Domenica 29 maggio 2022, Ascensione
I VALORI DELL’OCCIDENTE
DAVID NIERI
COME AI TEMPI DELLA COLT
L’ultima è avvenuta in Texas, alla Uvalde High School, lo scorso 25 maggio, dove il 18enne Salvador Ramos è entrato in una scuola elementare e ha sparato uccidendo 19 bambini e due adulti, per un bilancio finale di 21 vittime. Solo 11 giorni prima, dieci persone avevano perso la vita per mano del “suprematista” 18enne Payton Gendron nell’attacco in un supermercato di Buffalo, New York.
All’indomani di questa ennesima tragedia – come sempre annunciata, potremmo dire – il dibattito sul controllo delle armi nel Paese si è riacceso. Ma la sensazione è che si spenga molto presto, almeno fino alle prossime vittime in qualche istituto scolastico non ancora identificato.
Le sparatorie di massa negli Stati Uniti e i dati sulla violenza quotidiana evidenziano i tragici effetti collaterali della cultura delle armi. I numeri delineano una situazione fuori controllo: dall’inizio del 2022 a metà del mese di maggio negli Usa si sono compiute 212 stragi, con una media di circa 10 attacchi a settimana. Le statistiche provengono dal “Gun Violence Archive”, organizzazione indipendente di raccolta dati. Il gruppo definisce una sparatoria di massa un incidente in cui quattro o più persone vengono uccise. Nel corso del 2021, negli States, sono state perpetrate ben 693 stragi: quasi due al giorno; la violenza armata ha provocato 44.750 morti: 20.660 omicidi e 24.090 suicidi; tra le vittime, 1.533 erano bambini e adolescenti sotto i 17 anni di età; anche il numero di feriti ha raggiunto un livello record a 40.359 (4.107 feriti avevano meno di 17 anni).
A lasciare stupefatti non sono tanto alcune dichiarazioni dei cittadini statunitensi, fieri oppositori di un’eventuale limitazione della vendita delle armi – che, sia detto, si possono acquistare anche in alcuni centri commerciali –, i quali sostengono che “le armi sono nel dna del paese e con esse siamo cresciuti” – su questo tema potremmo scrivere un saggio che prende spunto dai Padri Pellegrini per arrivare fino alla guerra in Ucraina: sul dna non ci sarebbero dubbi –, bensì le parole dell’ex presidente Donald Trump. Intervenendo alla convention di Houston organizzata dalla National Rifle Association, gruppo che difende il diritto alle armi, il tycoon ha sentenziato: “L’unico modo per fermare un cattivo con una pistola è un bravo ragazzo con una pistola”; per poi aggiungere: “L’esistenza del male è una delle ragioni migliori per armare cittadini rispettosi della legge”, suggerendo, in tal modo, di armare gli insegnanti per proteggere le scuole. Tutto comprensibile, se stessimo assistendo a un film di Clint Eastwood o all’ennesimo giustiziere della notte e magari pure del mattino; un po’ meno – direi per niente – se queste stesse parole provengono da un alto esponente della classe politica (e imprenditoriale) americana, che potrebbe pure ricandidarsi alla Casa Bianca in vista delle prossime elezioni presidenziali. La legge del più forte di stampo calvinista – ma se sei più forte è un segnale della benevolenza di dio – che cede il passo alla legge del più armato, nell’ottica del progresso e di una progressiva cowboyzzazione della società a stelle e strisce, ma pure tricolore: anche qui da noi, ormai, i freni inibitori del grilletto stanno gradualmente cedendo alle istanze della legittima difesa, che è pur sempre legittima, ma che per legittimarla diventano a rischio le librerie casalinghe – tanto non servono più a nessuno – a favore di ben più utili arsenali domestici.