Domenica 20 febbraio 2022, Sant’Eleuterio
COVID: LA POLEMICA CONTINUA
LA RISPOSTA DI ANDREA FASSÒ A FRANCESCO BENOZZO
Caro Francesco,
il nostro carissimo amico Franco Cardini ci invita a uno sforzo. Proviamo.
Anzitutto ti ringrazio per le tue parole di elogio per mio padre – mio primo, grande maestro – e per le tue sincere espressioni di amicizia e stima per me (che ricambio di tutto cuore).
Cercherò di essere un po’ meno veemente e canzonatorio, anche se quando si incontrano eccessi verbali – mi permetti di chiamarli così? – come i tuoi (insomma quelle che i teologi nel loro latino sofisticato chiamano sparate), la tentazione di rispondere a tono è forte; e tu sai che in quanto a ironia e sarcasmo, se mi ci metto, me la cavo abbastanza bene. Ma vedrò di moderarmi. E di praticare l’arte del dubbio: non solo verso gli altri (cosa non difficile), ma anche verso me stesso.
A mo’ di esordio ripeto le due domande che finora non hanno ricevuto risposta.
- Siete disposti tu, Francesco, e i tuoi compagni del CIEB a prendere esplicitamente e rigorosamente le distanze da quella gente sciagurata che pratica violenze, insulti, minacce, espressioni di odio verso chi cura, vaccina, si vaccina…? E anche a prendere le distanze da figure diciamo così non troppo raccomandabili come Trump, Bolsonaro, Orbán e in generale l’estrema destra di ogni paese (AfD in Germania, estrema destra in Canada, Le Pen in Francia…)? Non vi gioverebbe certo essere confusi con loro. Possibile che sia sempre l’estrema destra a invocare “libertà, libertà”? Sì, lo so, c’è anche qualche benintenzionato a sinistra, qua e là: filosofi veri o che tali si considerano, giuristi alla Ugo Mattei… Ma dalla massa di quegli altri allontanatevi, vi prego: vi può solo giovare. Già mesi fa vi ho scritto “attenzione ai compagni di strada”; ma allora alludevo agli ominicchi negligenti e ignavi. Ve lo ripeto adesso con riferimento a gente ben più pericolosa.
- (e più importante; e non mi stancherò di ripeterlo) Se foste voi al governo, che cosa fareste? Che cosa avreste fatto da due anni in qua?
E veniamo all’arte del dubbio (ma tra parentesi, Francesco, Rai 3 cosa c’entra? Io mica la guardo. Né guardo Rai 1 o Rai 2; men che mai Mediaset).
All’inizio (febbraio-marzo 2020) ho ascoltato le notizie che arrivavano; ho provato pena per i morti del Lodigiano e della Bergamasca; ho cercato di essere estremamente prudente. E quando è scattato il lockdown (9 marzo – 3 maggio 2020, se ben ricordo), l’ho osservato scrupolosamente. Per due mesi, per passeggiare un po’, ho fatto ogni tanto venti giri della mia casa (che per fortuna è provvista di un piccolo giardino). Ho portato la mascherina, ho osservato i distanziamenti; lo faccio ancora anche adesso che sono trivaccinato.
Non ho parlato di “finta pandemia”: se le bare di Alzano e di Bergamo non erano finte (come ha proclamato qualche buontempone a corto di umorismo), la pandemia c’era davvero. E infatti anche tu da un certo momento in poi hai evitato simili espressioni.
I miei dubbi, se c’erano, all’inizio erano molto vaghi. Però a forza di sentir parlare di pangolini, di pipistrelli, di maiali e (ma certo) anche di laboratori situati in quel di Wuhan, qualche sospetto ha cominciato a nascere anche in me. Senza, beninteso, abbassare la guardia: il contagio c’era e stava saturando gli ospedali, producendo fin da allora quell’effetto collaterale – a tutt’oggi non ancora esaurito – che è stato l’annullamento, il ritardo, il rinvio delle cure per chi soffriva di malattie come tumore, cardiopatia, e così via. Due miei amici, che sono stati in terapia intensiva, ricordano quei giorni come i peggiori della loro vita; un altro amico a me molto caro non mi ha raccontato niente perché è morto, non oso pensare in mezzo a quali sofferenze.
Tuttavia sull’origine della pandemia i miei dubbi sono cresciuti. Già, per i nostri giornali, la colpa era sempre della Cina: mercati di animali vivi o laboratori, tutto nasceva a Wuhan. E qualche sospetto ha cominciato a sorgermi. Anch’io, come sai, non disdegno il complottismo e la dietrologia. Sono figlio di Piazza Fontana (avevo 24 anni allora); e anche sull’assassinio di Moro e sull’attentato alle Torri Gemelle le “verità” ufficiali mi sono sempre sembrate – per usare un eufemismo – più che zoppicanti.
Mio padre – che non voleva credere al “complotto” riguardo a Piazza Fontana e voleva convincersi della colpevolezza degli anarchici – mi andava ripetendo: “Di casi Dreyfus ce n’è stato uno solo”. E invece no: il caso Dreyfus è stato esemplare, e di tanto in tanto la faccenda si ripete.
E sei stato proprio tu, il complottista per eccellenza, a fornirmi un dato fondamentale, che forse non tutti i lettori di questo blog conoscono. Nelle tue Memorie di un filologo complottista (Lucca, La Vela, 2021), pp. 21-32, riproduci un vademecum elaborato dalla Commissione europea e dall’UNESCO per contrastare le teorie del complotto circa il covid. Il vademecum mescola argomentazioni apparentemente sensate ad altre poco motivate; e a intervalli regolari ripete perentoriamente: “Blocca la diffusione della teoria”. Altrettanto perentoriamente afferma (p. 24): “Ricorda: nessuno è responsabile della creazione del virus”. Ma come fanno a saperlo? Il suono inequivocabile è quello di una excusatio non petita. Chi è allora l’oggetto di questa accusatio manifesta? A p. 26 troviamo:
“A cosa fare attenzione
Un linguaggio palesemente offensivo e sprezzante.
Un linguaggio antisemita implicito e codificato (ad es., “élite della East Coast” negli Stati Uniti)”.
Un esempio tratto – chi mai se lo sarebbe immaginato? – dalla società americana e comprensibile soltanto a chi ne fa parte.
Non sono stati capaci nemmeno di adattare il testo e di trovare un qualche altro esempio che dicesse qualcosa agli europei e non solo agli americani.
Qui ho cominciato a sentire odore di guerra fra Cina e USA. Niente di nuovo: tutti sanno che fra Usa e Cina (più Russia, Iran ecc.) è da tempo in atto una guerra strisciante, con l’Europa che di guerra non ha nessuna voglia ma che non riesce a svincolarsi dal vassallaggio nei confronti di USA e NATO. L’attuale crisi ucraina – che sembra fatta apposta per far male all’Europa – ne è una conferma.
[DIGRESSIONE. Del resto, che gli USA cerchino in tutti i modi di conservare quell’egemonia mondiale che si sentono sfuggire di mano, lo provano vari documenti, come quelli prodotti dal PNAC (Project for a New American Century, sul quale Wikipedia fornisce qualche ragguaglio) verso la fine del XX secolo. Questo, per esempio (del 2000): http://www.kelebekler.com/occ/pnac.pdf
nel quale, se leggete attentamente, troverete menzionata due volte l’eventualità di una nuova Pearl Harbor. E il caso – o chi per lui – ha voluto che un anno dopo l’eventualità si realizzasse l’11 settembre 2001. Quando si dice la coincidenza!]
E allora, siamo sicuri che il Covid sia nato a Wuhan? Così non sembrerebbe, stando all’Antidiplomatico (5 giugno 2021): https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-trump_fort_detrick_e-il_covid19/82_41679/
Sempre con l’arte del dubbio, per carità. Dalle certezze siamo ancora lontani. Ma che non ce la contino giusta, se non è una certezza ci assomiglia parecchio.
Da parte tua, Francesco, preferisci pensare a un complotto internazionale ordito allo scopo di soggiogarci tutti quanti. Ma ordito da chi? Per soggiogare chi? Ordito da entità planetarie per soggiogare il mondo intero? E quali sarebbero? USA, Cina e Russia sarebbero complici in questo complotto? O succubi di poteri ancora più vasti e occulti? Bill Gates, Big Pharma, George Soros e simili? E tutti, Cina compresa, starebbero a questo gioco?
Io comincio a pensare – venendoti incontro, perché qualcosa di vero mi sa che c’è – che progetti di guerra contro la Cina (e Russia ecc.) e progetti di soggiogamento dell’Occidente (perché non mi pare che Russia e Cina si lascino tanto soggiogare da questa faccenda del covid) siano due aspetti dello stesso progetto. Contro la Cina i sottomarini nucleari (forniti all’Australia), la guerra biologica e tutto il resto; per il “mondo libero” invece un processo molto più soft di – come dire? – spianamento, annullamento progressivo e spegnimento delle coscienze e dello spirito critico. Qui sì ti seguo, rimarcando però che il progetto-covid non sarebbe allora nient’altro che la prosecuzione di un processo che va avanti almeno dalla metà degli anni Settanta e che per il momento riassumo in una sola parola: discoteche.
Ma di questo dirò più avanti. Per ora osservo che, complotto o no (complotto sì!), da due anni la pandemia c’è davvero, dilaga, contagia, uccide, riempie gli ospedali impedendo agli altri malati di curarsi ecc. Lascia pure che le cifre ufficiali siano gonfiate; come ho già detto un’altra volta, dividiamole per metà o anche per quattro; ma il covid c’è davvero. E se qualche fortunato come te se lo becca in forma lieve e si può permettere di parlarne (more solito) con disinvoltura e spavalderia, a molti altri non va altrettanto liscia.
A quali rimedi si può ricorrere? Inutile girarci intorno: i vaccini.
Alle mie osservazioni tu rispondi:
“anche a tuo parere di sperimentazione di massa si tratta, per quanto gli individui che vi si sottopongono non vengano pagati per farla volontariamente, come accade per ogni vera sperimentazione, ma siano anzi affamati dallo Stato – che li inganna fingendo che non lo sia – o costretti a subirla per imposizione; e che si tratti di una sperimentazione è confermato anche dal fatto che i trial clinici di questi trattamenti genici scadranno, a seconda dei casi, tra l’ottobre 2023 e il luglio 2024)”.
Confesso di non capire il termine “affamati” (sarà un refuso? o una delle tue solite parole altisonanti?). Ma la sostanza è un’altra. Se aspettiamo il 2023-2024 per far scadere i trial clinici, nel frattempo che cosa accade? In che modo cercheremo di arginare la pandemia? Quanti morti avremo? Il diritto forse sarebbe rispettato; ma summum ius summa iniuria.
E, per restare nel latino dei nostri vecchi, vedo che tu tendi al fiat iustitia, pereat mundus. Io, seguendo modestamente Hegel, preferisco fiat iustitia ne pereat mundus.
È per questo che vado chiedendo – per ora invano – a te, a Luca Marini e al CIEB tutto intero: Se foste voi al governo, cosa fareste?
La vaccinazione è stata accelerata (e non solo in Italia, bada bene, ma in tutto il mondo) senza aspettare che scadessero i trial clinici? Certo, ci si è fondati – e scusami se una volta di più mi ripeto – sulla probabilità (che già era stata riscontrata) che i vaccini fossero efficaci e innocui. Di fatto, certo, si è attuata una sperimentazione di massa (ma non partendo da zero, sia chiaro: le ricerche avevano ben dato dei risultati). Mi ci sono sottoposto anch’io, il 7 aprile, il 23 giugno e il 5 dicembre 2021, sapendo di essere almeno un po’ (non al 100%) una cavia; sapendo di correre qualche minimo rischio ma sapendo anche che, come mi disse il medico, “è più rischioso non farlo”. Al pari dei governi europei (non solo di quello italiano, del quale tu e Marini parlate come se fosse un caso unico) ho applicato il vecchio adagio Chi non risica non rosica. Ho risicato e ho rosicato; e non solo per il mio interesse, ma anche per quello degli altri, che a mio modesto parere esistono. E anche i governi, a quanto pare, hanno risicato; specialmente quei “fanatici schiavisti del totalitarismo 2.0” (così tu in una recente intervista; ma risparmiamoci, ti prego, il 2.0; non mettiamoci a parlare come gli americani e Beppe Grillo) del governo italiano, che hanno ottenuto una drastica diminuzione dei ricoveri e delle morti (i non vaccinati continuano a andare in terapia intensiva e a morire, confermando a contrario che il vaccino a qualcosa serve).
Se non avessero risicato, che cosa sarebbe successo? Quanti morti, quante bare? Quanti danni permanenti a polmoni e ad altri organi? In attesa, certo, che scadessero i trial clinici. Tutto a posto, in quel caso; nessuna forzatura: il diritto e i protocolli sarebbero stati salvi.
Per questa ragione ho salutato con favore l’introduzione del Green pass e l’ho utilizzato immediatamente. Non mi sono attardato nelle sottigliezze alla Cacciari o alla Barbero sull’“ipocrisia” di un governo che impone un obbligo vaccinale mascherato senza volerlo dichiarare. Lo capiva anche un bambino che l’obbligo sarebbe arrivato un po’ alla volta, e infatti sta arrivando. Chi ha anche un minimo di esperienza di governo (io sono arrivato a essere segretario di una sezione di partito e presidente di due corsi di laurea: pensa un po’ te!) sa che si arriva fin dove si può e la lana caprina la si mette in un cantone.
Sarà pure “liberticida” questo dannato Green pass; ma protegge la salute di tutti. Mi ripeterò ancora una volta: non c’è solo il diritto del singolo; ci sono i doveri verso gli altri. Se entro in una trattoria dove a tutti controllano il Green pass (e tengono i tavoli distanziati), io mi sento più sicuro, e gli altri anche. Male che vada, trivaccinati come siamo, potremo prenderci un covid blando; ma non finiremo in terapia intensiva né al cimitero.
Queste cose ce le siamo già dette da tempo. Vorrei invece venire direttamente al tuo caso. Come immaginavo (l’avevo previsto due giorni prima, parlando con un nostro comune amico), anche dopo aver raggiunto l’immunità grazie al leggero covid che ti sei preso, hai rifiutato fieramente il Green pass in nome del principio di libertà. Da qualche parte ti sei anche paragonato ai 12 professori (su 1200 circa) che nel 1931 rifiutarono di giurare per il fascismo (mentre questa volta, oh vergogna!, solo 2 su 70.000) Va be’, si parva licet componere magnis…
Però un po’ di senso delle proporzioni non guasterebbe.
Ma il punto è un altro. Il gesto del ribelle isolato, a cercar la bella morte, sarà eroico ed esemplare; ma serve così così. Se ricordi i professori del 1931, ricorderai anche che (a parte coloro che giurarono per necessità vitale o per opportunismo) non furono pochi quelli che seguirono il consiglio degli insospettabili Benedetto Croce e Palmiro Togliatti: accettate, giurate, rimanete al vostro posto e non lasciate l’Università in mano ai soli fascisti; allevate dei giovani consapevoli. E così fu: di lì a pochi anni si formò la famosa generazione dei Littoriali, dove troviamo non solo Giorgio Almirante ma anche i più bei nomi dei futuri intellettuali antifascisti, da Pietro Ingrao a Aldo Moro a tanti altri (fra i quali un tal Guido Fassò del quale forse hai sentito parlare, e che ebbe fra i suoi maestri – rimasti al loro posto – Rodolfo Mondolfo, tanto per dirne uno).
Se tu accettassi il Green pass (senza nemmeno ohibò fare questo tenebroso vaccino) e tornassi al lavoro, non soltanto riavresti lo stipendio (che è sempre meglio che un pugno in un occhio), ma potresti come si suol dire combattere la tua battaglia “dall’interno”. Battaglia che, come hai capito, io non condivido del tutto ma in parte sì. E ci sarebbe anche modo di confrontarsi meglio e di capire meglio, se c’è, l’intreccio guerra-progetto di soggiogamento; di capire in modo meno vago e generico in che cosa consiste questo complotto oscuro (che, sono d’accordo, lo ripeto, c’è; ma non ne conosciamo ancora i contorni).
Ci sarebbe modo di parlarne con i colleghi e soprattutto con gli studenti, che hanno bisogno di insegnanti come te e non di chi ti sostituisce alla meno peggio con esiti a cui preferisco non pensare. In un confronto faccia a faccia, non solo a distanza, ci sarebbe la possibilità di capirsi meglio, di modificare poco o tanto le proprie idee – come anch’io sto cercando di fare in questo momento –, di ottenere nuove informazioni… insomma si potrebbe parlare davvero, come ormai non facciamo più da troppo tempo, e non solo tu e io.
E se magari si riuscisse a venir fuori da questa diatriba monotematica; se vaccini e Green pass cessassero di catturare in modo esclusivo la nostra attenzione e ricominciassimo a ricordarci, che so, delle scandalose disuguaglianze fra ricchi e poveri, del cambiamento climatico (c’è poco da snobbare, Francesco mio: c’è davvero ed è grave), della sovrappopolazione mondiale che rischia di vanificare qualunque sia pur nobile sforzo (ma è un argomento tabù per i benpensanti di ogni colore; l’unico che lo abbia ripetutamente elencato fra i problemi più urgenti dell’umanità è stato, a mia conoscenza, quel grande spirito libero di Hans Küng, che invano la restaurazione pontificia cercò di mettere a tacere), se insomma riuscissimo a recuperare un minimo di normalità anche nelle nostre discussioni, già questo sarebbe un bel risultato.
Come hai già capito, io al sospetto di un progetto totalitario – o come lo si voglia chiamare – mi ci sto avvicinando. Ma, a costo di ripetermi, voglio ribadire che:
1. Non può trattarsi, a mio parere, di un complotto generico e planetario gestito da entità sconosciute. Insomma, chi è l’Oscuro Signore di Mordor?
Se anche la pandemia ora si allentasse, se si potesse tornare a una parvenza di normalità, nemmeno io mi sentirei del tutto tranquillo. Come mi è stato suggerito da una “fonte ben informata”, potrebbe essere attuata la “strategia della pentola a pressione”: chiudere tutto per un po’ (tipo primavera 2020), poi sfiatare e lasciare un po’ di respiro (e di illusione), poi tornare da capo in un modo o nell’altro. Oppure, dopo questa pandemia ne potrebbe venir fuori una nuova: chi lo sa? In ogni caso, non serve a nulla negare, gridare al vento isolatamente, e nemmeno far finta che non ci sia. Bisogna attrezzarsi, organizzarsi, e ora come ora io non so dire come. Per il momento, e con tutte le riserve del caso, posso dire che mi sembra che i vaccini funzionino. Legalmente o no, sperimentalmente o no, conformemente o no alle norme e direttive delle più varie istituzioni, in stato d’emergenza o stato d’eccezione, i morti calano (salvo i non vaccinati, ça va sans dire) e le terapie intensive pure. E gli ospedali cominciano a riacquistare una parvenza di normalità. Visite e cure ai malati di cancro, ai cardiopatici, ai diabetici forse non verranno più rimandate alle calende greche.
Per due cose intanto varrebbe la pena di battersi: a) per abolire i brevetti sui vaccini (le case farmaceutiche hanno già accumulato profitti scandalosi; si accontentino!); b) per sdoganare i vaccini che per ragioni politiche o per interessi economici inconfessabili sono stati bloccati: l’italiano ReiThera, il russo Sputnik… C’era perfino un vaccino cubano, del quale nessuno parla più; per quello che può valere, segnalo intanto questo link: https://www.ilfattoquotidiano.it/2021/12/10/vaccini-cuba-sotto-embargo-produce-quelli-proteici-e-ha-quasi-azzerato-i-morti-in-due-mesi-volontari-italiani-a-lavana-per-farli-studiare/6417886/
C’è ancora questo vaccino cubano? O Cuba (che aveva mandato medici a Crema, vi ricordate?), come la Russia, è uno “Stato-canaglia” da boicottare a tutti i costi? (ma delle canaglie che hanno aggredito l’Iraq e tengono aperta Guantánamo, di quelle ci possiamo fidare?).
2. L’ho già scritto e, a costo di ripetermi, lo scrivo ancora: un lento e soft progetto totalitario è già in atto da tempo.
Ritratto le mie ironie sul totalitarismo che in due anni ottiene risultati così magri in confronto al fascismo, allo stalinismo ecc. Ho sbagliato. Qui il gioco è meno esplicito e dichiarato ma c’è. Si vuole andare verso quella “chiusura dell’universo di azione e di discorso” che Herbert Marcuse denunciava già nel 1964 (One-Dimensional Man, ‘L’uomo a una dimensione’). Si vuole creare un appiattimento e un annullamento progressivo delle coscienze e dello spirito critico. Era questo uno dei bersagli principali contro cui si batteva la parte migliore del movimento del ’68. Ma il ’68 ha perso anche là dove (messe da parte le utopie e le fumisterie) avrebbe potuto ottenere qualcosa. E intanto a metà degli anni Settanta sono arrivate le discoteche: strumento perfetto di rimbecillimento, di divertimento inteso come stordimento, come “sballo”; e hanno conquistato il mondo intero. Basta guardare in che stato si sveglia un ragazzo la domenica mattina. Pensando che per due anni sono rimaste chiuse vien quasi da dire Non tutto il Covid vien per nuocere; ma ahinoi non è così semplice.
Subito dopo è arrivata l’ondata restauratrice, capitanata dal trio Reagan-Thatcher- ***… (lascio in bianco il terzo nome per non impelagarmi in ulteriori diatribe con amici che mi sono troppo cari). In economia, liberismo sfrenato; nella società, sparizione di ogni ideale (dileggiato quando osava manifestarsi), dibattito, trasmissione televisiva di qualità; brusca svalutazione dello studio e della scuola, a vantaggio di “attività extrascolastiche” considerate primarie e irrinunciabili; drastico abbassamento del livello degli studenti e, a seguire, dell’insegnamento stesso (chi in quegli anni insegnava ha toccato con mano quel vero e proprio crollo), esaltazione dell’immagine a discapito della sostanza, dell’apparire a discapito dell’essere (da allora la modella – il mestiere più stupido del mondo – è diventata il personaggio più applaudito e più esaltato dai media); il divertimento e il consumo come scopo del vivere; la distinzione fra bene e male rimpiazzata da quella fra utile e svantaggioso (qualcuno ricorda il film L’esca [L’appât] di Bertrand Tavernier, 1995 ?), fra “vincenti” e “perdenti”. Ancora stamattina, 19 febbraio, percorrendo una strada della Romagna (SP 610), mi sono imbattuto in goffi cartelli che con le migliori intenzioni invitano a non correre troppo: “La velocità uccide la vittoria”; “La velocità uccide il successo”. Questa è l’aria che respiriamo.
In sintesi, e come conseguenza di tutto ciò, l’impoverimento della cultura, la perdita dei valori e la sparizione dello spirito critico.
3. E intanto il mondo si fa sempre più orwelliano. Hai voglia, Franco, a dire che Orwell ha smarronato. Me lo ricordo bene 1984, e adesso per sicurezza me lo sto rileggendo. Non solo siamo sorvegliati e indagati in ogni nostro movimento (l’altro ieri sono andato dal medico e in 3 km di andata e ritorno non so quante telecamere mi hanno filmato), parola, pensiero. Siamo anche sottoposti all’oblio del passato (come mai si studia sempre di meno la storia, o altre materie che equivalgono alla storia, come la letteratura antica o il latino?); si elimina tutto ciò che non è politicamente corretto (quindi tendenzialmente tutto: Shakespeare perché misogino e antisemita, Boccaccio perché Griselda non ha dignità femminile, Dante… non ne parliamo nemmeno), si abbattono i monumenti dei “cattivi” (Lee, Cristoforo Colombo…) e così via: alla fine resterà soltanto ciò che è buono e corretto, ossia ciò che tale pare a noi (ai “migliori” di noi) in questo momento. Stiamo creando anche la neolingua: non più tutti, ma tutti e tutte, o tutti/e, o tutt*, o tuttǝ (anche lo schwa! studiassero un po’ di linguistica!), e non mi dilungo in esempi che tutti conosciamo.
Quindi, certo, il nostro mondo non è esattamente quello immaginato da Orwell (era uno scrittore, mica un indovino); ma certi tratti li ha intuiti, e non so se pensando a nazismo, stalinismo o liberalcapitalismo o a tutti insieme. Del resto era stato preceduto da quello che si può considerare il suo maestro, Aldous Huxley, il cui Brave New World (‘Mondo Nuovo’) è del 1932, curiosamente quasi contemporaneo dei film À nous la liberté di René Clair (1931) e Modern Times (‘Tempi moderni’) di Charlie Chaplin (1936). Già negli anni Trenta, dunque, si sentiva distintamente la puzza di bruciato.
Se è così, che fare? Come opporsi a questa tendenza che pare inarrestabile? Non lo so. Ma di questo, secondo me, bisogna cominciare a occuparsi seriamente.
E per il momento, carissimo Francesco, rinnovo ancora una volta a te e all’intero CIEB il quesito:
Se foste al governo, che cosa fareste?
Fraternamente e indefettibilmente tuo
Andrea
Bologna, 19 febbraio 2022