Minima Cardiniana 349/4

Domenica 24 ottobre 2021, S. Antonio Maria Claret

RILEGGENDO UN’INTERVISTA
“LE BARRIERE? UN PALLIATIVO. COSÌ NON SI RISOLVE LA CRISI”
UN’INTERVISTA DI GIORGIO CACCAMO A FRANCO CARDINI
Lo storico: chi vuole innalzare difese ha perso il vero senso della storia “Certamente è più facile che agire sui diritti. Ma l’immigrazione non si fermerà”.

Il Vallo di Adriano, per respingere le invasioni dei Pitti nella Britannia romana. La Grande Muraglia cinese, oltre 20mila chilometri di barriera contro i tartari. Poi il muro di Berlino, le barriere fra Usa e Messico e quelle che tagliano in due Israele e Palestina. E ora anche nella Ue c’è chi vuole innalzare barriere antimigranti. “Chi la pensa così ha perso il senso della storia”, avverte lo storico Franco Cardini. “I muri sono un palliativo per rimandare la soluzione dei problemi”.

Professore, 12 Paesi chiedono soldi a Bruxelles per costruire i loro muri contro i migranti. Si ritorna al passato?
Conosco bene la storia dei muri… Anche il limes Arabicus per cinque secoli ha protetto la frontiera sud-orientale dell’Impero romano. Ma a che cosa è servito? I muri sono solo un deterrente, a lungo andare esauriscono o falliscono la loro missione.

Perché?
La storia si ripete. Basta vedere quello che succede oggi in Israele o fra Usa e Messico. Entro certi limiti i muri funzionano come un palliativo per rimandare la soluzione dei problemi.

E allora come mai torna ciclicamente il loro fascino?
Proprio perché è una soluzione semplice, una bandiera demagogica effimera. E invece è chiaro che bisogna agire per salvaguardare i diritti, in Africa come in Afghanistan. A proposito, chi sarebbero i Paesi europei che vogliono i muri?

Quelli dell’Est, la Danimarca socialista, ma anche la Grecia, già culla della civiltà…
Beh! La Grecia ha insegnato alcune cose per diversi secoli ma poi è stata bizantina e ottomana. E da piccola repubblica balcanica non è che abbia fatto granché. Tra l’altro, mi chiedo: vogliono fermare l’immigrazione con i muri, ma a chi li farebbero presidiare? La Cina? La Russia? L’Iran? L’asse Usa-Nato è ormai vecchio e moribondo.

Eppure l’impero romano è diventato grande quando ha esteso la cittadinanza, non quando si è chiuso all’esterno.
Fino a Servio Tullio, VI secolo avanti Cristo, Roma non aveva neanche bisogno di mura cittadine. In realtà, né a Roma né nella Cina della Muraglia le barriere hanno davvero chiuso all’esterno. Pensare che siano state forti e impermeabili vuol dire perdere il senso della storia.

Intanto però in Europa un muro moderno c’è stato, a Berlino, e divideva un unico popolo per ragioni politiche.
Era una struttura di contenimento che in fondo non era vista male da tutti i ceti dirigenti di allora. Mantenere lo status quo faceva comodo a molti.

Dicevamo del Vallo di Adriano e della Muraglia cinese. Non le fa impressione che simboli di divisione siano siti Unesco, “patrimoni dell’Umanità”?
Ma no. Sono grandi opere culturali, è giusto celebrarle. La memoria serve a capire il passato ma anche a cercare di programmare il futuro. Altra questione è dire che quei modelli possano servire a risolvere problemi che in tempi di globalizzazione vanno gestiti in modo diverso.
(QN, 9 ottobre 2021)