Domenica 2 gennaio 2022, San Basilio
“BENVENUTO NEL CLUB” (FORSE…)
Torno con piacere, anche se con un po’ d’imbarazzo, a parlare di Antonio Socci. Si tratta di un vecchio amico di una trentina di anni fa, dei tempi della comune militanza nel “Sabato”. Ricordo bene anche di molti suoi interventi al mio fianco (o io al suo) in tempi duri, e di sue coraggiose difese. Poi, pian piano, qualcosa si è andato sfilacciando: forse la deriva dell’Effetto Berlusconi, con le sue molteplici risacche; forse certi inattesi e inimmaginabili risvolti della questione cattolica, specie con le mutazioni di “Comunione e Liberazione” e dintorni e poi con ciclone Papa Francesco. Il mio noto feroce filobergoglismo mi ha procurato molti avversari e molti antipatizzanti, con la rottura anche di più o meno vecchie e più o meno sincere amicizie. In alcuni limitatissimi casi, circoscrivo e isolo l’argomento Bergoglio quanto parlo con qualcuno all’amicizia del quale tengo e che so tiene alla mia: e parliamo d’altro. Nella maggioranza dei casi, la mia stramaledetta faziosità fiorentina prevale. Chi sparla di papa Francesco è un maledetto guelfo, con lui non voglio più aver niente a che fare e non lo nomino nemmeno più, evito di pronunziare il suo nome.
Il caso-Socci mi ha spiazzato, Ero ormai rassegnato ad averlo perduto: e ne ero addolorato, anche perché avevo seguito alcune cose che lo riguardano e che sono state molto difficili. Mi dicono ch’è successo qualcosa. Non voglio precipitarmi a decidere: lasciamo maturare la cosa, pronti a qualunque evento. Ma se potessi salutarlo con un “Benvenuto nel Club”, mi farebbe un gran piacere (FC).
LA “CONVERSIONE” DI ANTONIO SOCCI
Il titolo di questo articolo non tragga in inganno. Antonio Socci, giornalista, saggista, conduttore tv (e, tra le altre cose, anche ex vicedirettore di Rai 2) non ha abbracciato un’altra religione, né tantomeno ha “scoperto” la fede. In realtà è molto probabile che, come un moderno Re Lear mal consigliato e rimasto cieco, abbia finalmente cominciato a “vedere”.
Partiamo da un episodio, ovvero un incarico ricoperto per conto della Rai: la direzione (dal 2004 al 2020) della Scuola di giornalismo radiotelevisivo di Perugia, della quale figura anche tra i soci fondatori. Nel maggio del 2020, dopo un tweet velenoso nei confronti di papa Bergoglio (al quale, in un tweet successivo, lo stesso Socci chiederà scusa ma solo per il tono utilizzato), Socci annuncia le proprie dimissioni dalla Scuola, anche se il suo mandato ormai è in scadenza. “Bergoglio corre in soccorso a Conte e si conferma il solito traditore asservito al potere”, diceva il tweet di Socci, parole che subito avevano alzato polemiche e spinto il Consiglio dell’Ordine dei giornalisti della Toscana ad annunciare l’intento di presentare un esposto al Consiglio di disciplina. L’ira funesta di Socci riguardava lo stop alle messe che Bergoglio, in controtendenza rispetto alla Cei e a molti vescovi, aveva “approvato”. Non era, il tweet in questione, il primo attacco “diretto” nei confronti del pontefice da parte del giornalista, bensì la classica goccia che fece traboccare il vaso: perché le precedenti, feroci critiche a Bergoglio non erano state affatto gocce, tutt’altro. A partire, all’indomani dell’elezione del vescovo di Roma, dal libro Non è Francesco (Mondadori, 2014), nel quale il saggista esponeva la sua personalissima versione sull’invalidità dell’elezione del Papa. Le critiche successive all’operato di papa Francesco – pubblicate spesso sul blog personale dell’autore, “Lo Straniero” – hanno via via riguardato lo “scarso interesse” nei confronti dei cristiani perseguitati nel mondo, l’incondizionata apertura nei confronti dei migranti, l’atteggiamento nei confronti dei cattolici, atto, a suo dire, a stigmatizzarne i difetti anziché a mostrare il giusto percorso per correggerli. Giudizi estremamente negativi che hanno contribuito a collocare il nome di Socci nella lista (assai consistente) dei più acerrimi “nemici” del papa: che, paradossalmente, è un elenco perlopiù di “cattolici”. Sì, avete letto bene (ma lo sapete già): gli “avversari” più pericolosi papa Francesco ce l’ha in casa, tra i cosiddetti “fedeli”. Sembra un paradosso, ma non lo è. La lista sarebbe molto lunga e non è il caso di citare alcun componente: gli faremmo solo pubblicità.
Nel 2016 Antonio Socci pubblica il saggio La profezia finale. Lettera a Papa Francesco sulla Chiesa in tempo di guerra (Rizzoli), nel quale lancia l’allarme di un’apocalisse assai imminente, resa evidente da alcune “profezie” che si stanno avverando. Il Papa, per tutta risposta, dopo aver ricevuto una copia del libro, ringrazia l’autore e forse gli ispira una prima “crisi” di coscienza. È lo stesso Socci a ricordarlo nel suo blog: “Anni fa mi vidi arrivare una lettera autografa del papa che mi ringraziava per il mio libro e, fra le altre cose, aggiungeva: ‘Anche le critiche ci aiutano a camminare sulla retta via del Signore’. Poi mi prometteva le sue preghiere, per me e per la mia famiglia ‘chiedendo al Signore di benedirvi e alla Madonna di custodirvi’. Un gesto di paternità (anche verso mia figlia) che mi commosse e un gesto di umiltà per nulla scontato, che mi ha fatto riflettere e mi ha riempito di stupore: un papa che ringrazia personalmente per le critiche (dure) e si umilia davanti a un cane sciolto come me (che di certo non sono un santo) non può lasciare indifferenti. Si firmava mio ‘fratello e servitore nel Signore’”.
La “conversione” di Socci è recente, ed è lui stesso a spiegarla in un lungo articolo pubblicato sul suo sito, poi ripreso da vari quotidiani (13 dicembre 2021). Ne riportiamo alcuni passaggi che riteniamo fondamentali:
“Oggi è l’anniversario dell’ordinazione sacerdotale di Jorge Maria Bergoglio, che venerdì 17 dicembre compirà 85 anni. Non so se, in cuor suo, farà un primo bilancio del suo pontificato (gli analisti hanno già cominciato). Di certo è gravoso guidare la Chiesa nella tempesta di questi anni, assistere a una così galoppante scristianizzazione (in un mondo che sembra impazzito) e trovarsi sempre esposto agli attacchi dei demonizzatori e alle lusinghe degli adulatori (non so cosa è peggio). Sono arrivati a imputargli pure il vaccino, come fosse una sua colpa e non una protezione dalla pandemia. Anche ieri un giornale lo ha accusato di non dire nulla sul prossimo dibattito parlamentare italiano relativo all’eutanasia, quando proprio l’altro ieri, parlando ai giuristi cattolici, il papa aveva li aveva implorati di difendere i diritti dei dimenticati e – insieme a lavoratori e migranti – aveva citato malati, bambini non nati, persone in fin di vita e poveri (peraltro sull’aborto Francesco usa espressioni perfino più dure di Giovanni Paolo II)”.
Che questo pontificato non rientri negli schemi ideologici consueti dei media e della politica lo dimostra anche la conferenza stampa dei giorni scorsi, durante la quale – sconcertando tanti suoi sostenitori interessati – il papa ha difeso ‘la sovranità’ e le ‘identità’ dei paesi europei, ‘i valori nazionali’, mettendo in guardia dalla pretesa ‘imperiale’ della UE e da ‘una superpotenza che detta i comportamenti culturali, economici e sociali’ imponendo a tutti le proprie ‘colonizzazioni ideologiche’”.
“D’altra parte, anche nel mondo clericale, tanti lo lodano a parole o tentano solo di imitarne gli atteggiamenti, a volte in modo maldestro. Ma ci sono anche vescovi, sacerdoti, religiosi, suore, tanti cristiani che hanno capito il cuore della ‘missione’ scelta da questo pontificato, dichiarata fin dall’inizio, e cercano di viverla: l’uscire dalle sacrestie e andare in cerca degli uomini. La maggior parte si limita a proclamarla verbalmente, perciò non si vede una chiesa in missione, casomai una chiesa confusa”.
“La Chiesa è davvero uno spettacolo per gli angeli. Bisognerebbe averla in dono quell’umiltà. Continuando a pregare per lui (come fa Benedetto XVI, che gli è vicino e prega costantemente per la sua missione: ho imparato da lui come va guardato papa Francesco) ho cercato di capire. Spazzando via tanti dettagli secondari bisogna riconoscere che la cifra originaria di questo papato è molto bella e delinea l’unico grande compito della Chiesa del III millennio cristiano. Si potrebbe sintetizzare così: Dio ha pietà di tutti e si è fatto uomo per venire a cercarci, uno per uno, per salvarci, pagando lui stesso sulla croce il riscatto per ognuno di noi, che pure non lo abbiamo meritato. Mi pare il movente profondo dell’attuale pontificato”.
Benvenuto nel club, caro Antonio, ci viene da dire. Perché probabilmente, in questo frangente di storia che ci vede sempre più distanti, distratti e lontani l’uno dall’altro, la risposta – l’unica possibile – è nascosta nella “missione” della Chiesa di Francesco alla quale ti riferisci. La pandemia altro non ha fatto se non “renderci peggiori”, perché del prossimo proprio non ci curiamo, tantomeno in periodi di “emergenza”. E dire che molte tragedie del passato (guerre, carestie, disastri naturali) avevano almeno contribuito a “riscoprirci” umani, nudi e bisognosi di umanità.
In fin dei conti, dove si è nascosto, lo scorso 25 dicembre, lo spirito del Natale che Charles Dickens ci aveva così ben descritto nel suo Canto? Dove lo abbiamo intravisto? Nei regali fatti a malincuore perché “dovevamo”? Durante le cene o i pranzi in famiglia, spesso di malavoglia, perché “dovevamo”? No. Si rifletteva nelle espressioni e nei sorrisi di coloro che, trovatisi a condividere con qualche sconosciuto il pranzo natalizio nelle mense di Sant’Egidio, mangiando semplicemente un po’ di pasta al pomodoro in un contenitore di alluminio con posate di plastica, hanno trascorso qualche ora di autentica felicità.
David Nieri