Domenica 12 dicembre 2021
Terza Domenica di Avvento, Laetare Jerusalem
EDITORIALE
DE SUI IPSIUS ET MULTORUM INANITATE
“La critica – diceva il vecchio caro Domenico Giuliotti – me la fo da me”. Il che non significa che io non sia riconoscente a chiunque mi segnali errori, inesattezze e qualunque altra forma d’inadeguatezza. So da me di esser pieno di difetti: e l’avanzare dell’età certo non mi favorisce. Né faccio mai il processo alle intenzioni dei miei censori: qualunque giusta critica, anche e perfino se fondata sulla malevolenza e sulla malafede, è benvenuta quando segnala qualcosa che de facto non è andato bene. Ammettere i propri difetti e sforzarsi di emendarli è doveroso e primario fondamento di convivenza civile.
Ciò premesso, debbo confessarmi irritato di certi commenti – espressi fra l’altro da alcuni “amici e colleghi” – a proposito di alcune mie recenti performances televisive. Sia chiaro che, di esse e di altre, sono il primo ad essere insoddisfatto. In TV mi trovo vecchio, ingrassato, inelegante; le mie esposizioni verbali, al di là dei contenuti, sono spesso rese sgradevoli dal mio pesante accento fiorentino e dal loro tono saccente, involuto, infarcito di esitazioni e di lapsus. E allora – vi chiederete – perché accetti di comparire sul piccolo schermo? Per vanità? Perché ti pagano?
Niente di tutto ciò. Chi mi conosce sa bene che sono estremamente vanitoso. Ma proprio per questo, dato quanto ho autocriticamente or ora esposto, dalle telecamere mi sforzo di star il più possibile lontano: solo il mio mestiere e la mia coscienza civica m’impediscono di evitarle del tutto. L’avidità, poi, non c’entra proprio: la stragrande maggioranza delle mie “comparsate” nelle varie TV nazionali è gratis, con tanto di “liberatoria” debitamente firmata.
E allora, diranno i miei venticinque lettori, chi te lo fa fare? La risposta è che lo ritengo un dovere civico; ed è la risposta che mi sarei aspettato, dopo aver meditato un attimo su ciò che invece hanno scritto, da alcuni miei amichevoli – sovente affettuosi – “amici da tastiera”, se solo usassero meditare un istante prima d’inviare i loro messaggi. Invece no. Se avessero criticato la scadente qualità di quel che dico e le mie infami prestazioni telegeniche, sarei il primo a concordare con loro e a ringraziarli. Ma hanno fatto ben altro. Ben trincerati dietro il loro computer siti in confortevoli ambienti pubblici o privati, magari davanti a una bella tazza di tè fumante mentre io mi scapicollo di stazione in stazione e di vagone in vagone alla faccia e del Covid, essi dottamente e severamente hanno recitato il rituale “al tuo posto, non sarei andato” (che sa tanto d’invidiosa recriminazione) e pontificato sull’”opportunità” da parte mia di perder tempo con avversari sovente stupidi e disinformati, quasi sempre in malafede, e con ciò di rischiare di “legittimarli”, di “fare il loro gioco”: ingenuamente, inutilmente, dal momento che sono loro a impugnare il coltello “mediatico “dalla parte del manico” e tutto quel che io posso dire, anche se “intelligente” e “ben informato” (ciò qualcuno, bontà sua, lo ammette…), rischia di fare il gioco dell’avversario. Il che è scoprire l’acqua calda.
L’aspetto di tutta la faccenda che mi ha più irritato, peraltro, è che molte di queste persone prima di giudicare le mie scelte avrebbero ben potuto chiedermi dirette spiegazioni per telefono o per e-mail sul mio operato: sapevano di poterlo fare. E avrebbero appreso che all’emissione di “Piazzapulita” (LA7) del 9 dicembre scorso ho dovuto partecipare in quanto invitato a titolo di riparazione per una precedente trasmissione durante la quale non avevo praticamente avuto modo di esprimermi. L’invito era in realtà – e lo sapevo benissimo – anche un’implicita sfida e una trappola: ma per me l’accettare quella sfida era una questione di onorabilità. Era ovvio che nemmeno la trasmissione “riparatoria” sarebbe risultata soddisfacente: lo davo per scontato. Ciò ha reso vana ogni ulteriore postilla.
Cari amici e colleghi, il fatto è che se ne aveste voglia (… e coraggio?…) sarebbe opportuno che anche voi vi degnaste se e quando vi càpita di scendere dal vostro saggio e sentenzioso Olimpo e di sporcarvi le mani combattendo la mia disperata battaglia dalla quale – lo so bene – uscirò sconfitto. Gran parte di voi appartiene, per suo merito o sua fortuna, alla schiera degli eletti che hanno la verità in tasca. Ma piantatela di dottamente saggiamente criticare: venite anche voi a combattere con le armi che avete a disposizione, scendete in strada a rischiare; in fondo, siete tutti devoti dei santi martiri Giorgio e Sebastiano. Datevi una scrollata: accettate con umiltà una testimonianza un po’ più rischiosa anziché criticare con sussiego chi cerca di far maldestramente ma concretamente il suo dovere al servizio della Buona Battaglia. Se tutti facessero come voi, gli avversari trionferebbero alla grande e senza sforzo. Movetevi, quindi: contribuite anche voi a render loro la vita difficile, anziché spianare la strada a chi fa inadeguatamente di tutto per ostacolarli.