Minima Cardiniana 375/7

Domenica 24 aprile 2022
Domenica in Albis, Solennità Liturgica di San Giorgio

LIBRI LIBRI LIBRI
Luigi Copertino, Stato e Sindacato. Dal Corporativismo fascista alla Costituzione antifascista. Divergenze e convergenze, prefazione di Marcello Veneziani, postfazione di Franco Cardini, Rimini, Il Cerchio, 2022, pp. 192, euri 24,00

La storia è sempre molto più complessa di quanto le apparenze e le reminiscenze scolastiche e mediatiche ci presentano. Su un argomento, poi, come quello affrontato nel libro di Luigi Copertino – un argomento spinoso per il politicamente corretto vigente – la storia nasconde, non tanto per gli addetti ai lavori quanto per il più vasto pubblico, molte sorprese tali da far crollare consolidate ma infondate certezze, come le mura di Gerico ossia girandovi attorno ed approfondendo le trasversalità proprie alle dinamiche delle vicende umane. Così se nel 1944 un socialista riformista quale fu Bruno Buozzi elogiava l’opera di istituzionalizzazione sindacale attuata dal corporativismo fascista, nell’intento chiaramente di democratizzarla, una ragione c’era e non la si può capire senza conoscere la vicenda di sostanziale continuità e comunanza ideale che sta dietro gli scontri politici.
Ed è esattamente questa continuità che si cerca di indagare nel testo ripercorrendo le vie di una visione della vita associata, l’organicismo, la quale precede il fascismo, lo attraversa e, infine, lo supera e gli sopravvive dopo gli eventi bellici. Per poi riemerge, molto chiaramente, in parti fondamentali della vigente Costituzione repubblicana del 1948 che è oltremodo debitrice dell’esperienza corporativa, con tutti i suoi limiti, le sue ombre e luci, degli anni ’30. Anni nei quali si formarono, con alterne vicende personali – sia di adesione, sia di simpatia, sia di attenzione però critica, sia di attesa delle more di sviluppo dell’idea – quasi tutti i “padri costituenti”: da Amintore Fanfani, ad Aldo Moro, da Alcide De Gasperi a Giuseppe Di Vittorio, da Palmiro Togliatti a Pietro Nenni. La ricerca della “terza via” tra capitalismo e comunismo, d’altro canto, animava la migliore cultura europea del tempo, di destra e di sinistra, che infatti non mancò di interessarsi con entusiasmo dell’esperimento italiano. Senza dimenticare il fondamentale apporto del Cattolicesimo sociale, derivato dall’integralismo cattolico del XIX secolo, del quale il corporativismo, nei suoi sviluppi verso una riformulazione più aderente alla modernità sancita dallo stesso magistero sociale di Leone XIII laddove, nella “Rerum Novarum”, ammetteva la legittimità delle “corporazioni anche di soli operai” in luogo di quelle miste secondo il vecchio modello premoderno, era e restava un riferimento basilare continuato dall’opera scientifica di Giuseppe Toniolo e quindi in quella enucleatasi intorno all’Università Cattolica del Sacro Cuore, fondata da padre Agostino Gemelli, e fucina intellettuale dei cattolici chiamati nel dopoguerra al ruolo di classe dirigente politica del Paese. Mentre la modernizzazione e l’industrializzazione, con il riemergere dei nuovi corpi intermedi, ossia i sindacati operai come anche padronali, in luogo delle antiche corporazioni di arti e mestieri premoderne, rimetteva in discussione le acquisizioni della scienza giuridica borghese ovvero liberale – che mossa da un contrattualismo gius-filosofico di fondo non riusciva a vedere nulla oltre il rapporto diretto Stato ed individuo – andava imponendosi la ricerca di una via diversa che contemplasse l’essenziale organicità della comunità sociale per organizzarla intorno ad una solidarietà nazionale interclassista, più o meno socialmente avanzata a seconda dei contesti e delle idee, interpretata dallo Stato aperto all’inclusione dei nuovi ceti funzionali prodotti dal progresso tecnico ed economico. Copertino ricostruisce questo percorso filosofico e storico che coinvolse la migliore intellighenzia del tempo, da Santi Romano a Sergio Panunzio, da Leòn Duguit a Giuseppe Bottai, e che ha attraversato culture politiche anche distanti tra loro, di destra, di centro, di sinistra. Sulla scorta della migliore storiografia contemporaneista – Renzo De Felice, Giuseppe Parlato, Francesco Perfetti, Sabino Cassese ed altri – l’autore ricostruisce il passaggio di una intera generazione di sindacalisti rivoluzionari e di socialisti massimalisti – una generazione che ebbe in Benito Mussolini il rappresentante più noto – al produttivismo ed al sindacalismo giuridico mentre con la fine della prima internazionale, colpita a morte dai colpi di pistola esplosi a Sarajevo nel 1914 quando tutti i partiti socialisti, escluso quello italiano, appoggiarono le ragioni delle rispettive Patrie in guerra, diventò per tutti evidente la forza aggregatrice della Nazione. Che ora veniva riscoperta da sinistra andando incontro alla generazione dei nazionalisti italiani, da Alfredo Rocco a Enrico Corradini, la quale, dal canto suo, stava abbandonando le vecchie posizioni liberiste per votarsi ad una visione “sociale”, “sindacale”, se non addirittura “socialista” della Patria, e dirigista dell’economia, analogamente a quanto accade in Francia con l’incontro tra i soreliani ed i maurassiani. A questo clima di ricostruzione organica dello Stato non fu estranea, negli anni ’30, la stessa nuova macroeconomia di matrice keynesiana. L’esito di tale percorso fu il tentativo di fondare insieme socialismo e patriottismo. Un tentativo senza dubbio incompiuto, non senza contraddizioni interne tra un’anima di destra ed una di sinistra, che mostrava segni di avvio verso soluzioni più ardite e socialmente avanzate – quelle poi declamate dal Manifesto di Verona del 1943 sulla “socializzazione” – mentre si avvicinava la guerra. Un percorso che continuò nel dopoguerra sia nelle acquisizioni – silenziose e non espressamente confessate – da parte della Costituzione repubblicana, in particolare negli articoli 39 e 46, sia nel dibattito interno al partito neofascista, l’Msi, in perenne tensione tra la sua destra conservatrice e la sua sinistra socializzatrice. Ma anche all’interno del partito di ispirazione cattolica, la Dc, anch’esso in tensione tra la sua destra e la sua sinistra. Un percorso che, chiude l’autore, sembra non essersi ancora concluso, come attesta un convegno organizzato dalla CGIL, nel 2016, inteso a promuovere, finalmente, una legislazione di applicazione dell’articolo 39 della Costituzione (finora da parte sindacale sempre avversato proprio perché di chiaro retaggio corporativista) oggi più che mai necessaria a fronte dell’arroganza del capitale il quale, spinto dalla sua finanziarizzazione e dalla globalizzazione, rifiuta persino di trattare con le controparti sindacali.