Minima Cardiniana 376/3

Domenica 1 maggio 2022, III Domenica del Tempo Pasquale
San Giuseppe Lavoratore, Festa del Lavoro

TORNIAMO A “PENSARE L’ARTE”
ELEONORA GENOVESI
IL POTERE DELL’ARTE
In tempi bui come questi l’Arte diviene un potente strumento di aiuto, una luce che ci si apre dinanzi, meglio un balsamo per l’anima.
Visitare una mostra apre nuovi mondi, sollecita la curiosità e talvolta cura anche le ferite dell’animo. Come ad esempio la Mostra attualmente in corso a Palazzo Reale a Milano dal titolo Tiziano e l’immagine della donna nel Cinquecento Veneziano.
Questa mostra ci racconta l’immagine della donna dipinta da Tiziano e dai suoi contemporanei, ci parla di bellezza, eleganza e sensualità, e del particolarissimo ruolo che la loro rappresentazione ebbe nella Venezia del Cinquecento. Oltre a Tiziano ci sono opere di Giorgione, Lotto, Palma il Vecchio, Veronese e Tintoretto, tutte tese a riflettere sul ruolo dominante della donna nella pittura veneziana del Cinquecento, cosa che non si verifica in nessuna altra parte d’Italia né in altre aree della coeva cultura europea. Delle circa cento opere esposte moltissime provengono dal Kunsthistorisches Museum di Vienna, due anche da San Pietroburgo. La mostra si è snodata in un percorso che abbraccia tutto l’ampio spettro delle possibili tematiche dell’immagine femminile. Si parte dai ritratti realistici di donne appartenenti a diversi ceti sociali, per poi passare a quelli estremamente sublimati delle così dette “belle veneziane”, proseguendo con le immagini di celebri eroine e sante, fino ad arrivare alle divinità del mito e alle allegorie.
Sala dopo sala davanti ai miei occhi scorrono immagini di donne permeate di grazia, dolcezza, eleganza e potere di seduzione, come solo la Scuola Veneta, di cui Tiziano è il protagonista indiscusso, ha saputo restituirci. I bellissimi seni mostrati generosamente attraverso vesti scollate dalle “belle veneziane” non sono simbolo di spregiudicatezza sessuale, ma, al contrario, significano l’apertura del cuore, l’attestazione del consenso della donna verso lo sposo per suggellare le nozze. Si passa dai ritratti di Isabella d’Este, di sua figlia Eleonora Gonzaga, a quelli di cortigiane come una certa Veronica Franco ritratta da Tintoretto divenuta famosa per i suoi scritti, per arrivare alle eroine come Giuditta o Susanna che rappresentano l’onore, la castità, il coraggio e il sacrificio e ancora Maria Maddalena nella fase penitenziale della sua vita. E infine le figure mitologiche come Venere che nasce dal mare come Venezia… È stato come entrare in un sogno…
Altra grande emozione è stata la visita alla Mostra Marc Chagall. Una storia di due mondi ospitata al Mudec di Milano.
Le opere esposte, provenienti dalla collezione dell’Israel Museum di Gerusalemme, ci raccontano uno Chagall diverso da quello sognante che siamo abituati a vedere. L’attività dell’artista è affrontata da un nuovo punto di vista che colloca le opere nel contesto del suo retroterra culturale di appartenenza. Le opere in mostra sono prevalentemente grafiche mostrandoci uno Chagall meno conosciuto, quello di illustratore editoriale. Passando di sala in sala entriamo nel mondo di Chagall: dalle radici nella nativa Vitebsk, descritta con amore e nostalgia nella serie Ma vie, all’incontro con l’amata moglie Bella Rosenfeld, della quale illustrò i libri Burning Lights e First Encounter, dedicati ai ricordi della vita di Bella nella comunità ebraica, pubblicati dopo la morte prematura della donna e di cui in mostra sono esposti i disegni originali(prime due sezioni della mostra).Il comune denominatore di queste prime opere è la nostalgia. Si passa poi alla terza sezione che descrive le fonti di ispirazione di Chagall come ad esempio le sue illustrazioni della Bibbia che denotano la sua interpretazione straordinariamente “umanista” delle Scritture. La Bibbia Ebraica (quella che racconta l’Antico Testamento) è infatti rappresentata come un ciclo di incontri storici tra l’uomo e Dio. Infine, l’ultima sezione ci porta in Francia, la nuova patria che fece emergere il suo ricco cromatismo.
L’interessantissima e bellissima mostra del Mudec, che ci fa immergere in Chagall, nella sua vita, nelle sue abitudini e nei suoi sogni, evidenzia la poliedricità dell’artista come descritta dal curatore:

Chagall che è al tempo stesso il bambino ebreo di Vitebsk; il marito che correda di immagini i libri dell’amata moglie; l’artista che illustra la Bibbia, volendo rimediare così alla mancanza di una tradizione ebraica nelle arti visive; e infine l’originale pittore moderno che, attraverso l’uso dell’iconografia cristiana, piange la sorte toccata nel suo secolo al popolo ebraico.

Mi auguro vivamente si riscopra il potere dell’arte, compresa la sua valenza terapeutica… In un mondo perennemente in corsa, in cui si cerca l’efficacia, l’efficienza, il pragmatismo, la funzionalità, la finalità di tutto, in una società orientata per lo più a valenze “utilitarie, l’arte non viene percepita – nell’immaginario collettivo – come un bisogno. Basti guardare la scuola. Per la maggior parte delle famiglie l’Arte è disciplina del tutto inutile. Dunque se l’arte non serve a niente (a livello pratico), allora perché coltivarla?
Io credo che l’arte – intesa come espressione profonda dell’esistenza attraverso il proprio io, il proprio estro, la propria creatività – sia preziosa, rappresenti una necessità e vada coltivata a tutti i costi.
L’arte – se compresa ed accolta nella propria vita – ci dà speranza, ci fa sognare, ci emoziona, ci fa entrare in contatto con qualcosa di estraneo a noi spronandoci a crescere, ci fa migliorare, ci stimola ad approfondire la conoscenza e il sapere, ci fa riflettere, ci fornisce un linguaggio universale per comunicare, ci fa ammirare la bellezza, ci rasserena e purifica, ci fa superare le nostre debolezze estendendo le nostre capacità oltre l’umana dotazione, ci aiuta ad accettare il dolore sublimandolo.
Infatti, anche se l’arte ci proiettasse una scena tragica del vivere, ci farebbe comunque del bene, in virtù dell’effetto “catartico”, come asseriva già Aristotele quando nella Poetica descriveva la catarsi come il liberatorio distacco dalle passioni tramite le forti vicende rappresentate sulla scena dalla tragedia.
Dunque che si riscopra il potere dell’Arte iniziando dalla scuola.