Minima Cardiniana 373/2

Domenica 10 aprile 2022
Domenica degli Ulivi (o, secondo la latitudine, delle Palme)

EDITORIALE
ZA DETEI
Za Detei: “Per i bambini”. Una scritta agghiacciante nel suo macabro umorismo. Chi abbia sparato sui 4000 civili concentrati alla stazione di Kramatorsk nel Donbass, qualche chilometro a nord di Donetsk, non è chiaro: il tipo di ordigno potrebb’essere un Iskander o un Toschka ss 21 Scarab che i russi dovrebbero aver ritirato dalla circolazione nel 2020 ma che potrebb’essere parte di un contingente residuale di armi inutilizzate tanto russe quanto ucraine. Le vittima, almeno per la maggior parte ucraini russofoni, sembrano essere almeno una cinquantina di morti e 300 feriti. Fra chi è stato ucciso, c’erano anche 10 bambini, obiettivo – stando alla macabra scritta su un frammento dell’ordigno – del “regalo” di non si sa quale dei due fronti, i media dei quali si rimbalzano le accuse.
Se il missile è stato lanciato dai russi, come appare più probabile vista la scritta che lo caratterizza, le interpretazioni sono bipolari.
Gli ucraini lo hanno inteso come cinico sarcasmo: ci vanno di mezzo anche i bambini. E allora? Siamo in guerra, sapete? Dal punto di vista russo, potrebb’esserci una punta di macabra ironia quasi allegra, molto tipica dei concittadini di Gogol’: ah, è così? Come a Mariupol? Voi scrivete sempre sugli edifici e sulle auto che dentro ci sono dei bambini, ma noi mica ci caschiamo. Ve li diamo noi, i bambini…
A meno che la scritta non sia stata tracciata dagli ucraini, visto che il missile sembra con certezza russo, per sottolineare la vocazione infanticida dei loro avversari.
Comunque sia, questa è una brutta guerra: e, quanto a civili massacrati, comincia a ricordare quelle balcaniche di una trentina di anni fa. Il comandante georgiano Mamuka Mamulashvili fa sapere che le sue milizie volontarie non faranno prigionieri, né russi né kadyroviani, vale a dire ceceni. Ciò significa che i nemici catturati in quanto prigionieri o feriti saranno passati a freddo per le armi. Pietà l’è morta. È prevedibile un’infinita catena di vendette e di ritorsioni.
E allora, diciamo alta e chiara la nostra posizione. Noialtri che collaboriamo a questo “giornalino” (come amiamo definirlo), a partire da chi ad esso ha prestato – con il consenso degli altri – il nome, siamo tutt’altro che i putinisti “fanatici” che qualcuno ha osato sostenere e sostiene. Ma pensiamo che alla russofobia isterica e disonesta scatenata dagli eventi si debba reagire. La Russia di Putin è l’aggressore palese: ma quella sua aggressione ha una drammatica preistoria che non può essere ignorata. L’impero naozarista e/o neosovietico di Putin è un incubo e un malinteso. Ma l’unico possibile destino per il domani è un’Europa libera e unita, che non avrà senso se non procederà di pari passo con la Russia. Un’Europa con la Russia, cioè un’Eurasia, amica del Dragone cinese e sua alleata nel combattere il Leviathan amaricano, ma non succube del Behemoth che sarebbe la Cina lasciata a se stessa o scelta come potenza egemone. La Cina è fragile e tagliente come una Spada di Porcellana. Può uccidere e può volare in pezzi. Nessuna di queste due scellerate cose deve accadere.