Minima Cardiniana 373/3

Domenica 10 aprile 2022
Domenica degli Ulivi (o, secondo la latitudine, delle Palme)

EFFEMERIDI DELLA GUERRA
VINCENZO OLITA
UCRAINA TRA TIFO E RAGIONAMENTI
In presenza di una massiccia e impresentabile informazione è quanto mai inagevole rendere fruibili visioni e ragionamenti distanti da aprioristiche partigianerie e animosi tifosi. Proviamoci!
Cancellerie, informazione, opinionisti dall’opinione necessariamente corretta e funzionale, hanno avuto come priorità, discepoli della modaiola resilienza tanto cara al Forum Economico Mondiale di Davos, volgere una durissima sofferenza umana in una splendida opportunità per mostrare al Pianeta la vitalità della NATO, la bontà della politica estera USA, risveglio, funzionalità e capacità reattiva dell’Unione europea, il profondo gap tra leader occidentali, in particolare tra le capacità dello statunitense, e il macellaio di Mosca. Insomma, grande impegno nel dimostrare che il male ha un’unica cittadinanza, che errori strategici, povertà di visioni sul futuro geopolitico del pianeta, dilettantismo e superficialità diplomatica sono appannaggio di una sola parte.
Mesi di trattative Russia USA sull’accerchiamento della NATO, anni di confronto sulla neutralità dell’Ucraina: tutto è stato dimenticato con l’inizio della guerra e quindi anche le razionali ragioni del conflitto sono evaporate per lasciar spazio a emotività e propaganda.
Trasmissioni televisive con il supporto di psicologi hanno definito Putin un probabile psicopatico e demente con obnubilazione della coscienza, hanno parlato della sua minaccia nucleare, del bombardamento di centrali, dell’uso di armi biologiche, del rapimento di migliaia di bambini deportati in Russia; sarebbe ridondante continuare e del tutto ininfluente su questo ragionamento, che non vuol tendere al convincimento di nessuno né alla persuasione per il nulla. Questo conflitto, come tutti, finirà e, al di là degli aspetti umanitari, dei giudizi morali, delle sofferenze e dei rimpianti per le perdite della vita, ne resteranno la valutazione storica, gli effetti politici, i mutamenti di forze, diverse aspettative sul futuro, analisi strategiche più o meno efficaci secondo la percezione lasciata dal conflitto.
Ebbene, con una messa in prova del nostro razionalismo critico ragioniamo su questi aspetti muovendo dall’inutilità di una guerra non difficilmente eludibile a patto di escludere l’avanzamento della NATO verso est, già previsto da accordi formali nel 1991.
Gli USA appaiono, come non mai, soddisfatti del conflitto e del suo svolgimento, assaporano le difficoltà dell’avanzamento russo alternandole con l’avvertimento che lo stesso esercito potrebbe puntare alla Polonia e ai Paesi baltici: insomma, valutazioni sul pericolo russo a geometria variabile, secondo esigenze della propaganda. Appagati anche per aver ritrovato unità d’intenti e di valutazioni operative con i membri NATO e gli alleati Ue, in effetti, tra le tre istituzioni bisognose di essere rivitalizzate solo l’ONU non ha trovato momenti di significativa evidenza, proseguendo nella sua ormai decennale inutilità.
Per quanto riguarda l’Europa, inconsapevolmente trascinata alle soglie di un conflitto, al di là delle apparenze ha espresso ancora il suo nanismo che i ballerini di prima fila Macron e Scholz con il loro attivismo hanno provato a mascherare, provocando anche una vittima politica: offuscando il Presidente Draghi che dopo il suo fallimentare G20 sull’Afghanistan e altre traversie, era indicato in Italia come il leader naturale in Europa, e non solo, ma oggi è collocabile solo nella terza fila del corpo di ballo.
Le apparenze: infatti, mentre le sanzioni provocano contraccolpi in vari settori di molti Paesi, aziende e industrie francesi continuano presenza e produzione in Russia (tra queste, TotalEnergies, Auchan, Leroy Merlin, Decathlon), Germania e Olanda non sono d’accordo nell’individuare un prezzo massimo per il gas russo, così come l’Ungheria non intende rinunciare alla sua fornitura. Tra l’altro, vedremo il durare dell’unità continentale a proposito dell’importazione del gas americano, il cui costo non è chiaro e ancor meno la possibilità della sua distribuzione. Gli effetti politici, se consideriamo che una quarantina di Paesi, rappresentanti più della metà della popolazione mondiale, non hanno sostenuto le risoluzioni dell’Assemblea Generale dell’ONU sull’Ucraina, si comprende che la Russia nel Pianeta non è poi totalmente isolata. Se poi accettiamo che l’asse politico ed economico russo-cinese, ormai del tutto consolidato, è certezza per il futuro, dobbiamo accettare che la politica estera americana e di molti suoi alleati continua a essere carente e, per certi aspetti essenziali, del tutto fallimentare. Il mondo si troverà ad affrontare il vero nodo della difesa del principio di libertà e d’indipendenza nazionale rappresentato dalla situazione di Taiwan e dalla volontà cinese di annetterla. Senza essere strateghi, toccheremo con mano l’errore occidentale di aver favorito il saldarsi dell’asse Mosca-Pechino con la simpatia di Nuova Delhi. E sì, perché mentre l’Occidente s’illude di aver compattato l’Europa nella Nato, il non aver gestito il nodo ucraino ha favorito l’esistenza di una rete e un sentimento antioccidentale che non tarderemo ad avvertire nella sua estensione.
Sul nostro futuro pesa la generalizzata corsa al riarmo, come se il passato non ci avesse insegnato nulla, le relazioni internazionali dei prossimi decenni ci appaiono e le valutiamo come passaggi obbligati verso inevitabili definizioni di rapporti di forza. Certamente le responsabilità saranno cino-americane: l’Europa, entità burocratica-formale lontana da qualsivoglia autonomia strategica operativa, legata all’incomprensibile visione NATO di contrapposizione verso Est e quindi anti Russia, non potrà essere soggetto politico per il suo stesso DNA, ma potrebbe dare il suo contributo alla coesistenza del Pianeta sciogliendo il suo legame con la NATO, organismo del mondo di ieri.
Sono preoccupate considerazioni di amanti del liberalismo, legati alla cultura occidentale, affascinati da quella che ricordiamo come la Nuova Frontiera, la Società Statunitense e le sue libertà individuali. Ma, quell’America è al tramonto e con essa l’Atlantismo che oggi ha tutt’altri significati. Facebook, Instagram, Amazon, Twitter, Google, Apple, con la limitazione delle nostre libertà, sono la nuova Nuova Frontiera e gli artefici del Forum Economico Mondiale di Davos i nuovi veri politici universali.
(Vincenzo Olita è Direttore di Società Libera: www.societalibera.org)

TONI CAPUOZZO
DOPO L’ORRORE
La prima domanda che mi sono fatto è: pensi che sia impossibile che i russi, ritirandosi, abbiano fatto, per vendetta e odio, una strage di civili? Non lo ritengo impossibile, ho visto troppe volte che la guerra porta a dare il peggio di sé. La seconda domanda è stata: pensi che sia impossibile che gli ucraini, aggrediti, bisognosi di aiuto, ansiosi di coinvolgere la comunità internazionale, abbiano “costruito” la scena? Ho una lunga esperienza, dal Kossovo al Libano, da Betlemme a Belgrado, di situazioni forzate, modificate, usate: in guerra ogni mezzo è buono. In più, in questo caso, ci sono i precedenti della ragazza di Mariupol (diceva la verità allora, o la dice adesso?), il mistero del teatro di Mariupol, i numeri che vengono forniti dalle Nazioni Unite e dagli ucraini su vittime civili e perdite militari russe (sarebbero morti 400 militari russi per ogni civile ucciso…). Il mestiere del giornalista è farsi domande, anche quelle scomode. E allora mi ha sorpreso una sequenza di date:
– il 30 marzo le truppe di Putin abbandonano Bucha.
– il 31 marzo il sindaco, davanti al municipio, rilascia una dichiarazione orgogliosa, sul giorno storico della liberazione. Non parla di vittime per le strade.
– il 31 marzo Maxar Technologies pubblica le foto satellitari che rivelano l’esistenza di fosse comuni attorno alla chiesa. È una scoperta che poteva essere fatta a terra: è la fossa che pietosamente gli abitanti del posto hanno iniziato a scavare il 10 marzo per seppellirvi i propri morti nella battaglia – siamo poco lontani dall’aeroporto di Hostomel – in cui nessuno avrebbe fatto distinzioni tra civili e militari.
Il 1° aprile va in onda a Ukraine TV24 l’intervista al sindaco. Non è accompagnata da alcun commento su morti per strada.
Il 1° aprile un neonazi che si fa chiamare Botsman posta su Telegram immagini di Bucha. Dice solo di aver trovato un parlamentare, in città, non parla di morti. Ma lo si sente rispondere a una domanda: “Che facciamo con chi non ha il bracciale blu?”. “Sparate”, risponde.
Il 2 aprile la Polizia ucraina gira un lungo filmato sul pattugliamento delle strade di Bucha (che non è enorme: 28mila abitanti). Si vede un solo morto, un militare russo, ai bordi della strada. Nel filmato, lungo 8 minuti ci sono abitanti che escono dalle case, e passanti che si fermano a parlare con la polizia. Lieti di essere stati liberati, ma nessuno parla di morti per strada. La cosa peggiore è quando uno racconta di donne costrette a scendere in una cantina, e uomini prelevati per essere interrogati.
Il 3 aprile il neonazi su Telegram incomincia a postare le foto dei morti. A tre giorni pieni dalla Liberazione.
Il 4 aprile, ieri, il New York Times pubblica una foto satellitare che riprende i morti per strada, spiegando che è stata scattata il 19 marzo (quindi i corpi sarebbero per strada da quasi due settimane, sembrano le armi chimiche di Saddam).
Va da sé che onestà e indipendenza (che poi uno scambi l’indipendenza come dipendenza da Mosca mi fa solo ridere amaramente) impongono domande. Com’è che gli abitanti di Bucha che, sotto la dura occupazione russa, seppellivano i propri morti, questi invece, pur liberi, li lasciano sulle strade? Com’è che attorno ai morti non c’è quasi mai del sangue? Se una vittima viene sparata alla tempia, è una pozza, finché il cuore batte. Se gli spari che è già morto, niente sangue. Com’è che in una cittadina piccola e in guerra, dove nessuno presumibilmente si allontana da casa, nessuno ha un gesto di pietà, per tre giorni, neanche uno straccio a coprire l’oscenità della morte? Erano morti nostri o altrui? Se uno vuole credere, se cioè è questione di fede, anche l’osservazione che i morti, per bassa che sia la temperatura non si conservano così, è inutile. Morti pronti per il camera car che è una gimkana tra i corpi. Una volta tirai un sasso a un randagio, io che amo gli animali, perché si stava cibando del corpo di un terrorista, e non era in una città affamata.
Purtroppo mi interessano poco le testimonianze de relato – “mi hanno raccontato che” – o i servizi che aggiungono alla scena solo rabbia e indignazione, e pietà all’ingrosso. Ricordo ancora a Gerusalemme il responsabile della sede RAI scrivere una mail privata ai dirigenti palestinesi attorno alle immagini di un linciaggio a Ramallah: “La Rai non avrebbe mai mandato in onda immagini che vi danneggino”. I gonzi pubblicarono la mail di solidarietà sui giornali. Né mi turbano le accuse dei tifosi, dei trombettieri e dei tamburini. Senza insulti sono disposto a discutere con chiunque, e so che quelle persone, chiunque fossero, in qualunque circostanza fossero state uccise, a qualunque scopo venissero esibite (i russi per terrorizzare, gli ucraini per emozionare il mondo) sono morte nel modo peggiore, e meritano pietà e giustizia, non propaganda.
Resta l’orrore, e la speranza che commissioni severe indaghino e la facciano pagare ai responsabili. Se sono russi, irraggiungibili, resteranno nell’album delle infamie. Se qualche ucraino ha abbellito o costruito la cosa, è giusto almeno porsi un altro paio di domande scomode.
Come fai a non mandare armi a un popolo così martoriato, come fai a non reagire all’orrore?
Come fai a convincere l’opinione pubblica mondiale che bisogna mandare altre armi e puntare a punire l’invasore, non a negoziarne il ritiro? Come si giustifica un’escalation?
In poche parole: a chi giova? Ma, attenzione, anche rispondere a questa domanda non dà alcuna certezza. Perché la guerra è calcolo, ma ancora di più follia e stupida ferocia.
(dal profilo Facebook di Toni Capuozzo)