Minima Cardiniana 349/3

Domenica 24 ottobre 2021, S. Antonio Maria Claret

ANTIBARBERISMO
Il “Tiro ad Alessandro Barbero” sembra di recente divenuto uno sport nazionale, dopo le esternazioni di Gramellini e di Grasso. Al noto storico torinese si rimproverano giudizi sulla questione dei vaccini e sulle foibe; più di recente, è stata ferocemente attaccata una sua esternazione a proposito del ruolo e delle carriere delle donne nell’Università che possono o meno essere condivise, ma che francamente non mi sembravano degne della durezza delle reazioni scatenate.
Preferisco non entrare nel merito di quelle accuse, anche perché – lo confesso – ho con Barbero rapporti di quarantennale amicizia. Tuttavia non posso tacere il fatto che molti attacchi mi sembrano ispirati a poco esemplari sentimenti d’invidia nei confronti della meritata notorietà e del non meno meritorio successo dello studioso, ch’è anche apprezzato romanziere e, oggi,
anchor man dell’alta divulgazione storica in TV.
Beninteso, tra le molte voci accusatorie ve ne sono alcune che, toni a parte, hanno l’aria di essere motivate da sentimenti di onestà. Ne pubblichiamo comunque una che, al contrario, milita in difesa del docente dell’Università di Vercelli, ma non senza prendere da lui qualche distanza. Il tutto in termini molto equilibrati e cordiali.

UNA LETTERA DI ANDREA FASSÒ AD ALESSANDRO BARBERO
Il filologo Andrea Fassò si riferisce qui al testo dell’intervista: Le donne secondo Barbero: “Sono insicure e poco spavalde, così hanno meno successo” – La Stampa, 21.10.2021.

Caro Sandro,
mass media e social media mi costringono a esprimerti ancora una volta la mia piena solidarietà.
Riassumiamo:
1. Le foibe. “scegliere una specifica atrocità per dichiarare che quella, e non altre, va ricordata e insegnata ai giovani è una scelta politica, e falsifica la realtà in quanto isola una vicenda dal suo contesto”. Giusto e sacrosanto: bravo tu e bravo Tomaso Montanari. Fra l’altro il 10 febbraio si omette di ricordare le atrocità che noi, “italiani brava gente”, abbiamo commesso in Dalmazia e (per interposti ustascia) nel resto della Croazia. Se ne parla sempre pochissimo, tranne qualche volta su Rai Storia.
2. Il green pass. Come ti ho già scritto, non sono d’accordo con te. Per me il green pass è una misura liberatoria. Da quando ce l’ho mi sento più sicuro (non al 100%, va da sé) in tutti i luoghi pubblici.
Provvedimento ipocrita, tu dici. Ebbene no. Vuol dire, a mio parere: Non entri in un luogo pubblico se non sei vaccinato. Se poi non ti interessa entrare in un luogo pubblico e te ne stai in casa tua o passeggi all’aperto, puoi anche non vaccinarti.
Io auspico l’obbligo vaccinale, grazie al quale io da piccolo sono stato immunizzato contro vaiolo e difterite senza che i miei genitori muovessero la minima obiezione né di principio né di sostanza. Spero tuttora che ci si arrivi; per il momento il green pass può andare, con buona pace dei portuali di Trieste e del mio carissimo amico Francesco Benozzo, che non ho ancora capito se vuol fare il Don Chisciotte o il Don Ferrante.
Ciò detto, scatenarsi contro uno dei tanti firmatari dell’appello contro il green pass solo perché tu sei noto al pubblico e gli altri no, è – per usare un eufemismo – una sonora fesseria. Rispetto il vostro parere e vorrei che tutti facessero altrettanto. La tua mi sembra una sottigliezza eccessiva, uno spaccare il capello in quattro (lo sapevi che cavillo deriva da una variante di capillus? io almeno l’ho sostenuto); ma anche alle sottigliezze ciascuno di noi ha diritto.
3. L’eventuale “differenza strutturale” fra uomini e donne. Hai avuto coraggio: immagino che tu prevedessi le contumelie che ti saresti tirato addosso. Eppure la verità è che ancora non si sa, e per molti decenni non si saprà, fin dove arrivano queste differenze.
Io sono propenso per istinto ad attribuire ogni differenza a fattori storici, culturali, ambientali. Tuttavia qualche differenza fisica ovviamente c’è: le donne partoriscono e allattano, gli uomini no. Di tutte le altre differenze, quante e quali sono legate alla differenza di sesso? (mi permetto di usare questa parola ormai tabù: conosco il valore dell’inglese sex, ma in italiano abbiamo sempre detto sesso senza problemi e questa storia del “genere” mi fa un po’ ridere: sempre a rimorchio degli americani dobbiamo andare?). In realtà non lo sappiamo ancora: tu dici che la parità è ormai stata raggiunta da cinquant’anni, ma cinquant’anni sono pochi, pochissimi. Limitandoci all’Italia (negli altri paesi occidentali si oscillerà di venti o trent’anni, ma sempre lì siamo), la legge sul diritto di famiglia è del 1975: non è trascorsa nemmeno la vita di un uomo (devo aggiungere o di una donna per non essere maltrattato dai e dalle benpensanti?).
Io, che nel 1975 avevo 30 anni, ho salutato con favore questa legge. Ma ancora oggi mi domando: va bene o no se una donna fa il (la) soldato, il (la) pugile, la lanciatrice di martello, la sollevatrice di pesi (tutte cose che già si fanno)? La domanda investe direttamente le differenze fisiche visibili, ma non solo quelle.
L’aggressività distingue per natura l’uomo dalla donna, il maschio dalla femmina? E viceversa la propensione all’attività di cura è in qualche misura riconducibile alla natura o è solo un fatto storico-culturale?
L’avere figli permette alla donna di dedicarsi a qualunque attività con la stessa libertà dell’uomo? Sicuramente non al 100%: gravidanza e allattamento (e anche i primi mesi del neonato) non permettono di fare qualsiasi cosa; e il resto? È sufficiente che il marito cucini, lavi i piatti, pulisca in terra ecc., o ci sono altri impedimenti? Lo diranno i nostri posteri; e bene hai fatto a rinviare alle prossime generazioni la risposta alla domanda. Sempre, beninteso, nell’Occidente liberaldemocratico e capitalistico: perché il resto del mondo è un po’ diverso da noi; qua, là, e ancora chissà dove, i problemi si porranno forse in altro modo.
E bene hai fatto a porre il problema in forma interrogativa. La valanga di improperi che ti è piovuta addosso viene da persone che hanno già capito tutto e riescono a dettare legge all’intero mondo di oggi e di domani.
Senza contare che tu e l’intervistatrice ponete il problema in termini di successo e di carriera. Cose senza dubbio importanti; ma sono solo questi i valori di riferimento? Il mondo (non solo occidentale) di domani e di dopodomani ragionerà così?
Anch’io pongo soltanto domande. Risposte ne ho poche. La mia sola risposta è la mia solidarietà e amicizia per te di fronte alle reazioni scomposte di sapienti permalosi e permalose (anche qui rispettiamo i generi).
Solo un ultimo consiglio: stai attento perché la notorietà è pericolosa. Erodoto parlava dell’invidia degli dèi; ma quella degli uomini è molto più tangibile e prevedibile. Avere successo (prescindendo dalla domanda di prima) non è perdonabile.
Un abbraccio
Andrea