affidandosi a mezzi anch’essi sempre più di emergenza, invece di individuarne e affrontarne le cause strutturali, dove finiremo nessuno lo sa o può dirlo – ma certo sarà un regime che assolutamente nulla ha a che fare con i mantra democratici che continuiamo a ripetere, pietoso velo del naufragio che ha subito fino a oggi ogni tentativo di riforma del nostro sistema istituzionale e del rapporto tra le sue funzioni e i suoi poteri.
(La Stampa, 15 ottobre 2021)
PIERO SANSONETTI INTERVISTATO DA FABRIZIO BOSCHI: “NEMMENO IL PCI SI SOGNÒ DI METTER FUORI LEGGE IL MSI”
Secondo l’ex ministro per il Sud nel governo Conte II, Giuseppe Provenzano, oggi vicesegretario del Pd, Giorgia Meloni sarebbe «fuori dall’arco democratico e repubblicano».
Sentiamo cosa ne pensa l’antifascista direttore del Riformista, Piero Sansonetti.
Direttore, cosa gli è preso a Provenzano?
Credo abbia avuto un colpo di caldo fuori stagione. Non si capisce di che parli.
Come se la spiega?
Deve aver sentito parlare dei partiti facenti parti dell’arco costituzionale. Ma senza studiare la storia: oggi i partiti che hanno partecipato alla Costituzione non ci sono più. Perciò sono tutti fuori. Forse solo il Psi di Nencini si può definire partito costituzionale. Gli altri son nati dopo.
È preoccupante?
Fa pensare a manovre autoritarie.
Addirittura.
Dire che la Meloni è fuori dall’arco democratico è una manovra autoritaria che riduce la democrazia in regime. Ricordo a questo ragazzo che nella storia italiana i partiti sono stati cancellati solo da quei fascisti che lui tanto odia. Ci provò Scelba ma senza riuscirci. E ora lui cosa vorrebbe fare? Riprendere questa bella tradizione?
Lo conosce?
No, cosa è ministro?
No, non più, ora è vice segretario del Pd.
E Letta non ha detto niente? Questo sì che è preoccupante. Figuriamoci che una cosa del genere non l’hanno mai pensata nemmeno i comunisti. Il terribile e feroce Pci non ha mai chiesto di mettere fuori legge l’Msi che certamente era molto più legato al fascismo di Fdi. Persino Potere operaio, che Provenzano nemmeno saprà cos’è, era contrario. Solo Lotta continua lo gridava. Ed eravamo negli anni Settanta, quando Provenzano nemmeno era nato, in un clima ben diverso dal nostro.
Allora a cosa attribuisce le sue parole?
Al decadimento della nostra classe politica che denota una totale assenza di preparazione che poi è la caratteristica di questo Parlamento, dal M5s in poi. Tutto è inquinato da un personale politico con capacità di ragionare ridotte e con una cultura politica assente. Si salvano solo poche decine di persone.
E di chi vuole cancellare Forza Nuova cosa ne pensa?
Un’altra idiozia. Se ogni volta che ci sono incidenti mettiamo fuori legge coloro che partecipano alle manifestazioni allora metteremo fuori legge tutti. E i militanti di sinistra sono quelli che farebbero fuori per primi. Non ha nessun senso a meno che non si voglia creare un regime. Io sono anche contrario ai reati di apologia, figuriamoci.
Cioè?
Sono reati di opinione e nessun pensiero per me andrebbe punito, punire i pensieri è ignobile. Penso ci sia qualcosa di fascista nel proibire i pensieri. Tutte le azioni repressive sono fasciste.
E della Meloni a Vox cosa ne pensa?
Lei può andare dove gli pare. Il problema è che questi vogliono fare i partigiani perché non riescono a fare nient’altro e confondono la politica con la raccolta di figurine Panini.
(il Giornale.it, 12 ottobre 2021)
FRANCO CARDINI INTERVISTATO DA FRANCESCO GRIGNETTI: “I NOSTALGICI DEL FASCISMO? È LA DELUSIONE VERSO LA NOSTRA DEMOCRAZIA”
Pare quasi di vederlo, il professor Franco Cardini, insigne storico medievalista, un toscanaccio alla soglia degli 81 anni, con la gioventù trascorsa nei ranghi giovanili del Msi, che scrolla le spalle al solo sentir parlare dei nuovi neofascisti. “Ma che grande scoperta… Paragonabile quasi soltanto alla scoperta dell’acqua calda”. Sarcastico.
Per lei, professore, non è sorprendente che ci siano ventenni nostalgici di un passato che non hanno mai conosciuto?
Non direi. Un po’ per mancanza di cultura, un po’ per la delusione verso la nostra democrazia, c’è in effetti chi ritiene che il fascismo sia qualcosa di interessante. Mitizzano quel che non conoscono. Sa, che fosse una dittatura non c’è dubbio. Ma una dittatura di sviluppo, perché quelli – almeno fra 1925 e 1936 – furono anni di opere pubbliche e del tentativo, sia pure autoritario, di una collaborazione tra classi. E invito tutti a rileggere De Felice, che sostenne che il fascismo non fu un fenomeno di destra, ma più complesso. A questi si associa poi un nostalgismo più becero. Ma più che condannare, mi sembrerebbe più utile confutare. Invece vedo soprattutto un gran isterismo.
Ha colpito la coincidenza tra l’inchiesta di Fanpage sulla lobby nera che bordeggia tra Lega e FdI, e l’assalto alla Cgil.
Nel primo caso, come dicevo, mi sembra la scoperta mirabile dell’acqua calda. Nel secondo, più che gli echi del 1921, mi pare che ci si ispiri all’assalto di Capitol Hill da parte dei trumpisti.
Intanto Giorgia Meloni si sente sotto attacco.
Di Giorgia Meloni ho già detto e qui ribadisco che mi sembra una protagonista tra le più interessanti e intelligenti della scena politica. Ma mi pare anche che il suo partito non la meriti. E che lei non meriti il suo partito: nel senso che meriterebbe di meglio.
Intende dire che i quadri di Fratelli d’Italia non sono all’altezza?
Ci saranno sicuramente persone oneste e capaci, non ne dubito. Ma in generale tutto è di scarsissima consistenza sotto il profilo politico, sociale e culturale.
Professore, che cosa sono e dove vanno le destre italiane?
Se parliamo di FdI, mi pare evidente che ci sia stato un percorso, iniziato già dal Msi, proseguito da Alleanza nazionale, e ora in FdI, di distacco dalle origini neofasciste. Il problema è che cosa ne resta. Le destre oggi fanno un discorso assolutamente superficiale. Hanno abbracciato il sovranismo, che mi sembra affondi le sue origini nel nazionalismo di inizio Novecento. Non c’è dubbio che l’Europa abbia deluso, che sia naufragato il sogno generoso del Manifesto di Ventotene, e che ormai sia stato abbandonato qualunque progetto federale o confederale. L’Unione europea sembra accontentarsi di essere una comunità economico-finanziaria. E badi che la destra, in passato, aveva creduto in una prospettiva europea. Ora prevale invece un discorso becero, anti-europeista, anti-africanista, anti-islamista. Si racconta in quegli ambienti la barzelletta di un Islam che vuole colonizzarci. Non si vuol vedere che, se c’è un’immigrazione selvaggia, è per via dell’impoverimento di interi continenti ad opera di multinazionali rapaci o di Stati neocolonialisti. Si depredano le ricchezze di interi territori, e le popolazioni sono più povere di prima. Gli squilibri sono ancor più accentuati.
Tornando all’Italia, non le fanno paura certe pulsioni violente?
Guardi, mi fa più paura quel che succede negli stati profondi della società. C’è un 20% della popolazione in stato di povertà assoluta. C’è una metà degli elettori che non vota. C’è una società civile che dà il peggio di sé. A parte gli evasori fiscali, qui non si riesce nemmeno a fare in modo corretto la raccolta differenziata dei rifiuti. È questo che mi fa paura. Lo scollamento tra un pezzo enorme di società e le sue istituzioni.
(La Stampa, 17 ottobre 2021)