Domenica 27 marzo 2022, IV Domenica di Quaresima
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Ragguaglio telegrafico: com’è giusto in tempo di guerra.
Consigliabilissima la lettura dell’esplicita denunzia di Michele Dell’Agli e di Francesco Lamberti, Il peacekeeping: fine di un (falso) mito, Milano, Giuffrè Francis Lefebvre, 2021, pp. XVII-350, euri 38, modello di weberiano disincanto della deriva da un sistema di garanzie formali della pace nel mondo a una forma allarmante di nihilismo giuridico, che nasconde un “metodo” di eterodirezione occulta d’una “follìa” internazionale.
Mara Morini, docente politologa e russologa, c’informa lucidamente in questo La Russia di Putin (Bologna, il Mulino, 2020, pp. 215, euri 14) di una situazione fino a ieri di grande attualità: un paese “diverso ma non troppo”, autoritario sì ma fino a un certo punto, non meritevole nel suo insieme dell’epiteto di “democratura”, protagonista di una cyber war contro gli USA e costruttore di fake news che tali sono in fondo fino a un certo punto e solo per contrastare le fake news altrui. Solo che questo utilissimo quadro è ormai “datato” a due-tre anni fa: un biennio-triennio decisivo. Alla brava collega Morini e al non meno bravo editore bolognese chiediamo lo sforzo di una sollecita nuova edizione riveduta, corretta e aggiornata.
Eugenio Di Rienzo, con Il conflitto russo-ucraino. Geopolitica del nuovo dis(ordine) mondiale, Soveria Mannelli, 2015, pp. 104, euri 10, ci aveva già spiegato sette anni fa che cosa stava accadendo, anzi cominciando a succedere. Quadro limpido, lucidissimo e inascoltato. Tutti hanno cacciato struzzescamente la testa sottoterra salvo poi, con tartarinesco conformismo, accusare Putin e al Russia di avere “scatenato” un conflitto iniziato in realtà nel 2014 a causa di responsabilità superficialmente e apparentemente ucraine, sostanzialmente attribuibili al blocco USA-NATO che vede inclusa a livello subordinato l’Europa. Anche dall’amico Di Rienzo ci aspettiamo entro pochi mesi una nuova edizione aggiornata, sempre ch’egli voglia mantenere il vecchio titolo e non aggiornarlo, ohimè, apponendovi il triste veridico titolo Il conflitto russo-occidentale.
Dulcis in fundo, cioè in cauda venenum: o forse meglio ancora farmakon, perché in giusta dose si tratterebbe di un medicinale. Luciano Canfora, in La democrazia dei signori (Roma-Bari, Laterza, 2022, pp. 74, euri 12 arcibenissimo spesi), si chiede – citiamo dallo “strillo” – in “quarta di copertina” – “Come è potuto avvenire che il potere legislativo passasse di fatto nelle mani dell’esecutivo riducendo le funzioni delle assemblee elettive a meri compiti di ratifica? E soprattutto. Un assetto politico resta ‘democratico’ anche quando il ‘demo’ se n’è andato? O si trasforma in una democrazia dei signori?”. Bella domanda. Tecnicamente, una “democrazia dei signori” si dovrebbe definire “aristocrazia”, ma non è certo quella che da noi si è verificata. A giudicare da certi livelli d’incoltura, di disinformazione e di maleducazione ormai diffusa tra politici e “operatori dei media, si dovrebbe forse parlare, ellenicamente, di “governo dei peggiori”, che in greco si definirebbe kakokrateia, con espressione che però italianizzata fa purtroppo ridere. Purtroppo, perché rende l’idea. Canfora però è troppo educato, misurato e composto per utilizzare un’espressione del genere, così esposta a maleolenti equivoci.