Minima Cardiniana 382/4

Domenica 12 giugno 2022, Santissima Trinità

QUE ME PONGAN EN LA LISTA, PORQUÉ YO ESTOY CON ÉL
MARCO TRAVAGLIO
QUELLA SPORCA DOZZINA
Nelle democrazie liberali, i servizi segreti non indagano su chi dissente dal governo e dal pensiero dominante; se lo fanno, interviene subito il Parlamento a bloccarli; e, se non lo fa, la stampa denuncia i servizi deviati, i loro mandanti al governo e i loro complici in Parlamento. In Italia i servizi segreti stanno indagando sui giornalisti, gli intellettuali e i politici che dissentono dal governo e dal pensiero dominante; il Parlamento, anziché controllarli e bloccarli tramite l’apposito Copasir, li sollecita a raccogliere e a inviargli dossier sui dissenzienti perché si arroga il potere di decidere chi può parlare in tv e chi no; la stampa non denuncia nessuno di questi abusi, anzi nel migliore dei casi tace e nel peggiore (Corriere della Sera) sbatte i mostri in prima pagina con foto segnaletiche e marchio d’infamia (“I putiniani d’Italia”). Poi, siccome siamo sempre in bilico fra la tragedia e la farsa, il presidente del Copasir Adolfo Urso afferma di aver appreso dal Corriere la lista del Copasir. Delle quattro l’una: o Urso mente; o non sa cosa fa il Comitato che presiede; o il Corriere ha ricevuto la lista (ovviamente segretata) dai suoi fornitori dei Servizi; o se l’è inventata. E non si sa quale delle quattro sia peggio.
In attesa di risposte, addentriamoci nello scoop di Monica Guerzoni e Fiorenza Sarzanini, opportunamente uscito su carta verde-vomito in omaggio all’ambiente. “La rete ha come obiettivo principale il condizionamento dell’opinione pubblica”: come il Corriere e ogni altro giornale. “Allarma gli apparati di sicurezza perché tenta di orientare, o peggio boicottare, le scelte del governo”: cose che purtroppo càpitano in democrazia, vedi alle voci “opposizione” e “libertà di espressione”. “Il materiale raccolto dall’intelligence individua i canali usati per la propaganda, ricostruisce i contatti tra gruppi e personaggi e soprattutto la scelta dei momenti”: a che titolo gli 007 spiano i cittadini per le loro idee (giuste o sbagliate)? L’ha ordinato il governo abusando del suo potere? Il Copasir, anziché impedirlo, tace? E che direbbero al Corriere se un governo scatenasse i Servizi contro di loro? “L’argomento privilegiato è l’invio delle armi all’Ucraina”: embè? Quale legge vieta di contestare una scelta, fra l’altro di dubbia costituzionalità? “Il vero bersaglio delle imboscate via social è Draghi, la cui maggioranza ha 3 leader, Salvini, B. e Conte, che non si sono schierati senza se e senza ma”: a parte il fatto che si chiamano “critiche” e non “imboscate”, dov’è scritto che i leader debbano schierarsi senza se e senza ma con Draghi? Era il Duce che aveva sempre ragione. “Profili di estrema destra… e no-vax contestano a Draghi di spedire armi ‘senza il consenso del popolo’”.
Ma questo lo dicono tutti i sondaggi: putiniani pure quelli? “Il bombardamento di messaggi antigovernativi e filoputiniani aumenta in corrispondenza dei passaggi politici decisivi”: ma va? “E così sarà il 21 giugno, quando si voterà la risoluzione M5S sulla guerra”: quindi i Servizi hanno ingaggiato Nostradamus. Ma ecco i nomi. “Giorgio Bianchi, definito dai report periodici che gli apparati di sicurezza inviano al governo ‘noto freelance italiano presente in territorio ucraino con finalità di attivismo filorusso’… ha preso di mira più volte Urso”: salvo reati di diffamazione, che competono ai magistrati e non al Copasir, pare aver esercitato il diritto di critica. Ma al Corriere non la si fa: “Bianchi non smentisce la sua presenza in Ucraina”. Quindi confessa: fucilatelo. “Alberto Fazolo, economista e pubblicista, ha sostenuto che ‘i giornalisti uccisi in Ucraina negli ultimi 8 anni sono 80’… In realtà sono circa la metà”: ah beh, solo 40, ’sticazzi. Poi c’è “Manlio Dinucci (che diventa “Ducci”, ndr), 84 anni, geografo, scrittore, promotore del comitato ‘No Guerra No Nato’: le sue tesi sono state riprese da Alessandro Orsini e Maurizio Vezzosi”. Orsini finisce nella lista di proscrizione perché avrebbe ripreso tesi del temibile influencer ottuagenario e per essere stato “licenziato dalla Luiss” (balla supersonica: la Luiss non l’ha mai licenziato, ma le fake news atlantiste non finiscono al Copasir). Vezzosi invece è putiniano perché “invita i lettori a informarsi non rimanendo in superficie” e voi capite da soli la gravità dell’invito. Nulla sfugge ai nostri segugi: infatti scoprono che è filorusso pure l’ex M5S Petrocelli (chi l’avrebbe mai detto), ma non spiegano come osino sindacare le opinioni di un senatore, ancor più insindacabili delle nostre. Completano la colonna infame il dentista leghista saluzzese Claudio Giordanengo, la “blogger residente a Hong Kong” Laura Ruggeri e “il freelance Cesare Sacchetti”, propalatori di due bizzarre tesi dettate dalla “portavoce russa Zakharova”: “Le sanzioni colpiscono le imprese europee” (come dicono le imprese, gli economisti e i governi europei) e “l’Ue paga il gas in rubli” (ma lo dice anche quel putiniano di Draghi).
Ecco perché gli italiani non vogliono la terza guerra mondiale per il Donbass: tutta colpa di questa sporca dozzina di “putiniani” per insufficienza di prove. Che però – avverte il Corriere – “è destinata a ingrossarsi”: mancano il Papa, Kissinger e Sergio Romano (che purtroppo scrive sul Corriere). Poi magari qualcuno ci spiegherà dove sono le fake news, i reati e i rubli dei putribondi figuri. E quale altra democrazia liberale usa i Servizi e il giornale più venduto per mettere alla gogna chi dissente. A parte la Russia, si capisce.
(Il Fatto Quotidiano, 7 giugno 2022)

LO SCOOP PATACCA SULLA “LISTA DEI PUTINIANI”
La figura barbina del Corriere! Lo scoop patacca sulla “lista dei putiniani” è soprattutto lo specchio dello stato disastroso in cui versa il giornalismo italiano. Ieri Cazzullo a La 7 (di proprietà di Cairo, come il Corriere) per giustificare il fatto che 6 nomi assenti dal documento desecretato da Gabrielli erano stati “aggiunti” dal suo giornale, ha detto che il report era in realtà solo una sintesi di un carteggio più ampio arrivato alle colleghe Sarzanini e Guerzoni.
Peccato che nemmeno oggi – nell’ arrampicata sugli specchi del Corriere per giustificare il suo operato – non si capisca da dove le giornaliste abbiano tirato fuori nomi “pesanti” come quelli di Orsini e del senatore Petrocelli.
Altro paradosso: il pessimo lavoro del giornale più istituzionale d’Italia ha indebolito il Dis della Belloni, la posizione di Gabrielli e quella del presidente del Consiglio, tirati dentro una polemica sul nulla da chi non vedeva l’ora di strumentalizzare un finto scandalo per attaccare Draghi e i suoi collaboratori. Indebolendo proprio le più importanti istituzioni del Paese. E tutto grazie a un report informativo di poco valore ingigantito da Corriere.
In un paese normale uno scandalo del genere segnerebbe la fine di carriere giornalistiche (e non solo), ma siamo in Italia. Per fortuna della redazione di quello che un tempo era il giornale più autorevole e rispettato.
(Dagospia, 11 giugno 2022)

CLAUDIO ANTONELLI
GABRIELLI A CACCIA DELLA TALPA TRA GLI 007
Prima vera conferenza stampa politica per il sottosegretario ai Servizi, Franco Gabrielli. Dopo le polemiche scatenate dalla diffusione di un report prodotto dal Dis da parte del Corriere della Sera e dopo un confronto con il Copasir, il delegato all’intelligence ha sentito la necessità di indire un punto stampa e desegretare il documento, fino a ieri mattina classificato come “riservato”.
Dopo averne illustrato il metodo di realizzo tramite la scansione del Web e la raccolta di informazioni anche numeriche, i contenuti e le finalità, ha spiegato che è stato realizzato nell’ambito del Comitato sulla disinformazione (costituito nel 2019) a cui partecipano esponenti del Dis, rappresentati, anche a turnazione, dell’Aisi, Aise, l’ufficio del consigliere militare del premier, delegati del ministero degli Esteri, dell’Interno e della Difesa.
Mentre solo dallo scorso febbraio sarebbero presenti anche il Dipartimento dell’editoria, il Mise, l’Agenzia nazionale della cybersecurity e l’Agcom. Insomma, una folta rappresentanza da cui, per usare il termine dello stesso Gabrielli (collegato da remoto per via del Covid), è spuntata una “mano lesta” che ha girato ai giornalisti del Corriere il file già l’indomani, sabato 4 giugno.
“Questa vicenda”, ha spiegato il sottosegretario, “impone delle riflessioni. Se un documento che non contiene nulla di particolarmente rilevante per la sicurezza nazionale ha finalità positive ma poi genera un costo così elevato, significa che bisogna prendere provvedimenti”. Visto che i report del Dis non crescono sugli alberi, per Gabrielli è gravissimo che il bollettino sia stato diffuso e “chi mi conosce sa”, ha aggiunto, “che il fatto non resterà impunito. Lo dobbiamo al Paese, alla credibilità di un comparto al quale – e lo so perché ci lavoro da tempo – appartengono persone di cui faremmo volentieri a meno, ma ci sono tanti altri professionisti che svolgono il proprio lavoro con serietà e dedizioni. A questi ultimi dovremo dare risposte chiare”. Cosa intenda Gabrielli per “il fatto non resterà impunito” forse lo capiremo fra qualche settimana.
Ma le frasi sopra sono pesantissime, tanto più alla luce di mandato decisamente ampio.
Va ricordato inoltre che il suo arrivo, in parallelo con la nomina di Elisabetta Belloni, era mirato ad avviare l’Agenzia nazionale per la cyber security e fare pure una sorta di repulisti della precedente gestione. Il riferimento è al periodo di Giuseppe Conte, alle deleghe che il premier giallorosso non ha mai mollato e all’attività di Gennaro Vecchione, precedente direttore del Dis. Non possiamo dimenticare che uno degli elementi che ha spezzato la precedente maggioranza e consentito l’arrivo di Draghi è stato proprio il blitz di Conte sull’Agenzia della cyber. Il tentativo, notte tempo, di creare una Fondazione tutta interna al Dis ha fatto intervenire i ministri del Pd, di Iv e pure l’opposizione. Da lì l’effetto valanga. L’importanza dell’agenzia la si comprende anche dalla fretta con cui è stata avviata appena giunto Draghi a Palazzo Chigi.
A quel punto, messa in sicurezza l’Acn, era chiaro che l’arrivo della Belloni al Dis avrebbe dovuto consentire una stretta dei bulloni che si erano allentati. Magari con l’ingresso di professionalità un po’ troppo esterne alla macchina.
La vicenda della candidatura della Belloni al Colle ha non solo interrotto il riassetto, ma anche di nuovo mischiato le carte. Dalle parole di Gabrielli si comprende che il riassetto potrebbe ripartire ora. D’altronde, la conferenza stampa non è certo stata indetta contro il Corriere. Anzi lo stesso Gabrielli ha elogiato l’opportunità delle domande di una delle autrici del bollente articolo, guarda caso sull’eventualità di usare i servizi per monitorare le attività di disinformazione e influenza del popolo italiano da parte di Stati esteri. Insomma, linea sottile quella tra repressione delle opinioni e lotta alle fake news.
Certamente, i fendenti di Gabrielli ricadranno su coloro che dentro gli apparati o le istituzioni hanno pensato bene di fare uscire il report e mettere il governo in difficoltà, di descriverlo come uno schedatore di dissidenti. Un’ipotesi non troppo peregrina. C’è infatti da comprendere un’ultima anomalia.
Il comitato sulla disinformazione si è riunito solo quattro volte prima del 2022 e altrettante (partorendo 4 report, forse contenenti gli altri nomi citati dal Corriere) a partire da febbraio. Un dettaglio importante. Soltanto l’ultimo dei report è stato inviato al Copasir, il quale, nella persona del presidente Adolfo Urso, l’ha ricevuto lunedì 6 giugno alle ore 10. Tre giorni dopo la riunione e due dopo l’invio al Corriere. Perché gli altri report non sono stati condivisi?
Certo, in questo Urso è citato in prima persona quale vittima di accuse e di attenzione da siti pro Russia e, inoltre, da un mese il Comitato ha avviato interlocuzioni con i vertici Rai e Agcom sulla presenza di russi nei talk show. Però gli stessi che hanno diffuso il report secretato avrebbero potuto voler tirar dentro il Copasir. Nel secondo articolo del Corriere, quello uscito lunedì mattina, si cita il Copasir come se abbia avuto un ruolo attivo nell’avvio del report e quindi nella presunta schedatura dei filo Putin.
Cosa non vera, perché Urso ha ricevuto il file per ultimo. I rappresentanti del Copasir saranno da lunedì a mercoledì prossimi negli Usa. Incontreranno i colleghi del Selecte Committe on Intelligence. Parleranno di collaborazione e forse delle reciproche analisi sui tentativi di infiltrazione cinese. Screditare il Copasir alla vigilia di un viaggio così delicato avrebbe potuto far comodo a qualcuno.
(La Verità, 11 giugno 2022)