Domenica 23 gennaio 2022, Santa Emerenziana
EPISTOLARI 2022
UNA LETTERA DI ANDREA FASSÒ…
Caro Franco,
vorrei sottoporti due questioni di tenore molto differente.
1. Emmanuele
In MC 358/2 (26 dicembre 2021) tu affermi che “mancano prove storiche sicure che Gesù sia davvero mai nato, che cioè sia un personaggio storico al pari di Mozart, o di Napoleone, o di Gino Bartali: insomma di un qualunque essere umano la vita e l’identità del quale siano supportate da una documentazione obiettiva e sicura”.
Tu vuoi insistere sul concetto che “la certezza del cristiano è la fede, non una prova storica”. Giustissimo: la fede del cristiano non può essere fatta di dimostrazioni scientifiche; e non basta sapere che è esistito un uomo di nome Gesù, forse crocifisso da Ponzio Pilato.
Tuttavia, dalle mie sempre insufficienti letture avevo ricavato l’idea che sulla storicità di Gesù sussistessero ormai pochi dubbi. Mancano le prove sicure, certo; ma quand’è che una prova di un fatto del passato si può definire sicura? Chi ci garantisce che i nazisti abbiano veramente usato le camere a gas? Faurisson insegna. Chi ci garantisce che san Francesco sia veramente esistito? Che Alessandro Magno abbia veramente compiuto le imprese che noi riteniamo storiche? E se documenti e testimonianze fossero tutti falsi? Quando molti indizi convergono, noi li giudichiamo attendibili; non crediamo che la storia sia soltanto una “narrazione” (ancora un’americanata prontamente importata in Europa). Da Bart Ehrman (Did Jesus Exist?, 2012) al nostro amico Alessandro Barbero, che Gesù sia esistito sono convinti anche storici che non sono propriamente fondamentalisti cattolici.
Comunque sia, mi piace segnalarti, se già non lo conosci, il libretto Gesù è davvero esistito? (Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo 2009), che la dilettante Valentina Alberici (laureata in economia aziendale) ha scritto tre anni prima di Ehrman per rispondere alla domanda di sua figlia di nove anni. Con stile adatto ai bambini (che a volte disturba un po’; forse per i bambini è necessario), ma appoggiandosi su testimonianze, papiri, documenti e con un’ampiezza di informazione che mi è sembrata tutt’altro che disprezzabile, giunge infine alla conclusione che sì, possiamo essere certi che Gesù di Nazareth è una figura storica. Che sia il Messia e il Figlio di Dio, questo rimane ovviamente materia di fede.
Da parte mia, mi permetto di aggiungere una considerazione che non ho trovato altrove. Il Vangelo di Matteo si propone di dimostrare che Gesù è proprio il Messia annunciato dai profeti. In esso ricorre a più riprese la frase del tipo “Allora si adempì ciò che era stato detto dal profeta Geremia» (27,9) o simili. Ebbene, in Matteo 1,23, alla fine del racconto dell’Annunciazione, si dice: “Tutto questo avvenne perché si adempisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: Ecco, la vergine concepirà e partorirà un figlio: a lui si darà il nome di Emmanuele, che significa ‘Dio con noi’”.
La profezia è in Isaia 7,14 (dove per la verità la vergine era una “fanciulla”, una “giovane”; ma i Settanta traducono parthénos, e la stessa parola passa in Matteo; di qui la virgo della Vulgata e la vergine delle traduzioni italiane). E ancora in Isaia 8,8: “Le sue ali distese copriranno / tutta l’estensione della tua terra, Emmanuele”.
Ora, il nome Emmanuele non ritorna più nemmeno una volta nel Vangelo di Matteo, né in tutto il Nuovo Testamento. Perché? Perché al tempo dell’evangelista tutti ricordavano che quel profeta della Galilea, crocifisso da Pilato, si chiamava Jeshua, Gesù; non era possibile attribuirgli un altro nome (ed era di Nazareth, non di Betlemme, come aveva profetizzato Michea 5,1). Dunque la persona di Gesù non è inventata ma reale.
Non è una prova, dirai. No, certo. Ma qualche domanda ce la possiamo porre.
E poi, a quale seguace di quale setta poteva venire in mente di immaginare che il Maestro, il Messia, il Figlio di Dio avesse subìto il più infamante dei supplizi? Anche per i cristiani dei primi secoli non fu tanto facile da accettare (non parliamo dei pagani loro detrattori e nemmeno, secoli più tardi, del Corano [IV 157] che pure riconosce in Gesù un precursore del Profeta). La prima raffigurazione del Crocifisso è, se non sbaglio, del V secolo, scolpita su una porta di Santa Sabina a Roma; vi è ritratto Gesù con le braccia aperte, ma senza la croce: dopo quattro secoli era ancora troppo. Sarebbe come se noi mettessimo sull’altare o sulle tombe una forca da impiccagione (come ho spiegato più d’una volta facendo trasecolare i miei studenti).
Nemmeno questa è una prova. È un ragionamento per assurdo, se vuoi. O, nel nostro gergo di filologi, la segnalazione di una “lectio difficilior”.
2. Se non così, come? E se non ora, quando?
Ho letto e riletto con attenzione il “Parere sull’eticità della partecipazione del personale medico e sperimentatore alla somministrazione del vaccino anti-Covid” emesso dal Comitato Internazionale per l’Etica della Biomedicina (CIEB) e da te pubblicato in MC 358/5 (26 dicembre 2021). Indubbiamente interessante e discretamente argomentato.
Una prima riflessione. Il tanto paventato “progetto totalitario” a che punto è? Che cosa hanno ottenuto in due anni “questi fanatici schiavisti del totalitarismo 2.0” (parole di Francesco Benozzo in una recente intervista)? Ci hanno tenuti a casa per due mesi nella primavera 2020. Ci fanno vaccinare in massa e, poco dopo vaccinati, ci danno il Green Pass che ci permette di andare un po’ dappertutto.
Tutto qui? Risultato deludente, a dir poco. Bottino alquanto magro. In due anni Mussolini, Hitler, Stalin, Mao ottennero risultati molto più brillanti. Come totalitarismo, questo qui è un po’ “tristo” (= scadente), per dirla alla bolognese.
Oltre a ciò, ci sarebbe da riflettere approfonditamente sul “primato dell’essere umano sugli interessi della scienza e della società”. L’essere umano è l’individuo? E se la scienza è un’entità astratta, è un’entità astratta anche la società? No: col dovuto rispetto per Margaret Thatcher, la società non è un agglomerato di individui irrelati, ma un insieme organico di persone umane. (Libertari di tutti i paesi, indignatevi!).
Persone umane che non desiderano e non devono essere contagiate dai malati di Covid.
Persone che – Covid a parte – in gran numero hanno bisogno di cure mediche e chirurgiche (per gravi problemi cardiaci, oncologici ecc.) e se le vedono rinviare perché i malati di Covid affollano gli ospedali.
Persone-studenti che desiderano lezioni in presenza e non a distanza.
E potrei continuare con l’elenco dei danni che i non vaccinati arrecano ad altri esseri umani.
In altre parole: non possiamo guardare il problema da una parte sola, quella del diritto dell’individuo alla libertà. Ogni individuo ha anche un dovere: il dovere di non nuocere. Liberté, ma anche fraternité: non dimentichiamolo.
Hanno ragione, a mio parere, Dario Antiseri e Silvano Tagliagambe: https://blog.rubbettinoeditore.it/new_fattorerre/2021/09/10/cari-intellettuali-ecco-perche-sbagliate-a-diffidare-del-green-pass/
I vaccini attuali sono sperimentali? Certo. Della loro efficacia si dubitava, ma dopo un anno e centinaia di milioni di vaccinazioni (se non è sperimentazione questa…), i dubbi mi paiono ampiamente superati. E di effetti nocivi immediati se ne sono visti pochi.
Ma… sugli effetti a lungo termine non abbiamo certezze. Riprendiamo (in altro senso) le parole di Keynes: “A lungo termine saremo tutti morti”. Che si fa? Aspettiamo dieci anni per sapere se arrecano danni alla salute? E nel frattempo quanti esseri umani si ammaleranno, quanti moriranno? A lungo termine avremo cento milioni di morti.
Ci sono situazioni in cui non è possibile basarsi sulla certezza, ma soltanto sulla probabilità. Sono, per la verità, quasi tutte le situazioni della nostra vita.
Mi limito a un esempio: le cinture di sicurezza in auto. Ci proteggono sempre? No, in alcuni casi ci possono nuocere. La statistica però mostra che nella grande maggioranza dei casi le cinture ci salvano la vita; dunque in base alla probabilità in tutto il mondo sono state rese obbligatorie. E nessuno ha fiatato; tutt’al più qualche furbastro cerca di eludere l’obbligo per essere “più libero” (eh già).
Analogamente, è estremamente probabile che i vaccini anti-Covid riducano di molto i danni; che senza di essi saremmo in una situazione catastrofica.
E anche prescindendo dalla discussione sui princìpi, mi rimane una domanda alla quale finora non ho sentito una risposta. Voi, CIEB; voi, Francesco Benozzo e Luca Marini; voi, Giorgio Agamben, Massimo Cacciari, Ugo Mattei, Carlo Freccero, quale alternativa proponete?
Se non va bene l’obbligo vaccinale, se non va bene il green pass, che cosa bisogna fare? Come affrontare la pandemia da Covid 19? Se foste voi al governo, che cosa fareste? Non per me, per i miei diritti individuali, ma per la società? Per tutti quegli esseri umani individuali che formano la società, che cosa fareste?
… E UNA RISPOSTA DI FRANCO CARDINI
Caro Andrea, ho pochi e deboli argomenti per risponderti.
1. Certo, si può dubitare e si è dubitato di tutto e di tutti. Si è perfino scritto che Napoleone era in realtà un mito solare; e se vai in giro per le scuole medie superiori a interrogare docenti e studenti su chi dichiarò la guerra a chi altro nel 1939, riceverai una messe di convinte risposte secondo le quali fu Hitler a dichiarare la guerra a Francia e Gran Bretagna. Se poi approfondisci e correggi, dopo un istante di perplessità ti sarà risposto che la guerra in quel caso era comunque necessaria. Disinvolto passaggio di campo, giustificato da una cieca fede nell’assoluta, deterministica necessità storica: tutto doveva accadere com’è successo, e che doveva accadere è provato dal fatto che è accaduto. Vaglielo a spiegare, che la necessità s’impianta solo sull’accaduto, mai sull’accadibile. Quanto a Gesù, comunque, io col tuo permesso resto del saggio avviso dei Padri di Nicea del 325, che ne sapevano senza dubbio più di me e forse perfino su di te: per parafrasare Nietzsche, vi è stato detto che una prova storica è superiore a un dogma, ma io vi dico che un buon dogma è superiore a qualunque prova storica.
2. Ex tuo ipso verbo etc. Diciamola dunque tutta e fino in fondo. Tutte queste balle sulla democrazia, la libertà, l’eguaglianza eccetera sono, appunto, balle. Roberto Vacca ce lo aveva spiegato già oltre mezzo secolo fa, nel suo aureo libretto Il medioevo prossimo venturo: i grandi sistemi sono ingovernabili, in qualche modo Orwell è stato buon profeta per quanto abbia smarronato sul còmputo calendariale, all’orizzonte del genere umano ci sono soltanto la tirannia o il caos. Certo, Vacca ed Orwell (e Bradbury) lo dicevano in termini duri, pesanti, drammatici, grossolani forse, comunque volutamente provocatori. Vogliamo dirla in modo più soft, col vecchio Schmitt, e tenendo presenti con un po’ di buon senso gradazioni, articolazioni e limitazioni di vario tipo? Resta il fatto che di un governo, in tempi diciamo così di “ordinaria amministrazione”, non c’è quasi nemmeno bisogno. Avevano ragione Donoso Cortés, Metternich e Bismarck. E aveva ragione Sua Eccellenza Baldasseroni, detto a Firenze Sua Baldanza Eccellenzoni, dotto e buono e simpatico e caritatevole e saggio ministro di Sua Altezza Imperiale e Reale Leopoldo II granduca di Toscana, che Dio lo abbia in gloria: in tempi normali, “il mondo va da sé” e i governi dirigono il traffico, rubacchiano, si pavoneggiano, intrallazzano e distribuiscono auree patacche, smaltate croci di cavaliere, più o meno imbottite poltrone e poltroncine (nonché qualche sèggiola di paglia); poi arrivano i tempi duri, le emergenze, i momenti – così li chiamava appunto Schmitt – “dell’Eccezione”. Un governo è tale se, quando e nella misura in cui sa fare appunto fronte all’Eccezione, magari mettendo a punto tutti quei provvedimenti di carattere preventivo che saggiamente aveva preso durante i tempi normali, che ai governi degni di tale nome servono a questo. Il punto è che l’Eccezione c’è sempre ed è sempre tale, in potentia oppure de facto: ed è Buon Governo quello che domina sempre e comunque l’Eccezione, a livello preventivo o terapeutico che sia. I passati sgoverni italiani hanno sgovernato (da almeno buoni quattro decenni, più o meno) in quanto non hanno saputo essere all’altezza di tale massima. Draghi, che magari ci sgoverna anche lui ma con alle spalle garanti – sia pure “a responsabilità limitata” – quali Fondo Monetario Internazionale, Banca Mondiale, Banca Centrale Europea e talune lobbies sparse (i soliti “seminoti”: cfr. i protocolli di Davos e il volumetto di Cardini-Montesano-Taddei Capire le multinazionali), più o meno gli stessi Padrini dell’Unione Europea, alla fine ha schmittianamente capito che un governo è tale se e quando riesce a dominare l’Eccezione e che governare significa essere in grado di applicare la legge e di punire chi si oppone. Non che ciò sia proprio successo, ma in fondo siamo sulla buona strada. Io, da buon cittadino amante dell’ordine (che peraltro è tale quando è ordine sociale: non quando è ordine per le strade), ho applaudito alle misure di obbligatorietà nella misura in cui sono divenute tali, mantenendo la riserva sulla troppe falle giuridiche e amministrative apertesi nel fragile tessuto dell’obbligatorietà stessa. Per esempio, è necessario che i costi della pandemia (elevatissimi) vengano pagati da tutti, ma che le spese siano distribuite secondo una sana norma progressiva di giustizia distributiva. Una pandemia che si risolva in un allargamento della forbice tra i pochi molto ricchi e i moltissimi troppo poveri, in un paese nel quale ci si è arricchiti sul piano economico-finanziario ma ci si è impoveriti su quello del costo e del mercato del lavoro, dell’insostenibilità della crescita dei costi dei beni e dei servizi essenziali, è una pandemia malissimo gestita. Se per gestire correttamente qualcosa è necessario un tiranno, e altre vie ci sono precluse, ebbene io – come Domenico Giuliotti un secolo fa – auguro all’Italia il peggiore dei tiranni. Ho detto, si badi, il peggiore: non il più coglione. Di aspiranti a tale secondo ruolo ce ne sono stati e ce ne sono tuttora fin troppi.