Domenica 17 luglio 2022, S. Alessio
ECONOMIA E GEOPOLITICA
LUIGI COPERTINO
LA GUERRA GEOPOLITICA DELLE MONETE
La moneta non è un prodotto del mercato. La moneta ha origini sacrali. Essa storicamente non è comparsa in origine quale strumento di scambio e quindi con una funzione economica mercantile. La sua forma originaria era quella dell’oggetto votivo e rituale, sostitutivo degli animali nei sacrifici cultuali. Uno oggetto, uno strumento mediante il quale, presso tutte le culture tradizionali, l’uomo entrava in contatto con la sfera del Sacro per riceverne, tramite essa, influenze benefiche ed allontanare quelle negative. Monili, anelli, pendagli, i cosiddetti “agalmata” (oggetti preziosi), circolando all’interno di chiusi gruppi castali, o sacerdotali o iniziatici, veicolavano nella comunità l’influsso di forze sovrumane, di natura celeste o tellurica[1].
In quanto di origine sacrale, la moneta votiva era anche simbolo del potere sovrano del Re – lo stesso scettro pare derivi dall’uso rituale degli antichi “agalmata” – e nel contesto di economie agricole o di raccoglitori[2], essa aveva una funzione contabile, connessa con la numerologia sacra[3], per l’ammasso delle derrate presso i templi e la loro redistribuzione alla popolazione, come nel racconto biblico di Giuseppe alla corte del Faraone. Una funzione, questa della contabilizzazione delle derrate alimentari, squisitamente ed esclusivamente politica, propria cioè dell’Autorità politica consacrata, per il rito ufficiato dall’Autorità sacerdotale, dagli déi. La sua originaria essenza sacrale, quale oggetto veicolante influenze spirituali, ha dunque reso la moneta, sin dall’antichità, un simbolo ed uno strumento del Politico. Il suo contesto primordiale era interno alle prime due tra le tre funzioni dumeziliane. Soltanto in fasi storiche successive la moneta iniziò ad assumere una valenza commerciale, di mezzo contabile per lo scambio mercantile. La moneta non nasce originariamente per le esigenze del mercato[4].
Il fatto che anche nelle moderne economie di mercato essa assolva innanzitutto alla funzione di unità di conto, indipendentemente dalla sua forma metallica, cartacea o informatica, che ha variamente assunto nel corso dei secoli, testimonia ancor oggi la sua antica origine sacrale e quindi la sua valenza politica, potremmo dire la sua “policità”. Infatti il valore numerico-quantitativo dell’unità di conto monetaria era, ieri come oggi, stabilito dall’Autorità Politica. Come nelle compagini imperiali antiche, anche in età moderna, all’interno della stessa comunità politica e del medesimo sistema normativo, il rapporto numerico-contabile di equivalenza tra il simbolo monetario, ossia la sua forma concreta in un dato periodo storico, ed il cosiddetto “sottostante”, che ai tempi della coniazione metallica era tutt’uno con il simbolo, o “collaterale” materiale è sempre stato deciso dal Sovrano[5].
Questa premessa storica si è resa necessaria per meglio comprendere cosa sta accadendo nell’ambito dell’ordinamento monetario internazionale attuale come conseguenza della guerra russo-ucraino che è, innanzitutto, un conflitto geopolitico tra l’Occidente ed i Paesi non allineati al sistema di potere occidentale. Non da oggi, infatti, una delle armi con le quali si combattono guerre e conflitti geopolitici è la moneta. Lo scontro tra Russia ed Occidente, in ordine all’Ucraina, ha accelerato una tendenza in atto da alcuni anni ossia la definizione di un sistema monetario alternativo a quello vigente che, dal 1945, è fondato sulla preminenza del dollaro americano.
Nell’attuale sistema di pagamenti internazionale il dollaro statunitense è l’unità di conto nonché la valuta reale comunemente usata negli scambi commerciali internazionali. La Fed, la Banca centrale statunitense, oggi stampa i dollari necessari alla maggior parte delle transazioni internazionali che avvengono nella valuta americana. Questo conferisce agli Usa il predominio finanziario e commerciale. Un potere che, in sostanza, giunge fino alla possibilità di estromettere dal sistema di pagamenti vigente qualsiasi Paese, da ridurre o riportare ad obbedienza, impedendo ad esso, privandolo del “marchio” della credibilità e legittimità internazionale, di “vendere o comprare”.
Il dollaro è rimasta la valuta di riferimento del sistema monetario internazionale anche dopo la cessazione del gold standard decretata nel 1971 da Nixon. Infatti mediante un accordo tra Stati Uniti e monarchie arabe del petrolio, che prevedeva da parte dei produttori di greggio l’accettazione nei pagamenti esclusivamente della divisa americana, il dollaro assunse, al posto del sottostante aureo, come collaterale l’“oro nero”. Ogni paese dal 1971 è vincolato alla necessità di cambiare la propria valuta in dollari, indebitandosi in sostanza con gli Stati Uniti, per rifornirsi di petrolio e di altre fonti di energia.
In epoca digitale, il sistema dei pagamenti internazionali, fondato sul dollaro, opera attraverso un codice informatico detto SWIFT. Si tratta di un codice di sicurezza assegnato dalla Society for Worldwide Interbank Finanzial Telecommunication (da qui l’acronimo SWIFT) che identifica uno specifico istituto bancario. Ad ogni codice Swift corrisponde una banca. A volte è chiamato anche BIC che sta per Business Identifier Codes. È utilizzato per identificare in modo univoco banche e istituzioni finanziarie a livello globale. Esso ci informa sull’identità e sull’operatività di banche ed altri intermediari finanziari e funziona come una sorta di codice bancario internazionale. L’indicazione del codice Swift serve a garantire che un importo monetario sia trasferito con successo sul conto corrente del destinatario ed è necessario tutte le volte che si ordina un bonifico internazionale.
È notizia recente che una settantina di grandi banche occidentali, in segreto, sono passate al sistema monetario di pagamenti internazionale, alternativo allo Swift occidentale, messo in piedi dai cosiddetti Brics (Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica). Il Gruppo dei Brics è nato nel 2002 in Asia perseguendo una collaborazione politica ed economica per favorire la mutua crescita dei rispettivi interessi nazionali. L’adesione di un numero notevole di banche occidentali al sistema di pagamenti del circuito Brics è un evidente segnale dello sgretolamento del sistema monetario occidentale basato sul dollaro e, quindi, del profilarsi sempre più concreto di un mondo multipolare, non più unilaterale[6]. La Banca centrale russa non ha rivelato di quali banche occidentali si tratta in quanto esse hanno chiesto il silenzio per evitare ritorsioni.
Il fatto è che, paradossalmente, le sanzioni Nato e Ue alla Russia hanno accelerato il processo di formazione del nuovo sistema multipolare di pagamenti che i Paesi Brics stavano progettando da tempo. L’economista russo Sergey Glazyev, attuale ministro per l’integrazione e la macroeconomia dell’EAEU (Unione Economica euroasiatica), in una intervista alla rivista “The Cradle”, rilasciata il 14 aprile scorso, denunciando l’arroganza dell’Occidente che si auto-definisce la civiltà per eccellenza con la conseguente pretesa di civilizzare, invero colonizzare, tutto il mondo, ha parlato della necessità di un nuovo sistema finanziario per un mondo multipolare spiegando i contorni come si vanno delineando. Il nuovo sistema non sarà più caratterizzato dall’egemonia USA-NATO e da quella del dollaro ma sarà organizzato in linea con le esigenze di un mondo multipolare nei suoi rapporti internazionali. Nascerà una nuova moneta, inizialmente solo di conto, legata ad “asset reali” e supportata dal pool delle riserve valutarie di Brasile, Russia, India, Cina, Sud Africa, in sostanza i Paesi Brics, ai quali ben presto si affiancheranno anche Iran ed Argentina. Il nuovo standard monetario internazionale non sarà più il dollaro ma un complesso di asset reali – tra cui oro, argento, palladio – al quale saranno agganciate le valute mondiali (Real Asset Standard).
I Paesi Brics, messi in allarme dal comportamento da gangster della Nato che ha congelato le riserve auree e finanziarie russe nelle banche occidentali, hanno accelerato il progetto onde opporsi efficacemente, anche nell’ambito dei pagamenti internazionali, al sistema unipolare organizzato intorno all’egemonia del dollaro, al quale sin dalla sua nascita è infeudato l’euro.
La banca “Brics”, attualmente “Banca di sviluppo”, ha un capitale di 50 miliardi di dollari e può contare su un fondo strategico di capitali di riserva per far fronte a eventuali crisi valutarie e alle pressioni a breve termine sulla liquidità, denominato Contingent Reserve Arrangement (Cra, Accordo sui fondi di riserva), con un potenziale di 100 miliardi di dollari. La Cina contribuisce al fondo per 41 miliardi, Brasile, India e Russia per un ammontare di 18 ciascuno ed il Sudafrica per 5 miliardi. Questo gruppo di Paesi, che non intendono più sottostare al dominio del dollaro, ha concertato un sistema di cambio tra valute legato ad un paniere – in particolare alle materie prime ed alle risorse energetiche (cosa che spiega anche la decisione russa della pretesa di pagamento del gas in rubli) – che svolga il ruolo di sottostante/collaterale di una moneta di conto, forse nella prospettiva ancora di là dal venire di una valuta unica.
Vi poi un ulteriore ed interessante dettaglio. Nel sistema di pagamento Brics è, infatti, previsto che le banche centrali dei Paesi aderenti emettano moneta fiat che però faccia riferimento, quale sottostante/collaterale, non soltanto, come si è detto, alle materie prime, come il gas russo, ma anche alla estensione demografica della popolazione[7], alla cultura del popolo, al suo patrimonio storico. Tutto ciò diventerà “asset reale” e costituirà il sottostante/collaterale delle monete del nuovo sistema di pagamento dei Brics[8].
“Due vertici uno dopo l’altro – scrive Manlio Dinucci –, quello del G7 e della NATO, dimostrano che l’Occidente sta mettendo in campo tutte le sue armi – militari, politiche, economiche – per mantenere il predominio che sta perdendo in un mondo che diventa sempre più multipolare, come dimostra il crescente sviluppo dei BRICS”[9]. Non a caso, dunque, l’attuale presidente della Fed, Jerome Powell, ha ammesso che sono in atto rapidi cambiamenti tali da mettere in discussione il ruolo del dollaro. Una ammissione che nasconde il timore americano di un possibile crollo del sistema di egemonia monetaria statunitense[10]. Della possibile fine del dollaro quale valuta dominate, si è discusso, sotto la denominazione di “perturbazione del sistema finanziario mondiale”, anche al meeting del Bilderberg 2022, tenutosi dal 4 al 6 giugno scorsi all’hotel Mandarin Oriental di Washington. Lo hanno rilevato gli osservatori ed analisti politico-finanziari Davide Rossi e Giorgio Bombassei[11].
Il vecchio sistema monetario internazionale, dal canto suo, sta tentando di ritardare il proprio tramonto. Fed e Bce hanno progettato criptovalute, da esse controllate, per ritardare il depotenziamento geopolitico ed economico del dollaro e dell’euro e tentare di contrastare l’ascesa dei Brics. Mal il tentativo non sembra così facile né scontato il suo successo. È stato Macron, tra i primi, ad osservare che gli europei stanno pagando un prezzo troppo alto per le sanzioni contro la Russia imposte in sede Nato/Ue. L’inflazione, giunta ufficialmente all’8% e data in salita, ma probabilmente già molto oltre detto valore percentuale, innescata dal fermo produttivo causato dai lockdown pandemici e dalla guerra russo-ucraina, rappresenta una situazione esplosiva per l’Occidente e soprattutto per un’Europa ciecamente e stupidamente prona alla volontà bellicista, per procura, di Washington. Per uscire dall’inflazione, senza macellerie sociali, si dovrebbe agire dal lato dell’offerta, ossia riattivare una adeguata offerta di risorse energetiche e materie prime la cui contrazione ha innescato l’ascesa dei prezzi. Ma questo è un percorso molto lungo e troppo costoso per il capitale multinazionale, essendo l’offerta economicamente meno elastica della domanda e, quindi, meno capace di riespandersi con immediatezza dopo una contrazione per fermo produttivo o commerciale. Pertanto, anche a rischio di eccedere provocando una nuova deflazione, i governi occidentali, che sono tutti in mano all’élite globale che periodicamente si riunisce in seduta pubblica a Davos nel Word Economic Forum o in seduta riservata come nel caso del Bilderberg, sembrano piuttosto orientati a ridurre la domanda, ossia tagliare il reddito della popolazione, per renderla proporzionale all’offerta attualmente contratta. Nonostante una scelta del genere comporti il pericolo della chiusura delle aziende, della fame, e della disoccupazione, gli ispiratori dei governi occidentali sembrano voler correre il rischio sicuri, come sono, della loro impunità e che la rabbia popolare finirebbe per scagliarsi contro i governi, mordendo il bastone e non la mano che lo impugna.
Non tutto il Gotha elitario occidentale tuttavia è del parere di forzare gli eventi. La prospettiva di imboccare un tunnel senza uscita, se non a costo di disordini e destabilizzazioni politiche e sociali, che sarebbero inevitabili in caso di inflazione accompagnata da una nuova austerità, ha indotto una vecchia volpe come Henry Kissinger, di scuola realista ossia non neoconservatrice, a cogliere al volo l’occasione del discorso di Putin al Forum Economico di San Pietroburgo, qualche settimana fa, per invitare Stati Uniti ed Unione Europea a riallacciare rapporti cordiali con la Russia, riconoscendo ad essa quella dignità di cui ha diritto per la sua millenaria civiltà che, pur se è un ponte verso l’Asia, appartiene senza dubbio all’Europa e rinunciando a perseguire l’attuale folle politica espansiva verso est[12]. Per Kissinger bisogna riaprire il dialogo con Mosca anche imponendo all’Ucraina scelte oggi dolorose ma che essa avrebbe potuto evitare se non si fosse fatta sobillare dalla Nato.
L’indipendenza e la sovranità di uno Stato non è solo, certamente, una questione monetaria. È, insieme, un fatto anche culturale, politico, militare, tecnologico. Se non è sovrano sotto tutti questi profili qualsiasi Stato, benché formalmente libero, è pur sempre una colonia di chi quella sovranità integrale invece la possiede e la esercita. La Russia di Putin, a differenza ad esempio del nostro Paese, non è una colonia proprio perché possiede le forme di sovranità necessarie ad uno Stato per essere libero. Non ultima quella tecnologica. La Russia, infatti, si è dotata di produzione tecnologica in casa, per non dipendere dall’estero. Al contrario dell’Occidente che ha inseguito, a proprio discapito, i miti del liberoscambismo con il risultato che la globalizzazione ha frammentato la sua produzione tecnologica attraverso le delocalizzazioni. L’Occidente ha perso il proprio know-how industriale e tecnologico per trasformarsi in una economia di servizi finanziari che apportano vantaggi soltanto alle sue élite. L’Italia, ad esempio, aveva nell’Iri, che era la sesta tra le grandi aziende mondiali, la sua holding pubblica altamente all’avanguardia in tutti i settori principali per una economia moderna. È stata svenduta, spacchettata e privatizzata da Mario Draghi in accordo con le principali banche d’affari angloamericane con lui riunite a bordo del panfilo inglese Britannia nel giugno del 1992. Oggi, il nostro Paese dipende dall’estero anche sotto il profilo della impiantistica tecnologica.
Qualcuno spera che anche l’Italia aderisca al nascente nuovo sistema monetario internazionale dei Brics, costruito su alleanze non solo economiche ma anche più rispettose delle reciproche sovranità monetarie, coordinate senza egemonie[13]. Non sappiamo se questo auspicio si realizzerà o se resterà un sogno – molte cose lo ostacolano – e tuttavia un fatto è certissimo: non solo l’Italia ma tutta l’Europa non può più procedere come ruota di scorta degli Stati Uniti e deve affermare al più presto la propria indipendenza, anche quella anche monetaria rispetto al dollaro. Guardare con simpatia ai Paesi Brics e iniziare a pensare ad un euro indipendente, intorno al quale costruire un nostro sistema di pagamenti alternativo a quello di Washington, e con alle spalle una Confederazione politica, dotata di tutti gli elementi necessari alla sovranità, quindi anche quelli di natura militare e tecnologica, non è affatto vietato. Anzi sta diventando sempre più necessario.
[1] Cfr. Nuccio D’Anna, Le radici sacrali della monetazione, Chieti, Solfanellli, 2017. Se il termine “pecunia”, che deriva da “pecus”, rinvia all’uso cultuale dell’animale presso culture pastorali – un uso sacrificale che ritroviamo anche nel Genesi con Abele che offre a Dio le primizie del gregge – il termine “moneta”, attributo della dea Giunone, deriva da “moneo” ossia “ammonire” e rimanda alla “giustizia retributiva” all’interno del rapporto dell’uomo con il Divino. Il conio era affidato a vere e proprie corporazioni di fabbri-maghi, spesso girovaghi, esperti nella sapienza esoterica dei metalli come anche nell’arte della metallurgia ossia della loro manipolazione attraverso la potenza del fuoco.
[2] Contrariamente allo schema evoluzionistico prevalente, sembra che agricoltura e raccolta dei frutti spontanei siano forme di economia coeve, se non addirittura precedenti, a quelle basate sulla caccia o la pastorizia.
[3] La numerologia era una scienza divinatoria tra le più importanti, che avrà un seguito filosofico nel pitagorismo e nel platonismo. Presso gli Inca questa funzione di conto era praticata attraverso corde annodate, ossia composte di nodi a ciascuno dei quali corrispondeva un numero preciso.
[4] L’uso a scopi commerciali della moneta compare tardivamente e soltanto con l’apparire dello scambio mercantile. Le moderne teorie per le quali la moneta sarebbe nata dalle e per le esigenze del mercato, onde superare i costi di comparazione tra beni diversi e le incertezze del primitivo baratto, sicché essa altro non sarebbe che una sorta di “velo contabile” dietro il quale continuerebbe a nascondersi un mondo di baratti in quanto la stessa moneta sarebbe una “merce standard” convenzionalmente accettata, sono del tutto prive di fondamento antropologico e storico.
[5] Benché storicamente non possa essere considerata un prodotto del mercato, la moneta, sia in età sacrale che in epoca mercantile, è sempre stata comunque associata ad un qualche bene materiale il quale costituisce l’“incarnazione” dell’unità contabile, numerica, in cui consiste la sua essenza ideale-archetipica, presieduta, come si è detto, dall’Autorità Politica. Il peso intrinseco del “sottostante”, ossia quanto metallo doveva un tempo essere utilizzato per il conio, è sempre stato deciso da un atto politico del Sovrano, in origine sulla base di credenze cosmico-numerologiche. Il fiorino nella Firenze medicea era coniato con il peso di 3,5 grammi circa d’ oro. Questa grammatura fu una decisione politica. Se il fiorino, ai suoi tempi, era la moneta più ricercata in Europa il fatto dipendeva dalla potenza politica ed economica della Repubblica fiorentina che lo supportava e che induceva fiducia nella stabilità, e quindi generale accettazione, di quella moneta. Il fiorino non era accettato e ricercato perché composto dalla citata quantità di oro. Anche altre monete erano coniate con la stessa quantità aurea o comunque con una quantità di oro prefissata. Comparsa la moneta cartacea, anche il rapporto di cambio, ovvero quanto oro, argento o altro metallo si otteneva allo sconto della moneta cartacea, che aveva forma giuridica di cambiale ossia di titolo rappresentativo di un bene, veniva deciso dallo Stato, benché spesso esso delegava, impropriamente, questa funzione alla Banca Centrale che non sempre aveva natura pubblica. Anche quando il bene materiale non svolge una funzione di “sottostante” ma di semplice “collaterale”, ossia quando una moneta diventa l’unica valuta di pagamento di un bene – si pensi oggi al gas che Putin ha stabilito come collaterale del rublo o anche al petrolio che, dopo la fine del gold standard nel 1971, divenne il collaterale del dollaro trasformato in “petrodollaro” – la connessione tra moneta e bene materiale dipende sempre da una decisione politica. L’incorporazione dell’unità di conto monetaria in un bene, sottostante o collaterale, sussiste anche nella moderna “moneta fiat” ossia demetallizzata, meramente fiduciaria. Infatti la stessa “fiducia”, che solitamente viene presa come esempio della non necessità di un sottostante/collaterale nelle monete moderne, cartacee o informatiche, del tutto svincolate da base metallica, è in realtà un bene giuridicamente tutelabile, sin dai tempi antichi – si pensi alla “bona fides” del diritto romano –, sicché anche la moneta fiduciaria rivela la propria connessione ontologica con un bene, benché immateriale come, appunto, la “fides”. Non a caso un giurista, Giacinto Auriti, che nella “fiducia”, ossia nell’accettazione fiduciaria del simbolo monetario cartaceo, ha individuato, nei termini di un “valore indotto” ovvero “incorporato” nel simbolo, il segreto del potere d’acquisto della moderna moneta demetallizata, definiva la fiducia un bene, il quale sebbene immateriale è soggetto, come ogni bene, al diritto di proprietà. Da qui, poi, la tesi auritiana della moneta quale bene di proprietà popolare da accreditare, non indebitare, ai cittadini all’atto dell’emissione del simbolo cartaceo.
[6] Si veda l’intervista all’economista Armando Savini “Terremoto finanziario in arrivo?” su https://youtu.be/FgtWA6asH0c.
[7] La natalità è un valore aggiunto anche sotto il profilo monetario ed economico, cosa che l’Occidente abortista ed in declino demografico stenta a comprendere.
[8] I paesi del gruppo dei Brics sembra in procinto di realizzare quanto da anni, inascoltati, chiedono noti economisti eterodossi in ordine alla misurazione del Pil di una nazione non solo in termini di contabilità e produttività ma anche nei termini di quei fattori umani, extraeconomici, che rendono degna la vita e civile uno Stato, come, ad esempio, il livello del reddito medio dei cittadini, il loro grado di alfabetizzazione, di istruzione e cultura, il rispetto dell’ambiente, persino il livello etico-religioso delle pratiche sociali. Il dibattito sul futuro monetario dell’umanità è aperto e fervoroso. Si è alla ricerca di un nuovo sistema monetario nel quale la moneta sia posta a servizio delle esigenze materiali e spirituali dell’essere umano e non costituisca più uno strumento di indebitamento perpetuo dei popoli, estromettendo dal suo circuito – cosa che mediante l’informatica sembra possibile – tutte le attività umane non etiche, per renderle prive di supporto finanziario.
[9] Cfr. Manlio Dinucci “L’Occidente chiude i ranghi per la battaglia” in Voltairenet.org al link https://www.voltairenet.org/article217568.html.
[10] Che qualcosa stia cambiando nel sistema monetario vigente è stato segnalato persino dall’inaspettato comportamento del nostro Ministero dell’economia e finanza (Mef), il quale, sostituendosi alla Bce che ha cessato di sostenere il debito pubblico italiano, il 10 giugno ha riacquistato i propri titoli di Stato. L’operazione del Mef è stata condotta tramite Bankitalia, ossia la nostra Banca centrale nazionale. Una inversione di tendenza rispetto alle regole capestro dell’Eurocrazia di Bruxelles e Francoforte. Evidentemente quando la necessità lo impone anche uno Stato di stretta osservanza “eurista”, come il nostro, finisce per derogare ai vincoli imposti dall’esterno.
[11] Cfr. Davide Rossi, Bilderberg 4-6 giugno: chi c’era, di cosa si è parlato” sul canale web Il Vaso di Pandora al link https://ivdp.it/9690-2/.
[12] Nel suo discorso, Putin, oltre a rimarcare una perdita economica per l’Europa, a causa delle proprie scelte politiche antirusse, intorno ai 400 milioni di euro nel prossimo anno, ha evidenziato che “L’Unione Europea ha perso la sua sovranità politica. Le sue élite burocratiche devono muoversi seguendo quello che gli viene detto di fare dai loro superiori, danneggiando la propria gente, la propria economia, e gli affari” aggiungendo che con l’inflazione in atto “La Russia e le nostre azioni per liberare il Donbass non c’entrano” perché “Il rialzo dei prezzi …, i problemi legati alla sicurezza alimentare, i carburanti, la benzina, il settore energetico in generale, sono il risultato di errori sistemici da parte dell’attuale amministrazione statunitense e della burocrazia di Bruxelles”. Cfr. “Putin al Forum di San Pietroburgo: L’Europa sta pagando per le sanzioni imposte” in euronews del 17.06.2022 disponibile al link https://it.euronews.com/2022/06/17/putin-al-forum-di-san-pietroburgo-leuropa-sta-pagando-per-le-sanzioni-imposte.
[13] Cfr. Marco Pugliese “Italia nei Brics? Come non farsi trovare impreparati alla fine dell’UE”, Il Sussidiario del 02.07.2022, reperibile al link https://www.ilsussidiario.net/news/scenari-italia-nei-brics-come-non-farsi-trovare-impreparati-alla-fine-dellue/2368257/.