Minima Cardiniana 357/4

Domenica 19 dicembre 2021, IV Domenica d’Avvento
Magnificat Anima Mea Dominum

LA CATTIVA COSCIENZA DELL’OCCIDENTE
“L’OCCIDENTE SI È DIMENTICATO DEI CRISTIANI PERSEGUITATI PERCHÉ MALATO D’INDIVIDUALISMO”

Intervista di Francesco Boezi a Franco Cardini

Il professor Franco Cardini ha da poco pubblicato Le dimore di Dio, che è edito dal Mulino. Un testo attraverso cui lo storico medievale analizza pure lo stato di salute dell’Occidente rispetto alla funzione sociale delle religioni. Come ogni Natale, InsideOver ed IlGiornale.it lanciano una campagna in favore dei cristiani che vengono perseguitati nel mondo e che finiscono, quasi in maniera irrimediabile, nell’oblio dei pensieri di noi occidentali che siamo concentrati su ben altri aspetti del contemporaneo. Ma perché? Quali sono le motivazioni che producono questa “dimenticanza”? E come sta il cristianesimo ai tempi del relativismo, della scristianizzazione e della laicizzazione delle coscienze e dei luoghi?

Professore, nel suo ultimo libro lei sostiene che mettere da parte Dio in funzione della libertà assoluta non ha portato alla felicità. Corretto?
Grosso modo. Diciamo che la fede in Dio era – lo è ancora per chi ce l’ha – un elemento positivo nella visione del mondo. Che poi corrisponda o non corrisponda ad una realtà oggettiva è un altro discorso. Per definizione: non possiamo dire nulla al riguardo. Siamo rimasti a Kant: non si può dire che Dio sia o che Dio non sia. Parliamo di essenza, non di esistenza. Di certo, la fede in Dio era un elemento positivo nella generale visione del monto. E questo al di là delle critiche che sono state mosse negli ultimi due o tre secoli. Al netto insomma delle strumentalizzazioni e di tutto quello che si è detto di male della fede in Dio o dell’ipotesi della presenza divina, c’è un fatto innegabile, cioè qualcosa che è stato riconosciuto anche dai grandi atei: la fede nell’essenza divina è un fattore che aiuta a vivere perché dona una quantità di forza, di energia e di gioia, se si può dire, al percorso dell’esistenza. Dunque l’avere negato questa realtà non ha reso le società più felici. Forse le ha rese più evolute e più scientificamente coscienti, ma non le ha rese più felici. C’è un elemento vitalistico nella fede in Dio: negarlo in maniera sistemica finisce con l’essere autolesionistico nei confronti della natura umana.

E quindi?
Quindi si finisce col dover citare una volta di più il vecchio Voltaire: “Se Dio non ci fosse bisognerebbe inventarlo”. Perché sarebbe un elemento favorevole per la nostra vita. Occhio che Voltaire, a parte le informazioni che sono state diffuse con una cultura che potremmo definire grossolana, non si è mai dichiarato un ateo. Certo, aveva degli elementi di ostilità nei confronti delle religioni storiche e radicate, in particolar modo del loro aspetto repressivo. Ai tempi Voltaire se la prendeva con la Compagnia di Gesù. Ma insomma, all’epoca, pure i giansenisti se la prendevano con la Compagnia di Gesù. E questo anti-gesuitismo non prova di per sé l’ateismo di Voltaire. Anzi, dal punto di vista massonico o mazziniano, essere anti-gesuitici, per l’epoca, poteva significare religiosità positiva. Ovviamente questo non è vero sotto il profilo cattolico.

Ratzinger, nel 1968, disse alla radio che la Chiesa cattolica sarebbe diventata minoritaria, povera, priva di potere… Ora tutto questo sembra diventare concreto.
Questa è la consapevolezza che sta alla base di tutto il pontificato di papa Francesco. In questo senso, il pontificato del regnante è un realismo duro che qualifica la situazione del nostro tempo. Francesco dice non solo che il cristianesimo si sta riducendo, come sosteneva il suo predecessore, ma anche che siamo arrivati ad un punto per cui non è più possibile adottare la divisa crociana del “non possiamo non dirci cristiani”. Se non si è cristiani è bene dirlo con chiarezza, teorizza Bergoglio. Perché l’essere cristiani significa vivere in un modo preciso. Quello spiegato dall’ex arcivescovo di Buenos Aires nella Laudato Si’ ed in Fratelli tutti. O si è cristiani secondo un modello integrale nella fede cristiana in Dio oppure è bene smetterla di essere cristiani. Il che non corrisponde ad un’affermazione minimalista o connotabile come cristianesimo di sinistra, così come qualcuno pensa. Si tratta piuttosto di un’affermazione di tipo apocalittico. Perché sottintende la consapevolezza della prossimità dell’apocalisse. Idea o illusione che sia: faccia lei. Bergoglio non è soltanto dispiaciuto che il cristianesimo sia finito in corner, ma avverte sull’apocalisse imminente come faceva Gesù. Questo è un discorso scivoloso, poiché dipende dall’unità di misura del tempo. Gesù sbagliava a parlare di apocalisse vicina? Questo sottintende che noi pensiamo di avere l’esatta misura del tempo in tasca. Ci dimentichiamo ciò che è scritto nella Bibbia: dinanzi all’eternità di Dio, diecimila anni sono come un battito di ciglia o come un turno di guardia nella notte.

A proposito di luoghi di Dio: la scristianizzazione comporta che le chiese inizino ad essere vendute o trasformate in altro…
Sta alla nostra sensibilità cercare di non perdere quello che riteniamo salvabile. Salvare una chiesa alla sua funzione religiosa o sacra è una soluzione. Non c’è bisogno essere credenti. Basta ad esempio amare l’arte. Basta ritenere che le espressioni religiose vadano mantenute nella coscienza della storia umana. Ma ci sono altri modi di vedere la cosa: una chiesa che viene sconsacrata per essere adibita a sala di commercio è un conto, una chiesa che viene adibita a museo o a sala da concerto è un altro. La funzione sacrale può essere tenuta pure attraverso una laicizzazione. Dipende dalla sensibilità e dalle necessità delle società costituite. Noi ci troviamo dinanzi ad uno spettacolo continuo: templi pagani che sono diventate chiese cristiane. E così, da chiese cristiane, quegli edifici sono divenuti palazzi rinascimentali, e poi banche ottocentesche e poi magari fabbriche novecentesche. Oggi le stesse chiese vengono recuperate e magari, al loro modo, tornano ad essere luoghi sacri, perché adibite per mostre ed esposizioni, cioè per funzioni elevate nell’ambito di quelle umane.

Come ogni anno, ilGiornale.it ed InsideOver lanciano una campagna per i cristiani perseguitati…
Che i cristiani siano perseguitati dipende dal loro essere disseminati nel mondo. La stessa cosa si potrebbe dire per gli ebrei e per i musulmani. Noi ci dimentichiamo, ad esempio, le ricorrenti persecuzioni e distruzioni cui vanno incontro i musulmani in certe aree più induiste del sub-continente indiano. Diciamo che le religioni universaliste, che quindi sono diffuse in tutto il mondo e che hanno di per sé un messaggio che tocca tutti gli aspetti del vivere, a differenza delle religioni etniche che possono essere interpretate come momenti devozionali o rituali ma che non impegnano totalmente l’uomo, sono anche formule etiche che comportano scelte sul piano morale. Quindi, quando si hanno aspetti della vita religiosa che intaccano il vivere sociale, ci si trova davanti al problema con cui si è confrontato Pio XI durante il fascismo. Due anni dopo la conciliazione, scoppiò il problema dell’educazione dei giovani. Il fascismo voleva educare tutti secondo l’etica derivante dalla sua ideologia dalla prima infanzia all’uomo adulto. Pio XI, pur avendo ceduto su molte parti, si oppose a questo progetto di educazione esclusiva del giovane in senso fascista e fu dunque accusato dal regime di voler far politica. Lui rispose che il cristiano fa politica se e quando la politica tocca l’altare. Penso al divorzio ed all’aborto: sono scelte che vengono condannate alla luce di valori che sono religiosi. E allora il politico laico attacca la Chiesa cattolica perché immette nella vita sociale degli elementi religiosi desunti dalla fede, mentre il cattolico risponde che il vivere sociale condiziona la religione: il religioso interviene appunto nella politica quando questa tocca l’altare. Nelle religioni abramitiche, c’è l’impegno dell’essere umano in tutti i punti di vista. Anche nel suo “essere civile”, come avrebbe detto Aristotele.

La devo portare però sull’oblio con cui l’Occidente tratta i cristiani perseguitati. Pensi a quanto accade in Siria, in Nigeria e così via…
L’Occidente, di per sé, ha fatto della distrazione morale una delle sue migliori armi di penetrazione. Noi siamo indifferenti. Non siamo indifferenti solo alle persecuzioni religiose: siamo indifferenti davanti a qualsiasi forma di dolore o di sofferenza. Si tratta di quella indifferenza che interessa la sperequazione sociale che ormai segna tutto il mondo. Parliamo della forza motrice che muove la migrazione di massa. L’indifferenza è una delle caratteristiche dell’individualismo, che è la colonna vertebrale del modo di vivere occidentale. E quindi la proposta di “uscire” – quella del Papa – dalla cultura dell’indifferenza è una proposta forte, in quanto anti-moderna. Vuol dire recuperare quel senso di solidarietà che esisteva anche in Europa e che poi è andato scomparendo perché le classi dirigenti, da un certo punto di vista, non hanno più avuto interesse a sollecitarlo. Se avessero avuto interesse, a partire dalla scuola, con tutta evidenza il nostro modo di vivere e di pensare sarebbe stato diverso. Ma l’Occidente è fondato sull’individualismo e sulla dottrina della libertà, oltre che sulla necessità di arricchirsi: venire incontro ai propri impulsi individuali, con progresso ed accumulazione di capitali. Così siamo arrivati a questo punto. In certi luoghi dell’Africa, dell’Asia e dell’America latina, l’essere cristiani viene visto come qualcosa di non geneticamente originale. Quindi viene giudicato come uno degli esiti di quello che era l’antico atteggiamento colonialistico. Da un lato, i cristiani possono essere perseguitati per questo, nonostante siano proprio coloro che sarebbero più disposti ad aiutare il prossimo. D’altro lato, gli occidentali scristianizzati, sono tutto sommato poco interessati al destino dei loro connazionali o sodali di civiltà, che si sacrificano per la fede che non interessa più all’Occidente.
(InsideOver, 16 dicembre 2021)