Domenica 19 dicembre 2021, IV Domenica d’Avvento
Magnificat Anima Mea Dominum
IL RITORNO DI UN VECCHIO ENIGMA: LIBERTÀ O SICUREZZA?
E SE L’“ECCEZIONE” DIVENTASSE IN REALTÀ LA “REGOLA”?
Nella vita politica e sociale italiana, e in particolare nella stretta tra l’imminenza delle elezioni del capo dello stato e l’inizio di quella che sembra una nuova fase della pandemia Covid, ci siamo trovati di certo senza preavviso e probabilmente senza preparazione di fronte a una scelta perentoria.
Il paese è a una svolta. Mai come adesso ci sarebbe bisogno di un’ormai da troppe volte affermata riforma parlamentare: ma non ce n’è il tempo. La lotta contro il Covid è arrivata a un punto decisivo: giocherellare tar esitazioni e indugi non è più possibile. È arrivata la necessità di fare scelte precise.
Ci stiamo in altri termini incamminando verso quello “stato d’eccezione” che molti politologi e quasi tutti i politici paventano come il momento nel quale – tra finzioni formalistiche e accettazione piena della realtà sostanziale – si dovranno imboccare con rapidità e sicurezza strade rapide e decisive per le quali il nostro sistema parlamentare non è attrezzato?
D’altronde, da ormai molti mesi siamo abituati a venir retti da governi nati senza l’autorizzazione di una corretta sanzione democratica e non sostenuti da una sanzione popolare: anzi, come abbiamo visto nelle recenti elezioni amministrative, gran parte della società civile (il “paese reale”) si è tenuta lontana da quelle urne che determinano l’assetto del “paese legale”. Il fatto però è che, contrariamente a quel che in genere accade in tempi d’affievolirsi o d’appannarsi del consenso degli elettori, la classe politica da ciò espressa non si è affatto preoccupata di riempire il vuoto così creato proponendo soluzioni forti. Al contrario, siamo entrati in una fase di ancor maggiore incertezza, caratterizzata ad esempio da tentativi incoerenti e in ultima analisi contraddittori d’indurre i “no vax” ad attenuare le loro posizioni negativistiche. In uno stato di diritto serio, va ricordato, è legittimo perfino dichiarare guerra a un altro stato: ma chi lo faccia non può certo al tempo stesso chiamare i cittadini alle armi e dichiarare che chi sarà ferito in battaglia non avrà diritto a cure gratuite e a tempo debito ad appropriati risarcimenti. Invece ciò è proprio quello ch’è stato fatto insistendo da un lato sull’opportunità ma non sull’obbligatorietà del vaccino e dall’altro mettendo in atto ogni sorta di pressioni indirette sui recalcitranti per indurli comunque a cambiar idea. Finalmente, ecco i provvedimenti per il vaccino ai bambini: lo stato di diritto ritorna all’uso delle sue prerogative, rende qualcosa obbligatorio in quanto lo ritiene indispensabile. E se ne assume le responsabilità.
E siamo dinanzi appunto a quella che nella scienza politica si denomina come “la scelta dello stato d’eccezione”: che per molti osservatori è paventata come l’anticamera di possibili svolte autoritarie ma che rientra in realtà nella prassi politica ordinaria, com’ è teorizzato lucidamente da Carl Schmitt.
E lo “stato d’eccezione” trova immediatamente nuovi proseliti. Fioriscono i decisionisti: come Salvini, il quale scavalca i suoi alleati di centrodestra e si autopropone come referente privilegiato al quale dovrebbero rivolgersi tutti i cointeressati a trovare una soluzione condivisa riguardante il futuro presidente della repubblica, e ciò senza tener conto di chi saranno i capipartito disposti ad accettare il ruolo che si è autoarrogato; o come la “strana coppia” Meloni-Letta, a proposito della quale tuttavia qualche osservatore ha trovato occasione di dire che in fondo, nella reciproca diversità, c’è la reciproca affinità e l’attrazione reciproca determinata dal sonnecchiare, nelle latebre dei “Fratelli d’Italia” e in certi suoi residuali recessi, dello spirito della vecchia “destra sociale” che finisce con coincidere con una “sinistra nazionale”. Ma se tutto ciò è in una qualche misura vero, chi è allora che siede all’estrema destra? E per contro, dove va collocata la pur ristretta pattuglia del carismatico e decisionista Renzi, che sarebbe pur situabile da qualche parte del centrosinistra e che nonostante ciò non sembra aver deposto l’ambizione di atteggiarsi ad erede di quel che resta del patrimonio di voti un tempo detenuto da Berlusconi?
Può darsi che quello immediatamente futuro sia un tempo di ridefinizione di confini e di alleanze politiche. Tempo di una nuova dinamica: il decisionismo è anche questo.