Domenica 4 settembre 2022, San Mosè Profeta
BRUNO BOSI
È GIUNTO IL MOMENTO DI AGIRE
Gli esseri umani, ognuno con particolari diversi che lo distinguono dai propri simili quanto a sensibilità intelligenza forza bellezza ecc., per vivere deve relazionarsi con altri. La vita è un insieme di relazioni. La storia intesa come ricerca su eventi passati per capire come siano stati possibili periodi evoluzione e di involuzione debba essere mirata a comprendere le relazioni umane. Alle origini si trattava di superare le difficoltà che potevano metterne in pericolo l’esistenza dovuta alla scarsità di cibo o alle condizioni climatiche avverse. Poi quando le società diventano più complesse e i pericoli provenienti dall’ambiente esterno sono superati per gli esseri umani i pericoli più gravi da una decina di millenni derivano dalle relazioni interne alle varie società che se si sono susseguite.
La relazione determinante per le sorti delle società è sempre stata quella tra dominati e dominatori. Se guardiamo alle civiltà che ci hanno preceduto, tutte hanno avuto un periodo di crescita, di splendore poi di decadenza. Questo modo di procedere sembra rispecchiare l’evoluzione delle relazioni interne alle società che si sono susseguite fino ad oggi. Quando le relazioni sono strutturate ad incentivare rapporti che tendono a rendere possibile un futuro migliore per i dominati abbiamo il progresso della società, quando i dominati devono rassegnarsi ad un futuro peggiore abbiamo il declino e la decadenza della società. A questo punto la società può essere travolta da forze esterne o interne per poi avviare una nuova esperienza che di solito promette relazioni più giuste. Nella nostra esperienza occidentale abbiamo avuto poco più di due secoli fa il crollo dell’antico regime e l’inizio della modernità. Significava l’abolizione dei privilegi riconoscendo a tutti gli esseri umani gli stessi diritti. Di fatto questa rivoluzione si preoccupò solo dell’uguaglianza dei diritti civili e politici e ci vollero 150 anni e due guerre mondiali per renderla effettiva. I privilegi che prima erano politici, riguardavano la libertà, diventarono economici e trovarono modo di estremizzarsi nel capitalismo liberista. Chi aveva il controllo della ricchezza era libero di fare male ai suoi concittadini purché alla fine la sua nazione acquisisse prestigio e potenza militare. I dominati dovevano lavorare e combattere. La reazione a queste eccessive ingiustizie trovò sbocco nelle teorie marxiste. Solo dopo aver toccato il fondo con le guerre mondiali i politici che avevano trascinato i loro popoli alla guerra ebbero un sussulto di lucidità e si resero conto che per esistere la libertà ci voleva anche giustizia nella distribuzione della ricchezza. Questi principi vennero dichiarati nella DUDU (dichiarazione universale dei diritti dell’uomo). Quindi non solo diritti civili e politici uguali per tutti ma anche diritti sociali, economici e culturali. Questi propositi sono stati traditi dai politici dei paesi occidentali e quindi anche dalla stragrande maggioranza dei paesi in via di sviluppo. Probabilmente un’attenuante per le colpe dell’occidente, responsabile di avere plasmato un tipo di società che sta dimostrando i suoi limiti sia per quanto riguarda la pacifica convivenza tra i popoli che il rispetto per l’ambiente, era dato dalla contrapposizione con la proposta di un’uguaglianza assoluta che non può esistere. Ma questo non significa che debba trionfare la disuguaglianza illimitata. Qualsiasi forma di convivenza ha come requisito fondamentale la moderazione dell’egoismo individuale, presente in tutti gli esseri umani. tutti per metà vizio e per metà virtù. L’avere dichiarato poi implementato l’uguaglianza di diritti civili e politici, che dovrebbe corrispondere grosso modo alla democrazia non ha la pretesa di affermare che tutti sono uguali nella gestione del potere politico. Impone però un atteggiamento di moderazione dove nessuno può seriamente rivendicare più potere politico di un altro cittadino. È questa forma di moderazione il risultato più importante delle società che si pretendono democratiche. Purtroppo questa conquista è stata annullata dalla mancata implementazione dell’uguaglianza dei diritti sociali ed economici e il potere che sempre significa facoltà di limitare la libertà degli altri da politico è diventato finanziario. Le relazioni tra umani sono dirette, imposte o subite, dall’aspirazione o necessità, del denaro. Il denaro è importante per chi non ne ha, la disperata rincorsa al denaro giustifica ogni tipo di comportamento. Da uno stato di necessità, che corrisponde esattamente alla quantità di denaro accumulato e inutilizzato, ne scaturisce una fede che innalza sempre più chi viene accreditato della disponibilità di ingenti se non mostruose quantità di denaro. In realtà questo denaro è una grandezza solo virtuale ma con la complicità dei politici corrotti consente di aggirare la democrazia e l’aspirazione ad un futuro migliore.
Il motore del progresso è dato dall’aspirazione dei cittadini ad un futuro migliore e questo significa relazioni più giuste o moderate riconoscendo agli altri i diritti che pretendiamo per noi. Il compito dei politici è di introdurre nella società strumenti che siano funzionali all’affermazione di relazioni più giuste o di impedire l’uso di strumenti che vanno nella direzione opposta. La funzione attribuita al denaro di strumento di riserva di valore è la causa della rovina delle nostre attuali società e del nostro pianeta. Il denaro cartaceo o elettronico è un mezzo che deve agevolare il mercato dove il fine è lo scambio della ricchezza cioè dei beni materiali. Oggi il mercato è diventato un mezzo e il fine è diventato l’accumulo di denaro. È il capitalismo finanziario. Il cambiamento deve partire dal basso, dai dominati che sono coloro che producono la ricchezza col lavoro andando a rimuovere i motivi di contrasto che dividono in inutili contrapposizioni: come tra pubblici e privati, dando la possibilità per tutti di passare un periodo nel pubblico impiego; contribuenti ed evasori, togliendo il sostituto d’imposta; imprenditori e dipendenti, con partita iva per tutti; occupati e disoccupati, dimezzando i tempi di lavoro. Lavorare tutti ma con una riduzione sostanziale dei tempi di lavoro lascerebbe il tempo per badare a se stessi, ai figli, agli anziani. Si ridurrebbe la necessità di servizi pubblici, di spesa pubblica di imposizione fiscale. Sarebbe una valorizzazione delle capacità umane individuali e dell’attitudine alla socialità. Una responsabilizzazione che riporterebbe i cittadini a votare, a decidere del loro futuro, a riscoprire valori che oggi sono oscurati dall’unico valore del denaro indispensabili per riequilibrare le relazioni sociali e tutelare l’ecologia. Tutto questo può trovare spazio solo da un ridimensionamento dell’istituzione denaro che deve tornare ad essere un mezzo e non il fine. La disponibilità di denaro deve premiare i più bravi, i più capaci che potranno permettersi un tenore di vita più alto, ma il denaro deve essere speso non accumulato. Il denaro accumulato e inutilizzato per avere un senso deve diventare potere politico che annulla la democrazia. Per disinnescare questa possibilità dobbiamo dare una scadenza al denaro. Uno ne può avere tanto ma o lo rimette in circolo o lo perde. Questo spingerebbe ad una automoderazione nella bramosia di denaro, lasciando anche agli altri la possibilità di guadagnarsi da vivere. Nello stesso tempo sarebbe un freno al consumismo quindi l’unica possibilità di salvaguardare l’ambiente. La forza del capitalismo stava nello stimolare la competizione ma oltre un certo limite la competizione diventa al ribasso per far affluire denaro a chi ne ha già troppo e non può utilizzarlo ma può solo spremere sempre di più chi non ne ha. A ben guardare la storia delle relazioni umane, questo è già avvenuto con l’istituzione nobiltà. I titoli nobiliari all’origine erano assegnati a persone che se li erano meritati, una gratificazione che la società aveva interesse a riconoscere. Il problema nasceva dal dover riconoscere questi titoli per sempre, ad eredi che non li meritavano. Quel sistema soffocava l’economia e la libertà, così si arrivò alla rivoluzione francese dove si disse: “Il terzo stato (chi lavora) è tutto, la nobiltà e il clero non sono niente” e furono aboliti i privilegi. Oggi dovremmo dire: “Chi lavora è tutto, il denaro inutilizzato non è niente” e si libererebbero energie e risorse per un futuro migliore.
Non dobbiamo inventare niente. Basterebbe ripartire dalla DUDU e dare attuazione ai principi da questa dichiarati. Oggi la DUDU viene strumentalizzata per interferire negli affari interni dei paesi che non accettano la dittatura globale della finanza. Si usa il pretesto di imporre la democrazia con la guerra mentre in realtà si vuole aprire la strada al dilagare del capitalismo liberista con una determinazione degna del più fanatico integralismo. Il capitalismo finanziario è un’economia di guerra, è il potere politico dei dominatori, che hanno superato le divisioni tradizionali di etnia, religione e ideologia ma sono accomunati dalla disponibilità di ingenti quantità di denaro. una ricchezza puramente virtuale riconosciuta tale per mezzo di una fede istigata dai mezzi di disinformazione che origina un potere virtuale extraterritoriale che considera l’umanità e quel che resta degli stati nazionali come pedine da muovere a suo piacimento. Nella fase attuale per portare avanti il suo progetto deve trovare delle occasioni di guerra assoldando dei mercenari come nei periodi più oscuri del medio evo. Ma quando un soggetto politico diventa troppo forte e invadente inevitabilmente suscita la nascita di una coalizione contrapposta. La guerra a questo punto diventa troppo rischiosa meglio cercare una soluzione politica.
A questo punto dobbiamo chiederci come mai non affiora una proposta politica dai nostri apparati di gestione della democrazia che tra l’altro sono i più generosamente retribuiti di tutto il pianeta. È evidente che questo sistema è insostenibile, lo hanno detto i capi di stato dei paesi occidentali quando siamo andati ad un passo dal crollo nel 2008, poi non hanno fatto niente per cambiare ma si sono impegnati per far sopravvivere ancora per un po’ un sistema agonizzante. Il cambiamento non può venire dall’alto, dai dominatori del sistema vigente. Se questi arrivassero ad ammettere le loro responsabilità determinerebbero una situazione di caos che sarebbe pericolosa per tutti anche per i dominati. Anche insistere su una direzione sbagliata destinata ad un crollo inevitabile è pericoloso per tutti, anche per i dominatori. Quello che è scandaloso nella situazione attuale è la mancanza di una forza politica che sia progressista nei fatti e non nel nome. Quelli che si pretendono progressisti ma di fatto non lo sono, si ostinano ad occupare uno spazio e a monopolizzare risorse che se lasciate nella disponibilità dei dominati consentirebbe di esercitare una pressione che potrebbe portare un cambiamento conveniente per tutti. Ma l’informazione è succube, come la politica, di chi oggi può distribuire gratificazioni a chi ignora le aspirazioni ad un futuro migliore. I giornalisti sono diventati dei giornalai e i politici dei privilegiati che difendono i loro privilegi. Producono interminabili polemiche sempre rivolte al passato, che hanno lo scopo di creare divisione utile all’industria televisiva, ma non si vede uno sprazzo di fantasia creativa che attingendo dall’esperienza storica possa sbocciare in una proposta innovativa portata avanti da un leader che sia un precursore di una società migliore. Un leader deve unire non dividere, ed oggi sarebbe facile trovare proposte condivisibili in una società dove ormai la ricchezza è attribuita a qualche migliaio di individui mentre tutti gli altri si vanno progressivamente impoverendo. Anche se le soluzioni ormai devono essere globali, il primo passo deve essere a partire da dove siamo. Abbiamo tra un mese le elezioni politiche dobbiamo tentare assolutamente di fare qualcosa, potrebbe essere l’ultima occasione utile. Dobbiamo proporre di unire tutti coloro che non si identificano nella attuale cricca dirigente, destra e sinistra uguali, per creare una forza in grado di riformare le nostre istituzioni per renderle espressione dell’aspirazione dei cittadini ad un futuro migliore di libertà pace e benessere. La politica è percepita come viene presentata dall’informazione o dalla disinformazione. Dobbiamo in questo mese che ci separa dalle elezioni trovare il modo di accedere ai media, alla televisione, pubblica o privata per dare voce al partito dei non votanti e a tutti i piccoli movimenti o partiti che sono riusciti ad avere la possibilità di presentarsi alle elezioni. Se necessario dobbiamo autotassarci per avere questo spazio. Poi qui devono entrare in gioco quei sapienti, storici, filosofi, sociologi economisti che esistono ed esprimono idee che li qualificano come precursori di un futuro migliore. Non intendo con questo delegare a una superiorità degli uomini di scienza sui normali cittadini ma bisogna riconoscere le capacità di comunicazione a chi le ha, è necessario per avere visibilità e consensi. Il dibattito dovrà cercare punti di condivisione e non di conflittualità come avviene in tutti i talk show.