Domenica 27 marzo 2022, IV Domenica di Quaresima
EDITORIALE
FINALMENTE LA GUERRA!…
Editoriale telegrafico, quale si addice a un tempo di guerra. Amerei assumere anche uno stile sallustiano-cesariano, ma non ci riesco. Accontentatevi.
Bruxelles: splendida città, meraviglioso Hotel de Ville tardogotico, birra eccellente, cioccolato finissimo. Popolazione piuttosto simpatica, per quanto i francesi giurino che tutti i belgi sono stupidi. Una bellissima regina per quanto ormai abbia i suoi anni, Sua Maestà Paola nata Ruffo di Calabria e fiorentinissima.
Summit di Bruxelles. Finalmente una parola chiara su quel che sta succedendo. Era l’ora. Non che il presidente Biden sia stato limpido nel suo eloquio ed esplicito nelle sue intenzioni: troppo sarebbe il chiederlo. L’essenziale però lo ha detto. E ha parlato da capo del postmoderno “impero” della NATO, che toglie sovranità a tutti i paesi aderenti meno quello del suo capo supremo (per statuto un generale statunitense, quindi fedele come giusto a Washington) per accentrarla sul fatale trinomio decisionale Casa Bianca-Campidoglio-Pentagono. Il Palatino dell’Occidente.
Perché di Occidente ormai si tratta. “Occidente unito come mai prima d’ora dopo la fondazione della NATO”, cioè dopo l’inizio della “guerra fredda”. Ma sarà davvero “fredda”, o quanto meno “tiepida”, la guerra testé iniziata?
Non lo sappiamo. Lo scopriremo vivendo, diceva il vecchio Lucio Battisti. O almeno sopravvivendo, chi di noi ce la farà.
L’Occidente è unito e compatto. È un megacontinente nordamericano-europeo che attraversa, fagocita e simbolicamente annulla l’Oceano Atlantico: è un’Ameuropa da San Francisco e Vancouver fino a Kiev e da Oslo fino ad Atene, con un’estroflessione che giunge magari ad Ankara e al Cairo. Dall’altra parte non c’è nemmeno una possibile Eurasia, in quanto tutta la Russia (anche la parte detta “Europea”, quella del Volga che nasce in Europa) è stata regalata all’Asia. Pietro I e la grande Caterina hanno visto azzerare il loro titanico sforzo di occidentalizzazione che tra Sei e Settecento portò l’impero zarista in Europa: quell’Europa che poi, secondo le basi del nuovo mondo definite a Yalta da Roosevelt e Stalin, sarebbe stata azzerata per sempre e sostituita da una parte del continente, quella occidentale, denominata “Mondo libero” e una orientale, denominata “Mondo socialista”. Invano de Gaulle negli Anni Sessanta, invano Gorbaciov trent’anni dopo, avevano evocato la “Casa europea” comune a Europa e Russia. La nuova “Casa europea” è un mostriciattolo economicamente e finanziariamente gigantesco ma politicamente minuscolo e culturalmente nanerottolesco che si chiama Unione Europea, aderisce alla NATO e preferisce ormai denominarsi con franchezza Occidente.
E la NATO-Occidente è in guerra con la Russia. Gli ucraini, i poveri generosi e coraggiosi ucraini, non c’entrano quasi più. Al punto che il leader della loro democrazia (una democrazia che scioglie i partiti d’opposizione e che imprigiona, ammazza o riduce al silenzio gli oppositori interni per poter poi sostenere che non ne esistono) ha dichiarato che, senza l’aiuto degli occidentali, l’Ucraina sarebbe in balia delle forze armate russe. La guerra quindi, pur facendo strage di ucraini, non è fra la Russia e l’Ucraina bensì fra la Russia e la NATO, ed è la NATO ad averla avviata senza dichiararla almeno dal 2008, al più tardi dal 2014: e il discorso di Putin del 24 febbraio scorso non ha affatto iniziato alcuna guerra, perché la guerra c’era già. Leggetevi bene qui l’intervista al generale Li Gobbi, che da buon militare (vale a dire da militare serio) conferma l’analisi del generale Mini e le fornisce il supporto di nuove considerazioni. Bravi, generali. Perché la guerra è una cosa troppo seria per lasciarla fare ai politici. E meno ancora ai diplomatici; e menissimo ancora ai pizzaioli travestiti da ministri degli Esteri.
Dunque, l’Occidente è in guerra e la guerra è nel cuore dell’Europa. La combatteremo – proclama Biden in uno sprazzo di lucidità fonetica: e i suoi governatori europei plaudono, compresa la governatrice von der Leyen con i suoi abitini color pastello e il governatore Draghi col suo eterno mezzo sorriso. Una guerra che chi l’ha dichiarata, il presidente USA e il segretario generale della NATO, sembra ben deciso a combattere ormai con ogni mezzo fino all’ultimo ucraino e magari fino all’ultimo europeo. Perché in caso di allargamento planetario del conflitto missili e bombe russe, prima di arrivare sul New England o sulla California, colpirebbero Sicilia, Veneto, Toscana e Sardegna. Intanto, da Bruxelles ci giunge la lieta notizia che gli americani sono riusciti a rifilarci la loro ennesima fregatura, il loro mediocre gas liquefatto che giungerà in Europa tramite navi-cisterna a carissimo prezzo al posto dell’eccellente gas russo, a buon prezzo, che non ci arriverà più grazie alle sanzioni volute da USA-NATO direttamente contro la Russia e indirettamente contro l’Europa: i dirigenti dei “paesi legali” d’Europa (i loro governi, i loro parlamenti, i loro partiti politici, i loro media) approdano ed applaudono. I cittadini componenti i “paesi reali” tacciono, quelli di loro che si provano a parlare ad alta voce vengono ridicolizzati o silenziati nel distratto e/o disinformato-intimidito generale disinteresse. Chapeau alla signora Berlinguer, che quanto meno ha protestato contro la “democratura” vigente a causa del trattamento riservato al collega Orsini, reo di aver educatamente espresso un parere diffusamente condiviso da molte casalinghe di Voghera e anche da qualche maestro di Vigevano. E vergogna sul partito politico che esplicitamente ne ha censurato le dichiarazioni, nonostante si sapesse bene fino a che punto essa gli era vicino. Sed amicus Paganus senator, magis amica Veritas.
Comunque, il crescente parere di un numero sempre maggiore di cittadini che non si riconosce nelle posizioni ufficiali della stragrande maggioranza dei partiti politici rappresentati in parlamento e degli organi mediatici è sistematicamente (e con un disagio che sempre più tracima verso l’isteria) contestato e corretto da fin troppo allineati, pagatissimi opinion makers di destra e di sinistra e da un bel gruppetto di giovani azzimati professori e giovani ravvivate professoresse in carriera (abitini con camicie stirate e cravatte intonate i primi, di solito giovani e carine le seconde) presentati e presentate come esperti ed esperte con tanto di accreditamento presso università spesso mai menzionati prima e presso importanti istituti di ricerca dei quali spesso non c’è ombra dei nostri annali accademici.
Insomma, diciamocelo. Oggi a Bruxelles si sono celebrate le ufficiali e definitive esequie di quel che molti di noi sognavano: un’Europa unita anche istituzionalmente e dignitosamente disposta a rivendicare a se stessa un ruolo storico di cerniera libera, indipendente e sovrana tra Oriente e Occidente, equidistante dai blocchi e mediatrice ideale. Gli organi e le forze che ci governano, per quanto sia discutibile che ce ne abbiano mai chiesto delega e che noi gliel’abbiamo concessa, hanno deciso per l’infeudamento definitivo e l’inglobamento (almeno per ora) irreversibile dell’Europa nell’Occidente. La nefasta logica di Yalta resta intatta, in un mondo molto mutato e con prospettive geopolitiche del tutto stravolte. Non siamo “tornati indietro di tre quarti di secolo”, come qualcuno sostiene: perché la storia non torna mai indietro. Siamo andati tre quarti di secolo avanti: sulla via del baratro. Ora il problema è: quanto continueremo a scivolare prima di precipitare nel baratro?
A questo punto è ora la notte. Continuiamo così, continuiamo a farci del male. Sed quousquetandem?
FC