Domenica 5 giugno 2022, Pentecoste
EDITORIALE
CACOCROMATISMI INQUISITORIALI E MAGLIETTE DA FOOTBALL
Sia chiaro che la prima parola del titolo di questa brevissima nota non è per nulla una parolaccia: solo il prefisso greco che indica il “brutto”, forse il “brutto/cattivo”. Io non discuto sulla collocazione politica che mi danno (non me ne importa), ma ho un certo senso estetico e poi, in fondo, come medievista un pochino di araldica me e intendo.
Mi/ci hanno dato del/dei rossobruno/rossobruni. Che vada bene agli altri, non so. A me non va bene. Ve la figurate una maglietta da squadra di calcio a righe verticali rosse e brune? Certo, potrebbe ricordare una bella bistecca alla fiorentina (perfettamente bruna di fuori, rossissima di dentro); o magari un attacco di emorroidi, a voler essere trucidi. Ma a me non piace. E allora?
Quando mi chiedono di che panni mi vesto, rispondo di essere cristiano, socialista, europeista: in quest’ordine. Mi sono immaginato di scendere in campo, un bel campo da gioco (da mezzo secolo non lo faccio), con una maglietta che esprimesse questa mia posizione. Da cattolico, forse sceglierei il bianco: il colore liturgico delle feste, il colore del Cristo risorto della Pasqua. Come socialista, un bel rosso squillante. Infine, da europeo-europeista, non che la bandiera dell’UE mi piaccia (i colori azzurro e oro sono belli, la corona di stelle è mariana, ma il tutto è un po’ algido e con l’Europa non ha granché a vedere), ma insomma l’azzurro va bene.
Già. Ma così la maglietta verrebbe a strisce bianco-rosso-azzurre e tutti griderebbero ovviamente al russofilo putinista. In fondo, perché no? Solo che, stramaledizione e arcidannazione, quelli sono anche i colori della Union Jack. Io amo la regina Elisabetta II e amo anche l’Inghilterra, ma accidenti, si tratta pur sempre della perfida Albione; la quale oltretutto con i suoi tre colori ha contagiato prima i coloni del New England alla fine del Settecento e quindi gli USA, poi i francesi, per i quali stravedo ma il drapeau dei quali mi ricorda un po’ troppo la rivoluzione giacobina, la quale aborro. E allora?
Siccome l’autocromatizzazione delle mie idee sociopolitiche non è andata troppo bene, provo con gli epiteti che mi attribuiscono. Uno soprattutto: un ircocervo che in fondo, Dio mi perdoni, non mi dispiace. Tra i molti epiteti che mi hanno dato (hanno detto pure che sono un “perfetto imbecille”: che è esattamente la mia stessa diagnosi) ce n’è uno parzialmente imbarazzante e infamante. Quindi mi va benissimo.
I miei più duri detrattori mi definiscono un cattoasburgofasciocomunista, incuranti del paradossale adynaton. Seguendo queste indicazioni mi libero quantomeno del bruno, un colore forse non brutto però difficile (d’altronde è il colore dei nazisti, ma anche di Francesco d’Assisi). Allora proviamo una tetracromia, anzi per forza una pentacromia.
Il candore del cattolicesimo sta bene; tantopiù che con quello che segue diventa un bianco-giallo, e la bandiera del papa mi è cara (abbasso la breccia di Porta Pia!). Poi c’è l’Asburgo, che come arme araldica ne avrebbe una vermiglio-argento, ma come Sacro Romano Impero e poi impero d’Austria avrebbe una bandiera oro-nero. Siccome non possiamo ripetere due volte lo stesso colore, siamo nel primo caso a una bicromia bianco-rossa, non male, e nel secondo a una tricromia bianco-giallo-nera, non male nemmeno quella.
Poi però c’è il fascismo, e lì non ci piove. O magari ci piove moltissimo, e difatti il cielo è nero. Nel primo caso siamo a una tricromia bianco-rosso-nera (la vecchia Prussia: che sciccheria!), nel secondo restiamo alla tricromia bianco-giallo-nera per la solita regola secondo la quale lo stesso colore non si ripete.
Infine il comunismo: la mia Amata, Gloriosa Bandiera Rossa. Nel primo caso restiamo fermi al bianco-rosso-nero di prussiana memoria, il che mi piace, nel secondo a una più chiassosa ma anche allegra tetracromia bianco-giallo-nero-rossa, che magari a colori alterni, come direbbero in araldica, di “metallo” e di “smalto”, verrebbe bianco-nero-giallo-rossa. Confesso che il connubio Juventus-Roma m’imbarazza, ma per il resto non è male.
Un’ultima nota. Come vedrete leggendo l’articolo di Bedini, il “Corriere della Sera” non mi annovera tra i putinisti. Lo considero un grave affronto. E intono di nuovo, riadattandola alle circostanze, la vecchia canzone castrista:
“Si me dicen que Fidel
que Fidel es comunista
que me pongan en la lista
porque yo estoy con él”.
Mettete “Orsini” al posto di “Fidel” e “putinista” al posto di “comunista” e il gioco è fatto.
Que viva Cuba!