Minima Cardiniana 390/5

Domenica 4 settembre 2022, San Mosè Profeta

UN’INTERVISTA A MARCO TARCHI
“Finite le ‘invasioni barbariche’, Meloni si accredita come Silvio 28 anni fa”

Tremonti, Pera, Roccella, Cesa (oltre a Berlusconi): nelle liste di centrodestra ci sono nomi di 20 anni fa e passa. E un’occasione sprecata per Meloni? Professor Marco Tarchi, da politologo è deluso?
Se fossi un elettore del centrodestra, forse sì. Ma non lo sono mai stato. E come osservatore, mi limito a condividere questa impressione di déjà vu, dove i passaggi di campo dei singoli candidati da una componente interna all’altra non fanno altro che certificare il cambiamento dei rapporti di forza in atto testimoniati dai sondaggi sulle intenzioni di voto, senza indicare la prevalenza – e men che meno la novità – di una particolare linea politico-programmatica.

C’è un problema di formazione di classe dirigente? Come mai si fa così fatica a coinvolgere energie nuove?
Per parlare della qualità della classe dirigente, allargando la visuale all’insieme dei capilista e degli eleggibili, aspetterei il risultato delle urne e poi l’eventuale azione di governo. Quanto alla difficoltà di coinvolgere ima sostanziosa quantità di volti nuovi, credo che dipenda dalla fase che la politica italiana sta, nel suo insieme, attraversando. Dopo l’“irruzione barbarica” dei Cinque Stelle e della Lega salviniana delle origini, la fine del governo Conte-1 ha spento ogni carica anti-establishment e riportato tutto sui binari della routine, delle gelosie personali, degli accordi al ribasso. Difficile che questo possa attrarre energie nuove. Persino la retorica della “società civile” si è sgonfiata.

La scelta di tornare a quei nomi è anche un messaggio che Meloni manda all’esterno, per garantire una certa continuità con il passato per tranquillizzare chi la ritiene un’estremista?
Non c’è dubbio. È evidente che Fratelli d’Italia viene candidata, con questa operazione, a incarnare le vesti di una riedizione della Forza Italia di 28 anni fa, che a sua volta si era prefissa di dare continuità a una linea politica – e a una parte di personale politico, sia pure di seconda o terza fila a causa dello sfoltimento giudiziario dei ranghi più alti – in continuità con le tradizioni politiche della Prima Repubblica: democristiana, liberale, laico-moderata. Lasciando allora ad Alleanza Nazionale il compito di inserire nell’area dell’accettabilità governativa una destra più statalista e nazionalista. Del resto, negli ultimi tempi, la “normalizzazione” della coalizione è entrata in uno stadio avanzato. Demolito dall’interno, grazie a Giorgetti e alla mossa strategicamente suicida del Papeete, il populismo di Salvini, che era un elemento di novità e di successo, il sovranismo di Meloni si è ridotto a un’etichetta senza contenuto, come l’appiattimento sull’atlantismo più viscerale e il forte ridimensionamento delle critiche all’Ue stanno dimostrando.

Potrebbe essere anche una conseguenza del basso livello di sfida che viene portato dal centrosinistra? Le elezioni sembrano già vinte, in fondo, non servivano grandi sforzi di fantasia o innovazione nella compilazione delle liste…
Anche questo dato conta. Da due anni ormai si profila questo successo annunciato, e per una volta il centrodestra non ha bisogno di ricorrere ai toni polemici acuti a cui era abituato. Siamo alla classica metafora di chi aspetta sull’argine del fiume di veder passare il cadavere del nemico. Di questa situazione letargica della politica italiana sono responsabili un po’ tutte le parti politiche. D’accordo, le ideologie sono passate di moda, ma limitarsi a gestire, magari male, la normale amministrazione non ha di che mobilitare i cittadini.
(Intervista di Tommaso Rodano, il Fatto Quotidiano, 23 agosto 2022)