Minima Cardiniana 356/4

Domenica 12 dicembre 2021
Terza Domenica di Avvento, Laetare Jerusalem

FASCIOMANIA (PARTE SECONDA)
DAVID NIERI
LA “PIAZZA PULITA” (E LA COSCIENZA SPORCA) DEGLI ANTIFASCISTI MILITANTI
Giovedì scorso, 9 dicembre, la puntata del talk Piazzapulita, in onda su LA7, ha ospitato il medievista Franco Cardini e il politologo Marco Tarchi. “Strani” ospiti, in effetti. Ma forse, per dare una lustrata di democrazia al format – dai la cera, togli la cera –, le cui inchieste, spesso a senso unico, di democrazia hanno ben poco, si è pensato di alzare l’asticella della qualità del dibattito, che poi, purtroppo – come previsto – è andato a infrangersi contro lo scoglio del politicamente corretto col bianchetto. In ogni modo, in quella manciata di secondi loro concessi, Marco Tarchi e Franco Cardini qualcosa sono pur riusciti a dire.
Quanto basta perché la star del giornalismo e dei pamphlet “antisfascisti”, l’eroe del vaccino anticovid Andrea Scanzi, cominciasse ad alzare i toni del dibattito per buttarla in caciara. Era nervoso, il giornalista immunizzato in anteprima: lo si percepiva chiaramente dai suoi atteggiamenti.
Argomento della puntata, come da copione, i risvolti dell’inchiesta (o meglio: delle inchieste) della testata Fanpage sulla destra neofascista e la “lobby nera” (i finanziamenti illeciti per la campagna elettorale di Fratelli d’Italia che coinvolgerebbero Roberto Jonghi Lavarini, detto il “barone nero”, e l’europarlamentare Carlo Fidanza). Di contorno, l’inchiesta “Forza Nuovax”, che ha raccontato come l’estrema destra si sia infiltrata nelle piazze schierate contro i vaccini e il Green Pass, rendendosi protagonista della diffusione di “fake news”. L’inchiesta è partita dopo l’assalto alla Cgil andato in scena lo scorso 9 ottobre e guidato dal leader romano di Forza Nuova Giuliano Castellino. Secondo Fanpage, il gruppo neofascista avrebbe “strumentalizzato il malcontento popolare per legittimarsi a livello politico e tornare centrale nello scenario pubblico”. In sostanza, dall’inizio delle proteste Forza Nuova avrebbe assunto un ruolo sempre di primo piano all’interno della galassia delle correnti contrarie alle misure anti-Covid: dal movimento per le riaperture, sceso in piazza durante la prima fase della pandemia, fino ai movimenti No Pass.
Sono stati questi “episodi” a scatenare l’ennesima “caccia al fascista” e a incoraggiare vari schieramenti politici a caldeggiare lo scioglimento di tutti i movimenti di estrema destra del nostro paese.
“Quella è la destra in cui è cresciuta la Meloni e in cui i suoi uomini si sono formati”, sostenne Roberto Saviano proprio a Piazzapulita, il 28 ottobre scorso, la stessa puntata durante la quale Franco Cardini fu malamente interrotto, durante il collegamento, dal conduttore Corrado Formigli: trenta secondi che però bastarono per diventare “virali” sul web, con il medievista in forma smagliante che certo non le manda a dire. Se e quando gliele fanno dire, con i secondi contati. Il 9 dicembre, sempre nella medesima sede, gli è andata meglio: un paio di minuti in due rate, abbastanza da consentirgli di mettere in dubbio sia la nozione di fascismo come “Male assoluto” (una definizione impolitica e antipolitica, astorica e antistorica), sia la categoria di antifascismo come valore identitario e unitario.
Ma rieccoci a Roberto Saviano. Tutti i drammi del presente, secondo lui – e il suo lungo monologo, dunque epurato della possibilità di contraddittorio, ha introdotto la puntata televisiva del 9 scorso – si riassumerebbero nelle “scorie” neofasciste che si annidano all’interno dei partiti “sovranisti”, ovvero FdI e Lega. I problemi di questo paese, se si guarda allo specchio, si rifletterebbero nel profilo di Giorgia Meloni – soprattutto gli occhi, perché “non vedono quel che vedo io” (Roberto Saviano, Piazzapulita, 3 dicembre 2021; poi ripresa il 9 successivo) – che, con la manifestazione “Atreju”, avrebbe dimostrato scaltrezza e, dunque, estrema pericolosità. Urge, dunque, iniziare una battaglia senza esclusione di colpi: “La mia è una campagna d’odio? Lo sia! Lo sia, contro questo tipo di politici!”. Secondo Saviano, anche il protagonista de La storia infinita di Michael Ende – che dà appunto il nome alla convention – sarebbe un “furto”: “Sono riusciti a fregare anche Atreju. Il protagonista de La storia infinita non ha alcun valore di destra, ma se lo sono accaparrato ancora una volta”. Tra le righe, l’“ancora una volta” si riferisce senz’altro a Tolkien, un’evidente “appropriazione indebita” – secondo una certa sinistra – da parte dei “fascisti”. L’altro inciso mi sia concesso per spiegare come il tentativo di “riappropriazione” delle avventure di Frodo Baggins – come se un’opera letteraria, tanto più un capolavoro assoluto come Il Signore degli Anelli, vero e proprio patrimonio culturale a disposizione dell’umanità, potesse cambiar colore (politico) in base all’umore di giornata – affidata alla discutibile (e discussa) traduzione di Ottavio Fatica – con tanto di strascichi polemici e carte bollate – non è che sia andato benissimo.
Qualche parola sulla “campagna d’odio”: singolare che una tale affermazione giunga direttamente da un esponente di primo piano della cultura dell’accoglienza che fa dell’alterità e del confronto il proprio cavallo – un po’ zoppo – di battaglia. La retorica umanitaria si scontra, in questa prospettiva, con la realtà dei fatti: “Meloni bastarda”, la volgarissima offesa pronunciata dal Vate 2.0 circa un anno fa, sempre sugli schermi di LA7, l’abbiamo sentita tutti.
E dire che le “campagne d’odio” scatenate dalla “parte giusta della storia” – sì, così usano definirsi gli eletti per grazia divina – si sono spesso concluse con esiti nefasti. Un nome a caso? Camilla Cederna, giornalista, scrittrice e firma di punta di una certa sinistra uscita dalle fabbriche ed entrata nei salotti ben ammobiliati dopo il ’68. Sua fu l’iniziativa, nel 1971, di pubblicare su L’Espresso una lettera aperta contro il commissario Calabresi. Sappiamo bene come andò a finire. Sempre dalla sua penna, nel 1975, iniziò la campagna diffamatoria nei confronti di Giovanni Leone, Presidente della Repubblica in carica, e i suoi familiari, che ipotizzava un coinvolgimento diretto dell’allora Capo dello Stato nello scandalo Lockheed. L’atto di accusa si trasformò in un libro infamante, Giovanni Leone: la carriera di un presidente, che uscì nel 1978 e vendette qualcosa come 600mila copie. L’editrice, Inge Feltrinelli, era colei che aveva brindato a Cristal, nel suo salotto letterario, alla notizia della gambizzazione di Indro Montanelli, il 2 giugno del 1977. Come andò a finire la campagna diffamatoria nei confronti del Presidente, portata avanti a spada sguainata anche dai Radicali Marco Pannella – poi santificato – ed Emma Bonino? Giovanni Leone si dimise a pochi giorni dall’inizio del semestre bianco, impossibilitato a difendersi. Ma fu assolto da ogni accusa: la Cederna perse in tutti e tre i gradi di giudizio – la querela fu sporta dai familiari di Leone per i fatti loro ascritti –, fu condannata per diffamazione e, insieme al suo giornale, L’Espresso, costretta a pagare una multa salatissima. Il libro fu ritirato dal commercio e le copie rimaste furono distrutte.
Finita qui? Macché. Un tale Enzo Tortora, in occasione della lettera aperta contro Calabresi, prese le difese del commissario, scatenando l’ira funesta della Cederna che, in occasione dell’arresto del presentatore, nel 1983, non mancò di togliersi qualche sassolino dalla scarpa, dichiarandosi certa della sua colpevolezza. Anche in questo caso – giusto dire: purtroppo – sappiamo com’è andata a finire.
È stata (ed è) soprattutto la questione migranti ad aver scatenato la rabbia e l’acredine di Saviano nei confronti di Matteo Salvini e Giorgia Meloni. Chi scrive non ha problemi ad ammettere che spesso le parole dei due alleati superano il comune senso del pudore. Ritengo, infatti, che l’atteggiamento di Lega e FdI nei confronti dell’emergenza migratoria sia totalmente sbagliato. È pur vero che non si può pensare di fare di tutta l’erba un fascista e che non esistano problematiche – non certo di contorno – da tenere in debita considerazione. E sono tante. Il “migrante”, oggi, è diventato una tessera elettorale, non un essere umano, bensì una moneta di scambio per un pugno di consensi. Dei poveri disgraziati sfruttati nei campi del Sud – si chiama “caporalato” – per raccogliere pomodori immessi poi sul mercato a poco prezzo sembra che nessuno si occupi. Anzi, se la politica lo fa, pare ne sia addirittura complice: il caso di Rosalba Bisceglia, moglie di Michele Di Bari, prefetto e capo del Dipartimento per l’Immigrazione del Ministero dell’Interno, scoppiato nei giorni scorsi, ne è purtroppo un tristissimo esempio. E dire che Roberto Saviano dovrebbe conoscere bene quel che accade da quelle parti: non dimentichiamo che è stato condannato in Cassazione per plagio, nel fortunatissimo romanzo Gomorra, di alcuni articoli pubblicati su due quotidiani della sua regione.
La “caccia al fascista” è attualmente molto di moda, amplificata com’è dai media e da “intellettuali” colleghi del Vate come Michela Murgia (la quale ha scritto pure un pamphlet su come non diventare fascisti), oppure Michela Marzano che, all’arena Robinson di Più libri più liberi, ha raccontato il motivo che l’ha spinta a scrivere il suo ultimo libro Stirpe e Vergogna (Rizzoli): “Mio nonno era un fascista della prima ora, e lo è rimasto fino alla morte. Mio padre, socialista, ha sempre rimosso tutto questo […] Per me la scrittura è sempre stato un modo per nominare quelle cose che erano state rimosse ma che sapevo che c’erano. Il vero dovere era sciogliere la mia vergogna, quella che mi ha impedito di diventare mamma, per paura di trasmettere ai miei figli qualcosa di sbagliato”.
Mi piacerebbe chiedere a Roberto Saviano e magari pure ad Andrea Scanzi – ma in quest’ultimo caso non vorrei osare troppo – se alcune delle problematiche del presente, sollevate proprio in questi giorni, siano imputabili ai partiti di Giorgia Meloni e Matteo Salvini oppure, più in generale, al fascismo.
Per esempio, nei primi dieci mesi del 2021 (gennaio-ottobre) sono state 1017 le vittime sul lavoro registrate in Italia. Dunque, poco più di tre vittime al giorno. Le denunce di infortunio sul lavoro, al 31 ottobre, sono state 448.110 (dati Inail).
A livello di disoccupazione giovanile (fino a 25 anni), lo scorso settembre si è registrato un balzo in avanti dal 28% al 29,8%, il secondo tasso più alto nell’eurozona dopo quello spagnolo (dati Istat). Abbiamo superato la Grecia e siamo secondi solo alla Spagna.
Tra i 25 e i 34 anni i NEET (Neither in Employment nor in Education or Training, ovvero: giovani che non studiano, non lavorano e non seguono nessun percorso di formazione) sono saliti, nel nostro paese, al 30,7% nel 2020 (media Ue: 18,4%; in Italia tale percentuale era del 23,1% nel 2008, dunque in dodici anni è cresciuta di oltre 7 punti percentuali). Si tratta in totale di circa 3 milioni di under 35 in questa condizione (dati Eurostat).
Gian Carlo Blangiardo, presidente Istat, nei giorni scorsi ha affermato, durante un’intervista: “I consumi finali delle famiglie [nel 2020] hanno subìto un crollo di dimensioni mai registrate dal dopoguerra, con una diminuzione del 10,9% che ne ha portato il valore a un livello di poco superiore a quello del 2009 – e a quello del 1997 se considerato al netto dell’effetto della variazione dei prezzi”. E ancora, sempre Blangiardo: “I nuovi nati in Italia dal 2014 sono in forte calo. Nel 2020, l’anno orribile della pandemia, si è arrivati a 404mila, e secondo le mie valutazioni, il 2021 si chiuderà entro un range 385-395mila nascite. È un trend in atto da tempo, ma questo ulteriore calo possiamo dire che è effetto della seconda ondata della pandemia di ottobre-novembre dello scorso anno. Con il passare del tempo la popolazione perde la sua fisionomia iniziale: stante l’aspettativa di vita alla nascita di circa 80 anni, 400mila nascite sono compatibili con una popolazione che nel lungo periodo si ferma a poco più di 30 milioni, non di 59 come è adesso”.
Per concludere, mentre la Comunità di Sant’Egidio calcola in un milione i nuovi poveri che si sono affidati alle loro mense nel corso dell’ultimo anno e un clochard di 27 anni, proprio due notti fa, è morto di freddo alla stazione Termini di Roma, vorrei citare un “collega” di Roberto Saviano, Edoardo Nesi, premio Strega 2011 con Storia della mia gente: “Non c’è nessuno che debba chiederci scusa per averci condannato a essere la prima generazione da secoli che andrà a star peggio di quella dei nostri genitori?”.
Qualche antifascista di professione è in grado di risponderci? Non è che una (buona) parte dei giovani d’oggi, impossibilitati a programmare il futuro con un minimo di certezza, senza risposte, senza prospettive e con un male di vivere che la pandemia ha ulteriormente amplificato, cominci a pensare che poi, in fondo, sotto alcuni aspetti si poteva anche star meglio quando si stava peggio? C’è da biasimarli? Ma, stranamente, nessuno dei fieri antifascisti che imperversano nei media si chiede mai perché, cento anni dopo la Marcia su Roma, qualcuno possa diventare fascista. Tutto si ascrive, fumosamente, al “fanatismo”, all’odio, all’ignoranza, insomma, alle loro colpe e alle loro responsabilità: nulla al fallimento di un’intera società civile e della sua classe dirigente dopo tre quarti di secolo di democrazia antifascista. Ma, secondo il protovaccinato Scanzi, la stessa Costituzione della Repubblica italiana “fondata sul lavoro” (con un’espressione che ricorda tanto la Carta del Lavoro del 1927) sarebbe “antifascista”. Storicamente, filosoficamente, giuridicamente e formalmente, senza dubbio: lo ha limpidamente sottolineato Tarchi durante il dibattito televisivo del 9 scorso, e altrimenti mai avrebbe potuto essere. Ma sui piani concettuale e sociologico fino a che punto si potrebbe affermarlo senza riserve, vista la più o meno lunga carriera fascista (non sempre opportunistica) o comunque la sia pur eterogenea “compromissione col fascismo” – e, ancora una volta, altrimenti non avrebbe potuto essere – di una parte almeno dei Padri Costituenti?