Minima Cardiniana 363/1

Domenica 30 gennaio 2022
Quarta Domenica del Tempo Ordinario, Santa Martina

EDITORIALE
Vorrei dire un sacco di cose, sull’elezione del “nuovo” (?) Presidente della Repubblica: o meglio, sulla rielezione del vecchio. Ma non mi fido di me stesso. Da una parte mi scappa da ridere; dall’altra mi vergogno del mio paese. Non vorrei strafare e incorrere in vilipendi vari. Comunque, un pugno di parlamentari per la maggior parte screditati o per nulla autorevoli (le eccezioni ci sono sempre: ma poche), dopo non essere riuscito per giorni e giorni a esprimere uno straccio di decente candidatura condivisa, ha finito col pensare a se stesso e a salvarsi la poltrona per il resto della legislatura nonché magari la pensione. Oppure, dopo aver tergiversato un po’ in quanto il gioco sarebbe altrimenti sembrato troppo scoperto, ha optato per il proprio interesse. Il ruolo di Mattarella, che aveva stragiurato di andarsene, francamente è una delle cose poco chiare in questa penosa vicenda. Remaking dell’effetto-Cincinnato? Sacrificio sull’altare dello Spirito di Servizio e del Pubblico Bene? Comunque, una ridicola e miserevole mazurka al di sotto di qualunque commento. Lascio la parola a Marina Montesano, che è più intelligente e meno pietosa di me. FC

MARINA MONTESANO
L’ELEZIONE DEL PRESIDENTE. UNO SPETTACOLO DI SERIE C
Seguita dai media come fosse uno spettacolo, peraltro noioso, si è conclusa ieri l’elezione del Presidente della Repubblica. Oggi ne scrivono tutti, chi con sollievo per l’esito, chi distribuendo pagelle ai protagonisti. Vorrei fare anche io alcune brevissime considerazioni diciamo ‘di contorno’.

A. La prima, di ordine più generale, riguarda l’età dei protagonisti: al plurale, perché quasi lo stesso giorno di Mattarella è stato eletto Presidente della Corte Costituzionale Giuliano Amato, classe 1938, che magari un pensierino all’altra Presidenza pure l’aveva fatto, ma si piglia questa, e non è un cattivo risultato. Non è mia intenzione discriminare in base all’età, e non mi aspetto che queste posizioni siano ricoperte da trentenni e neppure da quarantenni, ma insomma sembra proprio che dopo la Prima Repubblica con i suoi protagonisti ci attenda il baratro. Non ho particolare simpatia, per quanto può contare, per la politica rappresentata da Amato, per esempio, né per la sua gestione dell’economia né per quanto concerne i diritti civili, ma è innegabile almeno la preparazione di giurista. Oggi chi abbiamo? Dove sono i giovani costituzionalisti che animano la scena politica e che possono ambire, in futuro, a quel genere di cariche? La sclerotizzazione dell’Italia, evidente a partire dalla demografia, va di pari passo con il vuoto espresso dalla sua classe dirigente attuale.

B. La seconda considerazione è strettamente legata alla prima, perché il vuoto si è visto all’opera nella gestione dell’intera operazione. Dalla inqualificabile candidatura di Berlusconi, pregiudicato (nel senso letterale di “persona che ha riportato condanne penali”) condannato in terzo grado dalla Corte di Cassazione nel 2013, a tutto lo spettacolo di serie c (o z) che è seguito. Alcuni nomi fra quelli emersi potevano sembrare migliori di altri, ma non è di questo che vorrei parlare: per giorni si sono gettati sul tappeto nomi su nomi con un corollario in contemporanea di votazioni e di commenti pubblici su questi nomi. Prendiamo il caso, che mi pare il più eclatante, di Elisabetta Belloni, funzionaria dello Stato con una bella carriera in diplomazia e oggi alla guida dei servizi segreti. Elisabetta Belloni non si è candidata a Presidente della Repubblica, perché non è questa la procedura; quando ci si candida a qualsiasi carica è normale che il voto ti promuova o ti bocci, ma, senza alcuna richiesta dell’interessata, si è dovuto assistere a un teatro di sì e di no differentemente motivati, spiattellati su tv e giornali, come se si fosse al mercato del pesce a decantare la qualità di ciò che si vende. Ma davvero è questa la procedura? Non è possibile per i vertici dei partiti pensare almeno a una rosa di nomi sui quali esprimersi in una riunione ristretta e da presentare alla votazione, senza questo sputtanamento che lascia attoniti per la superficialità sia verso l’istituzione, sia nei confronti delle persone coinvolte?

C. La terza considerazione riguarda ugualmente i modi, ma non al di fuori del parlamento, bensì al suo interno. Maria Elisabetta Alberti Casellati, della quale abbiamo rischiato l’elezione, presenzia alla sua stessa votazione, sia pure impegnata in una chat telefonica continua, senza sentire la necessità di assentarsi, una pratica normale nel più piccolo e provinciale consiglio di Dipartimento quando si decidono questioni tipo concedere a un collega un mese di congedo per studio: ovvio che glielo concedono, ma il collega ha la buona grazia di uscire cinque minuti, perché non è bello che stia lì. In un consiglio di Dipartimento, non però nel Senato della Repubblica italiana. Di pari passo va la questione dei voti simpaticamente attribuiti a personaggi vari che non saranno eletti. È qui davvero si vede, agghiacciante, il tracollo: i nostri giocosi parlamentari (che, vorrei ricordarlo, non godono soltanto di ottimi stipendi, ma anche di una ricca biblioteca, della possibilità di corsi di lingua, sia mai volessero impiegare gli anni fortunati che stanno vivendo per migliorarsi un po’) scrivono forse Riccardo Muti? Scrivono Giorgio Parisi? Scrivono Carlo Rubbia? No, loro ci mettono Bruno Vespa, Alfonso Signorini e Amadeus. Ora che ce l’abbiamo fatta ad avere un Presidente entro domenica, possono guardarsi in pace Sanremo.