Domenica 9 gennaio 2022
Battesimo del Signore, Conclusione del Tempo Natalizio
EDITORIALE
I SEGNI DEI TEMPI
Con la Domenica dedicata al Battesimo del Signore si conclude il periodo liturgico natalizio la fine del quale è tradizionalmente centrata su tre solennità complementari connesse con la Rivelazione del Cristo come Vero Dio, vero Re e vero Uomo: l’Epifania, il Battesimo del Cristo nel Giordano e le Nozze di Cana di Galilea. Tradizionalmente, il còmputo del tempo natalizio si fondava comunque sui dodici giorni (e quindi, cominciando dalla sera della Vigilia, le Tredici Notti di shakespeariana memoria) ciascuno dei quali dal Natale in poi sino all’Epifania erano compendiosamente considerati d’augurio per ogni mese dell’anno nuovo. Da qui l’attenzione e l’apprensione con le quali si sorvegliava ogni più piccolo evento di quei giorni: un sia pur insignificante litigio, un anche minimo incidente domestico, una minima contrarietà verificatasi in uno di quei giorni era il segno di qualcosa che ci si sarebbe dovuti aspettare nel mese corrispondente.
Questo linguaggio si è andato perdendo. L’albero di Natale – simbolo dell’Arbor Crucis o ricordo del solare e solstiziale Yggdrasil che sia – regge, ma il presepio è in caduta libera nelle nostre case. Quanto alla Befana, la dolce vecchietta un po’ strega si va metabolizzando: negli ultimi tempi ha assunto perfino l’aspetto e le grazie di Monica Bellucci, che resta una magnifica signora anche con i capelli ingrigiti: ma le calzette piene di dolci (e con un pezzetto di minaccioso carbone) sono quasi scomparse dai negozi di dolciumi e anche nelle case non si fanno più. La Befana resta, con un tocco magico e uno sexy; ma l’Epifania, la Rivelazione del Gran Re ai sacerdoti mazdei primitiae gentium va scomparendo dalla nostra memoria. Siamo vittime di un malinconico Alzheimer simbologico, sintomo di ancor peggiori malattie socioculturali o, come di diceva una volta, spirituali.
Sarà un caso: ma, con la secolarizzazione, le uniche due feste più o meno “tradizionali” che sembrano godere ancora di buona salute sono quella residuale delle romane libertates decembris, il Carnevale, e il vecchio Ognissanti, riciclato come Halloween. Curioso che entrambe abbiano assunto un neosignificato che sa di diabolico: il Carnevale è posto sotto il segno della maschera demoniaca di Arlecchino, Halloween è l’antica festa celtica d’autunno sopravvissuta nell’America riformata dove però il culto dei santi, abolito, ha fatto riaffiorare una sorta di necrodulia a sua volta demonizzata. Scherzi dell’acculturazione, o sintomo del fatto che in tempi postmoderni il Sacro sopravvive soltanto come culto connesso in qualche modo col demoniaco?