Domenica 19 dicembre 2021, IV Domenica d’Avvento
Magnificat Anima Mea Dominum
LIBRI LIBRI LIBRI
Franco CARDINI, Parlare di Dante, parlare con Dante. Da Paolo e Francesca alla Vergine Maria, dodici racconti sui protagonisti della Divina Commedia, Firenze, Edizioni Toscana Oggi, 2021, pp. 86, euri 12,00
L’Anno Dantesco 2021, settecentesimo dalla morte del Poeta, è stato un anno terribile. Non siamo riusciti a sconfiggere l’epidemia, la situazione internazionale è andata precipitando verso la prospettiva di una nuova “guerra fredda” – ormai, esauritesi le ideologie, sostenuta solo dalla bruta e cinica logica della forza e del potere – la linea di contrasto della quale passa dal Mediterraneo e da alcuni porti italiani, i dati statistici ufficiali segnalano ormai senza eufemismi un trend galoppante verso la recessione e l’impoverimento generalizzato, le prospettive di lavoro delle giovani generazioni appaiono problematiche, l’Occidente si avvia verso un duro decremento demografico, ci sentiamo assediati fra le opposte minacce di un terrorismo che sembra stranamente volatilizzato nell’aria e di risorgenti istanze fondamentaliste che stanno prospettando nuovi scontri, i mutamenti climatici e ambientali ci preoccupano.
Qualcuno ha osservato che appunto nel primo Trecento, dopo un lungo periodo di circostanze positive durato circa tre secoli, il mondo eurasiomediterraneo stava emettendo segnali di recessione che mutatis mutandis possono esser paragonati con quelli che noi stessi oggi avvertiamo: insicurezza, impoverimento, crisi valoriale. Ci aiuta, questo complesso di analogie, a comprendere meglio la poesia di Dante alla luce della crisi del tempo presente, o a più profondamente interpretare questa alla luce di quella? La vita, i sentimenti, le passioni di allora sembrano spesso identici ad adesso; eppure sotto molti aspetti quell’epoca era lontanissima dalla nostra. L’idioma di allora e la lingua di oggi sembrano molto simili: eppure i rispettivi campi semantici parlano il linguaggio della lontananza e dell’estraneità. Quale dialogo può esistere tra il medioevo aetas christiana e il nostro tempo di cielo vuoto e di silenzio di Dio?
Il 2021 ha obbligato Franco Cardini come molti altri studiosi, intellettuali, religiosi, cittadini, a rileggere Dante e la Divina Commedia ponendo ad entrambi problemi storici, estetici, ma anche culturali e soprattutto morali. Dopo una raccolta di una decina circa di saggi, Dantesca, egli ha accettato la sfida di una lettura del poema “dall’interno”, cercando di coglierne il senso attraverso il confronto “triangolare” tra uno studioso del XXI secolo, un autore del XIV e i personaggi di un mondo che quel tempo lontano avvertiva come misterioso ma prossimo e incombente o salvifico mentre il nostro ritiene mitico e arbitrariamente ricostituito per quanto atteggiato a verità profonda.
Inferno, Purgatorio, Paradiso: tre luoghi che rappresentano gli esiti di differenti forme di condizione umana, di dinamica esistenziale, di confronto tra diversi modi d’impiegare il libero arbitrio e diverse occasioni che rappresentano altrettante forme di condizionamento obiettivo. Cardini, a somiglianza di Dante, costruisce questo confronto tra necessità e libertà entro i parametri geometrici del triangolo e del quadrato: le tre cantiche e i quattro modelli scelti per ciascuna di esse, il tre della Trinità divina e il quattro degli elementi aristotelici-empedoclei della realtà del mondo (la terra, l’acqua, l’aria, il fuoco) che moltiplicati fra loro producono il fatidico dodici, il numero delle costellazioni del firmamento che regola lo spazio, dei mesi che scandiscono l’anno e dunque il tempo, degli apostoli che si presentano esegeticamente come simboli dell’uno e dell’altro.
Parlare di Dante, parlare con Dante. Non cercar soltanto di spiegare chi fosse il Poeta e come avesse strutturato e popolato il suo Aldilà, ma dialogare anche con lui, accettare di sentir incrociarsi la propria voce con quella che per tutta la vita ha ascoltato pur senza mai fisicamente intenderla eppure distinguendone perfettamente suono, tono, inflessione. Dalla tragedia dell’amore infedele attraverso la superbia di Farinata, la sete di sapere di Ulisse, la disperazione del Serafino Caduto, la dolorosa speranza di Manfredi e di Buonconte, la giustizia di Giustiniano e la desolata tristezza di Pia de’ Tolomei e l’amorosa povertà di Francesco fino alla purezza del massimo Amore celeste, dagli adulteri Paolo e Francesca e la fedele per eccellenza e per definizione ancilla Domini, la Vergine Maria, figlia di suo Figlio ma anche madre e sposa di Dio.
Questo mondo interiore arcano ed immenso ha accompagnato Dante in un ventennio di peregrinazioni incessanti. Il Poeta ha offerto al professore infinite occasioni e sensazione, questi ha proposto a quegli i suoi messi e i suoi moduli espressivi osando perfino giungere all’ardire dell’identificazione e parlando, scrivendo, dialogando per lui oltre che con lui, a suo nome e in sua vece.
A tratti, Cardini deve essersi sentito colpevole di luciferina superbia; leggendolo, noi crediamo al contrario di averne colto la costante, a volte commovente umiltà. Gli avevamo proposto una sfida: l’ha accolta con la serietà con la quale si debbono sempre accogliere le grandi proposte di gioco.
C’è del biografismo, in queste pagine? Pare proprio che nessuno, qualunque cosa scriva, possa evitare di parlare di se stesso. Della prospettiva temporale della sua vita, che può essere lunga specie quando si è al mondo da tempo, e lui lo è; a quella spaziale dei panorami visti da Dante e rivisitati dall’autore di queste pagine che ha tratto l’amore per il Poeta e per la sua opera principalmente dalle coincidenze topografiche e ambientali entro cui le loro rispettive esperienza si sono articolate e distese: le foreste casentinesi e i castelli tra Poppi e Romena, l’acqua che cade crosciando dal balzo di San Benedetto e la silenziosa piana di Campaldino, la solennità febbrosa della Maremma e il crudo sasso della Verna, il silenzio che circonda le basiliche e i mosaici di Ravenna e la terribile infinità dell’oceano oltre le Colonne d’Ercole. C’è un’identità quasi perfetta tra luoghi da lui descritti da Dante e quelli più amati dal professore. A meno che egli non li abbia profondamente amati, quei luoghi, proprio perché ha imparato ad ammirarli e a capirli attraverso il Poeta.
(Lorella Pellis, su Toscana Oggi, 19 dicembre 2021)