Minima Cardiniana 377/2

Domenica 8 maggio 2022, Madonna del Rosario di Pompei

UN’INTERVISTA A FRANCO CARDINI
KIRILL: SANZIONI “PROVA DI COME SIAMO CADUTI IN BASSO”
“Ormai non mi meraviglio più di nulla, ma è assolutamente fuori dalla grazia di Dio. Siamo alle comiche finali. Questa proposta è la prova di come siamo caduti in basso e che manca il buon senso più elementare”. È questa la lettura di Franco Cardini, storico, docente e saggista, in un’intervista all’AGI dopo che la Commissione Ue ha proposto di includere anche il patriarca di Mosca, Kirill, tra gli individui da sanzionare per l’invasione dell’Ucraina. “Se quello che vogliamo è dichiarare la guerra totale alla Russia, le sanzioni a Kirill dopo aver vietato la lettura di Guerra e Pace servono perfettamente a continuare a farci del male se non a coprirci di ridicolo” ha proseguito l’esperto di storia delle religioni. Per Cardini non ci si può scandalizzare per la linea di Kirill – che ha benedetto la guerra contro l’Ucraina e sostenuto pienamente le azioni aggressive delle truppe russe sul suolo ucraino – in quanto “la Chiesa ortodossa di Mosca è un organo statale, lo era anche quando il capo dello Stato era ateo: ne sapeva qualcosa Stalin, ma a quanto parte noi ce ne siamo dimenticati”.
Sul patriarca di Mosca, l’interlocutore dell’AGI ha suggerito che ci si potrebbe eventualmente interrogare sul modo in cui sta facendo la sua professione, se la fa con buona coscienza. A riprova della relatività della storia e dei commenti a dichiarazioni e azioni degli uomini di chiesa, lo storico fiorentino ha fatto notare che, invece, “non ci siamo scandalizzati quando il primate di Westminster ha appoggiato le spedizioni inglesi in Iraq e in Afghanistan, quando ha benedetto bandiere e armi senza battere ciglio, nemmeno quando è venuto fuori che la storia delle armi di distruzione di massa di Saddam era un’invenzione”. In un altro contesto geografico e storico, Cardini ha sottolineato che “nessuno ha mai chiesto sanzioni per don Milani che era coerentemente ed intimamente convinto della fondatezza di benedire i mitra di Che Guevara, e per dirlo aveva motivi politici”.
Guardando oltre la proposta della Commissione Ue nell’ambito del sesto round di sanzioni per l’invasione russa dell’Ucraina, lo storico ha sottolineato che “in religione non valgono le stesse categorie rispetto a quelle stabilite nel settore della tecnologia oppure nell’economia, ma si ragiona su altri termini”. Proprio sulla base di questi criteri ‘diversi’ va letto anche lo scambio di dichiarazioni tra papa Francesco e il patriarcato di Mosca. “Le contraddizioni emerse, le divergenze, non vanno cristallizzate come irrisolvibili: valori di tipo religioso vanno misurati su periodi più lunghi e seguendo schemi diversi” ha aggiunto Cardini. Per lo studioso di storia delle religioni, nella complessa situazione della guerra in Ucraina, così come su temi di teologia morale, la Chiesa cattolica si trova in una posizione delicata: da un lato il mondo riformato e dall’altro le chiese ortodosse orientali. “Sicuramente a papa Francesco sanguina il cuore. In quanto capo della Chiesa cattolica è l’espressione della spiritualità prevalentemente occidentale e della società, ma negli ultimi anni ce l’ha messa tutta per avvicinarsi al patriarca Kirill di Mosca” ha aggiunto il docente universitario. In risposta ad alcune dichiarazioni su Kirill rilasciate da papa Francesco, la Chiesa russa ha valutato che “non aiutano al dialogo ecumenico”. Per Cardini sono parole che indicano che “hanno la bava alla bocca dalla rabbia, ma si rendono conto che la strada dei colloqui va comunque e sempre tenuta aperta”. Papa Francesco ha fatto alcuni gesti e probabilmente compirà altri mezzi passetti in un nuovo tentativo di riavvicinarsi alla Chiesa di Mosca che “non vuole lo strappo”. Lo storico ha evidenziato che “si tratta di un sentiero scivoloso e ambiguo”, pertanto “bisogna andarci molto cauti” e, in una situazione difficile come questa, “un passo falso va concesso al nostro interlocutore, anche perché in fondo siamo tutti suscettibili”.
Ma sul rischio di uno “scontro di civiltà”, come prospettato da Huntington nel suo saggio del 1996, ovvero che nel periodo post guerra fredda le principali fonti di conflitto sarebbero le identità culturali e religiose, Cardini ha risposto categoricamente che “non è così”. Per lo storico “le civiltà si integrano a vicenda, e grazie a Dio diventano sempre più meticce ad ogni cambio generazionale”; pertanto, quando emergono conflitti di cultura, “lo fanno in modo parziale e provvisorio”. Piuttosto “non c’è da stupirsi che affiorino in tempi di guerra, anzi, è il momento migliore per farli emergere per poi superarli”. Allo stesso modo si manifestano “elementi di difficoltà nel dialogare sia tra chi ha una sensibilità religiosa diversa, sia tra chi ha una sensibilità laica. In alcuni casi la soluzione è proprio quella di non discutere e di cercare di far vivere le proprie differenze” ha analizzato il saggista, autore tra le tante opere di Europa e Islam. Storia di un malinteso. Mentre la guerra è di ritorno nel cuore dell’Europa “ci troviamo come in un tunnel, dove manca il respiro, ma sappiamo che dopo l’ennesima curva arriverà la luce; proprio in quella dobbiamo sperare” ha concluso Cardini, auspicando tra le parti, non solo religiose, un “dialogo inter, in tutti i sensi”.
(AGI, 4 maggio 2022)