Domenica 12 dicembre 2021
Terza Domenica di Avvento, Laetare Jerusalem
NO AL “BUONE FESTE”: VIVA SEMPRE IL “BUON NATALE”!
Le “direttive” dell’Unione Europea sono spesso inutili, talora anche ridicole. Ma in tempi d’isteria politically correct, non c’è da aspettarsi di meglio. Ora è la volta della lotta al “Buon Natale!”, che si dovrebbe correggere con un insulso, incolore “Buone Feste!”. Ma chi si è mai lamentato del “Buon Natale!”. Qualche comunità ebraica o musulmana? Manco per idea. E allora chi? Qualcuno dei soliti patetici agnostici laicisti tutti Grembialino e Tre Puntini? Ma di loro, diciamolo alla romana, nun ce ne poterebbe frega’ de meno.
A parte tutto ciò, si ha un’idea di quanto profonde siano le radici del Natale, di quanto infame sia qualunque tentativo di sminuirlo in tempi nei quali tanto si parla a torto o a ragione d’identità? Ricordiamoci di tre o quattro cosette, sommariamente descritte qua sotto.
FRANCO CARDINI
NATALE, FESTA DELLE LUCI, CONSUMISMO ECCETERA
Nel 2009 un maestro elementare della scuola Manzoni di Cremona – fondandosi sulla considerazione che il suo istituto era pieno di bambini provenienti da altre culture e da altre tradizioni e che “il Natale non deve escludere nessuno” (giustissimo!) – propose di derubricare la festa della Natività del Signore a un’apparentemente anonima “Festa delle Luci”. Ovviamente, la sua trovata provocò sia l’insurrezione di molti buoni cittadini cattolici e anche no, sia gli attacchi pelosi dei soliti supertradizionalisti dell’ultim’ora: quelli che oggi si richiamano a non so quali “simbologie” (sic, termine desunto da una loro dichiarazione) e a non capisco bene quale “Tradizione”, perché tutto ciò oggi paga sotto il profilo demagogico. Dei difensori del Crocifisso e del Natale che fino a ieri facevano sacrifici alle fonti del Dio-Fiume Eridano e che adesso attaccano un vescovo reo soltanto di aver ricordato che il cristianesimo è anzitutto Carità, francamente non si sente il bisogno.
Comunque il maestro di Cremona che divenne portavoce, volontario o no, d’un laicismo anticristiano che tuttora si nasconde dietro l’alibi dei bambini extracomunitari per portare avanti la battaglia per la cancellazione dei simboli cristiani dalla nostra vita comunitaria, in fondo aveva quasi ragione. Il Natale è sul serio la Festa non “delle Luci”, bensì della Luce, del Cristo Lux Mundi, di quello che i cristiani ricordano ogni anno, nella notte di Pasqua, con la cerimonia del Lumen Christi e del Fuoco Nuovo, secondo lo splendido rituale etiopico celebrato ab immemorabili nella Basilica della Resurrezione di Gerusalemme. Ma temo che con la proposta espressione “Festa delle Luci” il maestro intendesse rimandare a quella specie di generico teismo che ormai si respira nell’aria da molto tempo, più o meno colorato di New Age, e che ben rappresenta il postmoderno. Poiché Habermas ha senza dubbio ragione quando denunzia la fine e la sconfitta della Modernità come fine e sconfitta del “processo di secolarizzazione” e di “ritorno del Sacro”: ma purtroppo si tratta di un “Sacro selvaggio”, nel quale il cristianesimo, specie quello cattolico, ha ben poco spazio.
A meno che – e non so se sarebbe meglio o peggio – il maestro non intendesse comunicare più semplicemente, ai ragazzi della sua scuola, un messaggio in apparenza ingenuamente allegro e spensierato, roba da Jingle Bells e da Centro Commerciale. In tal caso, meglio un bel Black Out: il Natale del consumismo, della falsa allegria, della finta solidarietà è meglio che i nostri bambini (compresi i piccoli extracomunitari) lo celebrino al buio. Se c’è una peste da combattere, che ci corrompe profondamente tutti e che contro al quale sarebbe l’ora d’insorgere, è il Natale ridotto a falsa festa della gioia e dell’amore e ad autentica, ridicola e ributtante Orgia dei Consumi: un’offesa blasfema al Gran Re dell’Universo che ha scelto di venire al mondo come l’ultimo dei poveri della terra. E un’offesa infame e sanguinosa e ai veri poveri, quelli che la miseria non la vorrebbero ma la debbono subire: anche per colpa nostra, del nostro libero, civile e beato Occidente che per secoli si è arricchito rapinando e sfruttando gli altri continenti; e per colpa dell’ingiustizia del sistema politico liberal-liberista che tollera lo sfruttamento e la sperequazione. Per i Natali futuri, io auspico meno luci e più solidarietà; meno “regali” che alimentano la ruota produzione-consumo-profitto, e più autentici doni, secondo quella Civiltà del Dono che anche di recente il Santo Padre ha indicato all’Occidente come via di redenzione dalla “cultura dell’Avere” alla “cultura dell’Essere”. Sarebbe quello, davvero, l’autentico ritorno alla Tradizione.
E poi, l’idea del maestro non era neanche originale. Alla “Festa delle Luci” ci avevano già pensato in tanti. Molti popoli antichi celebravano – e alcuni massoni o neopagani celebrano ancora –, proprio in età natalizia, la Festa del Solstizio. Giustamente, perché a Roma il cristianesimo trionfante, alla fine del IV secolo, impose di riferire al Cristo Sol Iustitiae la festa solstiziale del 25 dicembre, fino ad allora dedicata al Deus Sol Comes Invictus. Nei paesi scandinavi, il 13 dicembre, giorno di Santa Lucia, si celebra appunto la “Festa delle Luci”, con tanto di ragazze che recano sulla fronte coroncine arricchite da candele accese. Presso gli ebrei la festa di Hanukkah (l’“Inaugurazione”), la celebrazione invernale della settimana tra 25 Kislev al 3 Tèvet che commemora la vittoria dei Maccabei sul regno siro-ellenizzato antiocheno, è detta appunto anche Hag ha-Urim, “Festa delle Luci”. Durante la Hanukkah si tiene solennemente accesa la Hanukkiyyah o Menorah di Hanukkah, uno speciale candelabro a otto braccia e nove luci.
Per quanto riguarda poi i ragazzi extracomunitari, la maggior parte dei quali di fede musulmana, non c’è mai stato da preoccuparsi. Conosco decine di Imam: li ho interrogati appositamente, e non ce n’è stato uno che non mi abbia risposto che ricordare la nascita del Profeta Gesù (che per l’Islam è Rukh-Ullah, “Spirito di Dio”) è un gran bene, e che i bambini musulmani sono affascinati dall’Albero e dal Presepio. Certo, è una festa con un fondo un po’ pagano, mi ha confidato qualcuno di loro: lo sappiamo bene anche noi, gli ho risposto. L’Albero di Natale ha origine nell’Albero della Vita germanico, l’Yggdrasil “Frassino del Mondo”; la grotta di Betlemme, indicata come luogo della natività nel IV secolo agli architetti dell’imperatore Costantino che vi edificarono sopra la Basilica della Natività, era un precedente luogo di culto mithraista; e al mithraismo ci richiamano anche i magi (i quali tuttavia, dal canto loro, sono citati anche nella Sura XXII del Corano).
Questi elementi “pagani”, nella celebrazione del Natale, non debbono né sorprendere, né disorientare. Il fatto è che le culture sono collegate tra di loro: la circolazione e condivisione di alcune loro forme non è affatto sincretismo. C’è un quindi un solo modo per rispettare tutte le culture e garantirne la convivenza oggi che ciò è diventato indispensabile: imparare a conoscerle sempre meglio e quindi ad amarle, tenendosi tuttavia ben stretti alla propria che tuttavia è ormai necessario in gran parte recuperare in quanto la Modernità è arrivata a distruggerla in gran parte. Bisogna recuperarla, approfondirne il significato e difenderla: Senza cadere in provocazioni come quella consistente nella proposta di metterla da canto per non offendere eventuali ospiti: chi sta in casa propria ha diritto a vivere secondo le sue tradizioni; gli ospiti debbono imparare a conoscerle nel loro esatto significato e a rispettarle. Niente confusione dei linguaggi, pertanto: ma anche niente sciovinismi e niente divieti. Consapevolezza di sé, considerazione degli altri. È tutto quel che ci serve.