Minima Cardiniana 353/4

Domenica 21 novembre 2021, Cristo Re

LEOPOLDA 2021
DAVID NIERI
IL TRUMAN SHOW DELLA POLITICA
È iniziata l’altro ieri, venerdì 19 novembre, l’undicesima edizione del convegno politico ideato e lanciato da Matteo Renzi e spalmato su tre giorni di incontri e confronti. La kermesse si è aperta sulle note di Radio Gaga dei Queen e Ragazzo fortunato di Jovanotti, che il leader di Italia Viva ha canticchiato salutando con affetto i presenti, gli stessi che le malelingue tenderebbero a considerare l’intero bacino elettorale del partito renziano radunatosi nell’ex stazione del capoluogo toscano. Forse è ancora presto per dirlo, visto che l’uno o il due virgola di consenso che il ragazzaccio di Rignano sembra poter raccogliere dalle urne non si traduce, almeno oggi, in un peso specifico assente, considerate le sedie in parlamento sulle quali l’ex sindaco di Firenze può contare.
Renzi è ancora un ago della bilancia importantissimo all’interno degli equilibri parlamentari. Lo è stato nel recente passato, nonostante la caduta libera all’indomani del referendum costituzionale miseramente fallito del 2016; lo sarà nel prossimo futuro, in primis per quanto riguarda l’elezione del prossimo presidente della Repubblica e almeno fino alle nuove elezioni che ridisegneranno (probabilmente in modo abbastanza radicale e al tempo stesso impalpabile, ma tutto dipende dalla legge elettorale con la quale andremo a votare) il panorama politico italiano. Che, a parte qualche rarissima eccezione, appare a chi scrive abbastanza desolante. La classe politica che il nostro paese sta esprimendo è forse la peggiore dell’intera storia repubblicana: non basta il deus ex machina Mario Draghi (ma lo sarà davvero?), non bastano iniziative pur lodevoli per uscire dalla melma nella quale siamo immersi ormai da decenni. No, dopo le monetine del Raphael che fecero cadere la Prima Repubblica (che ci troviamo a rimpiangere) sovvertendo un ordine che, sia pur incentrato su clientelismo e “familismo amorale”, aveva condotto l’Italia tra le primissime potenze economiche sullo scacchiere internazionale, siamo precipitati nella “grande rivoluzione liberale” di stampo berlusconiano, nei continui trasformismi di un centrosinistra incapace di trovare una bussola anche al nome che avrebbe dovuto distinguerla dopo la caduta del Muro, in un degrado che investe, oggi, ogni angolo della quotidianità: un’Italia molto più povera, in crisi demografica, disoccupata, egoista e malandata strutturalmente, umanamente e socialmente.
Matteo Renzi, in un siffatto panorama, spicca per brillantezza di intelletto, per simpatia, per carisma e magnetismo. Ma è proprio il luccichìo del suo ego ad averlo probabilmente travolto accecandolo, condannandolo a un ruolo che si farà, salvo sorprese – e le sorprese in politica sono sempre dietro l’angolo – più marginale, politicamente parlando. “Il potere logora chi non ce l’ha” è stato uno dei tanti aforismi azzeccati del Divo Giulio, che però, nel caso di Renzi, andrebbe capovolto. Ma non è solo l’ex rottamatore a esserne stato coinvolto: il meccanismo del potere è in grado di fare a pezzi chi lo raggiunge ma non sa gestirlo. Soprattutto, non è benevolo con chi se lo ritrova cucito addosso da un giorno all’altro senza meriti particolari: passare da un’aula universitaria di Firenze Novoli alla presidenza del Consiglio in un battito di ciglia non ha portato bene a Giuseppe Conte, la prima vittima dei proiettili poco a salve di Matteo Renzi, venerdì scorso alla Leopolda. Il monello di Rignano non le ha risparmiate a nessuno, togliendosi molti sassolini dalle scarpe ben sapendo che le scarpe non le perderà mai: il suo endorsement in chiave atlantista ha il sapore di un futuro già assicurato su una poltrona che senz’altro conta, magari con la benedizione di Barack Obama, che di poltrone se ne intende.
“La cosa più bella che sta facendo Italia Viva non è semplicemente aver salvato il paese dall’esperienza tragicomica populista, e aver portato Mario Draghi alla guida dell’Italia e dell’Europa, cosa di cui siamo orgogliosi: la cosa più bella che fa Italia Viva, e la fa solo Italia Viva in questa fase, è quella di scommettere su un gruppo di ragazze e di ragazzi”, ha detto Renzi. Nell’euforia che si respirava nel salone dell’ex stazione non poteva mancare Giovanni Malagò, presidente del CONI e portavoce dell’Italia vincente nel mondo in chiave sportiva. Così come non poteva mancare, anche se solo in collegamento video, il virologo dei virologi, la star Roberto Burioni, ovvero colui che considerava pari a zero il rischio di un’espansione del contagio dalla Cina fino al nostro paese. Era il 2 febbraio del 2020, poco più di un mese dopo sappiamo tutti com’è andata. “Ci sono ancora 7 milioni di italiani che si potrebbero vaccinare domani e che non si sono vaccinati”, “dobbiamo accelerare sulla terza dose” perché “questo vaccino ha una sicurezza spaventosa, sono state iniettate due miliardi di dosi e non ci sono stati effetti collaterali di rilievo”, ha affermato lo scienziato, aggiungendo che “questo non è un farmaco sperimentale, questo è il farmaco più sperimentato del mondo”.
Ma il proiettile che ha colpito il leader del Movimento 5 Stelle – che si è lamentato delle nomine Rai che hanno escluso il suo partito, minacciando di non partecipare più ai talk della tv di Stato – merita davvero l’Oscar: “Diamo un segnale di amicizia a Giuseppe Conte, ci sono dei momenti che anche chi non ci sta simpatico ha bisogno di solidarietà, ieri l’ho visto in una situazione che fa male al cuore, già ha Di Maio che gli fa le scarpe. Conte era abituato a dare la linea al Tg1. Lancio un appello all’amministratore delegato della Rai, date Rai Gulp a Giuseppe Conte”.
Tutto bello, un finale da fuoriclasse. Il problema, però, riguarda ciò che la politica è diventata nel corso del tempo, fino a diventare la finzione di se stessa rappresentata su uno schermo o su un palco, con i ritmi dettati dalle “esigenze televisive” o dall’essenzialità dei social, gli spin doctors che dettano le regole del gioco in merito all’abbigliamento, alla foto da postare su Facebook, alla dizione e alla dialettica. Le urla dei talk show servono solo a tener desta l’attenzione degli spettatori, vittime di un significante che ha perso il suo significato, ovvero il bene comune. Politica, oggi, significa lottizzazione di potere, personalismo e interesse della congrega di appartenenza. Non per niente, gli italiani non vanno (quasi) più a votare. Matteo Renzi, purtroppo, non ha fatto né fa eccezione rispetto a un tritacarne spettacolarizzato che ormai della politica ha lasciato soltanto i resti da buttare nella raccolta indifferenziata. Peccato, perché è un ragazzo intelligente e avrebbe potuto meglio esprimere le sue doti in altro modo, anziché in uno show che di politica mantiene solo gli slogan, quelli sì, veramente populisti.