Minima Cardiniana 390/8

ARTE, ARTE E ANCORA ARTE
ELEONORA GENOVESI
SERATE D’ESTATE NELL’ABRUZZO CITERIORE

Senza arte, la crudezza della realtà renderebbe il mondo insopportabile.
(George Bernard Shaw)

Ebbene sì concordo con il pensiero di George Bernard Shaw: senza Arte la vita sarebbe insopportabile. Questo perché il concetto di Arte è estremamente ampio. Non si usano forse espressioni come “l’arte di fare, l’arte delle cucina, l’arte del proporsi”? Anche se nell’uso comune il termine è riferito nella maggior parte dei casi alle Arti Figurative, quali pittura, scultura e architettura, con il termine Arte si intende, in senso lato, qualsiasi forma di attività umana come riprova ed esaltazione del suo talento inventivo e della sua capacità espressiva.

E cito dal vocabolario Treccani:

“Arte:1. a. In senso lato, capacità di agire e di produrre, basata su un particolare complesso di regole e di esperienze conoscitive e tecniche, e quindi anche l’insieme delle regole e dei procedimenti per svolgere un’attività umana in vista di determinati risultati: l’a. del fabbro, del medico, del musicista”.

E allora parliamo di forme di Arte in campo musicale, culinario e di architettura dei giardini, inoltrandoci in un percorso in un lembo di terra dell’Abruzzo, mia amata regione, esattamente in quel lembo denominato un tempo Abruzzo Citra o Citeriore.
L’Abruzzo Citra o Abruzzo Citeriore fu una Unità amministrativa, prima del Regno di Sicilia, poi del Regno di Napoli ed, infine, del Regno delle Due Sicilie.
Questo territorio venne costituito da Carlo I d’Angiò in giustizierato nel lontano 1273 con il Diploma di Alife che formalizzava la divisione del Giustizierato d’Abruzzo in due distretti amministrativi, l’Abruzzo Ulteriore (quello oltre il fiume Pescara) e l’Abruzzo Citeriore (quello al di qua del fiume Pescara) creato dall’Imperatore Federico II.
Il capoluogo dell’Abruzzo Citeriore era Chieti ed i confini di questo territorio abbracciavano buona parte dell’attuale provincia di Chieti. L’Abruzzo come detto faceva parte del Regno delle Due Sicilie, e seppur considerato il Trentino-Alto Adige del regno, ha pur sempre risentito delle tradizioni di Napoli. Ed in particolare fu proprio l’Abruzzo Citeriore a risentire maggiormente di questo influsso stringendo un forte legame con Napoli, a livello culturale, musicale, culinario, architettonico e talora linguistico. Ma prima di iniziare il nostro piccolo viaggio trovo sia utile illustrare la situazione storico-sociale della Napoli ante 1860.
Innanzitutto sfaterei il mito che l’Unità d’Italia ha migliorato le cose, portando il benessere anche al sud, perché a volerla dir tutta nel Regno delle Due Sicilie, ancor prima dell’Unità d’Italia, era stato avviato un proficuo e significativo processo di industrializzazione. Mi limiterò a citare solo alcuni dei primati che Napoli, Capitale del Regno, poteva vantare prima dell’Unità d’Italia, citazioni tratte da Le industrie del Regno di Napoli di Gennaro De Crescenzo:

1737: Costruzione S. Carlo di Napoli, il più antico teatro d’Opera al mondo ancora operante
1735: Prima Cattedra di Astronomia, in Italia, affidata a Napoli a Pietro De Martino
1751: Il più grande palazzo d’Europa a pianta orizzontale, il Real Albergo dei Poveri a Napoli

1754: Prima Cattedra di Economia, nel mondo, affidata a Napoli ad Antonio Genovesi
1762: Accademia di Architettura, una delle prime e più prestigiose in Europa
1763: Primo Cimitero italiano per poveri (il “Cimitero delle 366 fosse”, nei pressi di Poggioreale a Napoli, su disegno di Ferdinando Fuga)
1778: costituzione della Real Colonia di San Leucio, nota e riconosciuta in tutta Europa, per la capacità della propria comunità di realizzare un’eccellente manifattura basata sulla produzione serica, di cui si è parlato in precedenza
1789. Prima assegnazione di “Case Popolari” in Italia (San Leucio a Caserta)
1789. Prima assistenza sanitaria gratuita (San Leucio)
1807. Primo Orto Botanico in Italia a Napoli
1812. Prima Scuola di Ballo in Italia, gestita dal San Carlo
1813. Primo Ospedale Psichiatrico in Italia (Real Morotrofio di Aversa)
1818. Prima nave a vapore nel mediterraneo “Ferdinando I”
1819. Primo Osservatorio Astronomico in Italia a Capodimonte
1832. Primo Ponte sospeso, in ferro, in Europa sul fiume Garigliano
1839. Prima Ferrovia Italiana, tratto Napoli-Portici
1839. Prima illuminazione a gas in una città italiana, Napoli. La capitale del regno delle Due Sicilie è la terza città in Europa dopo Parigi e Londra ad essere illuminata a gas. L’esperimento si tenne il 10 settembre 1839, sotto gli occhi del re, delle autorità e del popolo.
1841. Primo Centro Sismologico in Italia, sul Vesuvio
1841. Primo Centro Sismologico in Italia, sul Vesuvio
1843. Primo Periodico Psichiatrico italiano, pubblicato al Reale Morotrofio di Aversa
1852. Primo Bacino di Carenaggio in muratura in Italia (Napoli)
1852. Primo Telegrafo Elettrico in Italia. Eh sì signori, la prima linea telegrafica elettrica è un altro primato del Regno delle Due Sicilie. Il 31 luglio del 1852 fu inaugurata ufficialmente a Gaeta da Ferdinando II di Borbone la prima stazione della linea telegrafica elettrica per celebrare la nascita di Maria Teresa d’Austria.
1852. Primo esperimento di illuminazione elettrica in Italia, a Capodimonte
1856. Expo di Parigi, terzo paese al mondo per sviluppo industriale
1856. Primo Premio Internazionale per la produzione di Pasta

1856. Primo Premio Internazionale per la lavorazione di coralli
1860. La più grande industria navale d’Italia per numero di operai (Castellammare di Stabia)
1860. La più alta percentuale di medici per numero di abitanti in Italia
1860. Primo piano regolatore in Italia, per la città di Napoli, e nel secondo novecento è iniziata l’anarchia urbanistica
1860. Prima città d’Italia per numero di Teatri (Napoli)
1860. Prima città d’Italia per numero di Tipografie (Napoli)
1860. Prima città d’Italia per Pubblicazioni di Giornali e Riviste (Napoli)
1860. Primo Corpo dei Pompieri d’Italia
1860. Prima città d’Italia per numero di Conservatori Musicali (Napoli)

Pensate possa bastare? Davvero i Savoia avrebbero apportato migliorie nel meridione? Viene davvero da chiedersi se non si stesse meglio prima. Si capisce quindi come Napoli incarnasse il concetto di capitale con tutti gli attributi che caratterizzano tale termine.
Tornando al legame dell’Abruzzo Citeriore con Napoli, va detto che questa era la zona più a sud della regione e che, pertanto, risultava “più vicina” a Napoli di quanto non lo fossero i territori circostanti Teramo e L’Aquila.
Certo la viabilità che collegava Vasto a Napoli era a dir poco pessima, nonostante il riassesto operato in epoca napoleonica.
Ma a dispetto di questo, sin da inizi Ottocento i fortunati che potevano fare l’università la facevano a Napoli.
E questo rapporto privilegiato dell’Abruzzo Citeriore con Napoli restò invariato anche dopo l’unità d’Italia, sebbene la situazione fosse cambiata, e non in meglio.
Il 20 marzo 1861 smette di esistere il Regno delle due Sicilie.
E gli effetti dell’unificazione della penisola italiana per quanto attiene Napoli sono stati letteralmente devastanti.
Dal fenomeno del brigantaggio durante l’occupazione piemontese, fino all’attuale piaga della camorra, Napoli ha pagato un tributo altissimo all’unificazione italiana.
Il brigantaggio nacque proprio perché la popolazione, ridotta in povertà, aveva due sole alternative: emigrare o delinquere.
Pensate che chi si recava a Napoli per frequentare l’università o per altro, stendeva un testamento prima di partire, dati i pericoli del viaggio dovuti al brigantaggio in essere, come la famosa Banda della Majella, i cui membri scolpirono la cosiddetta Tavola dei Briganti su una roccia nella Majella.
Ma, a dispetto di tutto ciò, Napoli per l’Abruzzo restò la Capitale sino a inizio della 2 guerra mondiale.
Infatti la maggior parte di coloro che proseguivano gli studi universitari sceglievano Napoli come sede, anche a causa del pessimo percorso viario e ferroviario che collegava Chieti a Roma. Quindi ancora Napoli come sede universitaria, Napoli come sede di divertimento, Napoli come centro di cultura, Napoli come punto di riferimento.
E come non menzionare il nostro legame con la cucina napoletana? Penso agli ottimi Gateau di patate della mia nonna Giovanna (detti alla napoletana Gattò), o anche al suo Sartù di riso o la sua pasta al gratin o le sublimi sfogliatelle (però quelle abruzzesi con la crema son più buone delle napoletane alla ricotta), cibi prelibati realizzati in occasioni particolari.
Ed è in forza di questi legami creatisi e mantenuti nel tempo, che in Abruzzo è ancora apprezzata la musicalità napoletana. Dopo questa necessaria premessa, iniziamo questo piccolo viaggio in una focosa serata di questa estate 2022. In uno slargo del centro storico di un’amena località affacciata sul mare si è esibito un gruppo musicale di Napoli che ha eseguito un concerto di musica classica napoletana. Molto bravi i 3 strumentisti (un mandolino, un contrabbasso e un pianoforte), ma ancor più brava la cantante.
Il repertorio ha spaziato da inizi novecento con Bovio agli anni ’50 con le canzoni di Carosone. La serata si è chiusa con la canzone Lilì Kangy scritta nel 1905 dagli autori napoletani Giovanni Capurro e Salvatore Gambardella in cui si narra la storia di una giovane ragazza che decide di cambiar nome da Concetta a Lilì Kangy, dove “Kangy” è un modo francesizzato per dire Concetta. Concetta è una chantosa che si esibisce nei caffè di via Toledo nell’epoca della Belle Epoque napoletana…

“Chi mme piglia pe Frangesa,
chi mme piglia pe’ Spagnola,
ma so’ nata ô Conte ‘e Mola,
metto ‘a coppa a chi vogl’i’.
Caro Bebé,
che guarde a fá?
Io quanno veco a te
mme sento disturbá.”

Le note di Lilì Kangy, così ben interpretata dalla cantante, mi hanno riportata ad un pomeriggio della mia infanzia in cui mio nonno rimembrava con un amico la bellezza delle chantose di via Toledo e del Gambrinus, provocando lo sdegno di mia nonna che lo richiamava ad un maggiore contegno data l’età. Ma lui giustamente rivendicò il suo essere un uomo, a dispetto del passare degli anni.
Musica classica napoletana che è già arte di per sé, mixata ad un cielo stellato ed una luna piena ha dato luogo ad una vera opera d’arte che sa suscitare emozioni. Perché l’Arte deve suscitare emozioni per essere tale. Come disse il grande Paul Gauguin: “Innanzi tutto, l’emozione! Soltanto dopo la comprensione!”
E il nostro piccolo viaggio continua con un’altra, più fresca, serata di quest’estate 2022, in una bella residenza di campagna, edificio di metà Ottocento che incarna perfettamente la tipologia delle case di campagna borghesi della zona con la sua scala a forbice che porta al terrazzo al primo piano e con il corpo centrale più alto di un piano, dove si è tenuta una serata dal titolo “Gran Galà Ventricina e Bollicine”.
Si è trattato di una manifestazione enogastronomica e culturale è ideata dall’Accademia della Ventricina.
Il cibo si sa è una di quelle realtà che rappresenta meglio di altre l’identikit di una regione e la sua storia. E la ventricina, regina dei salami abruzzesi, non è solo un grande prodotto, ma anche un simbolo culturale del territorio abruzzese che racconta l’anima contadina e artigianale della nostra terra.
Le principali versioni del salame ventricina sono quella vastese e quella teramana, la cui differenza consiste nella quantità di grasso di maiale impiegata.
Ma essendo il nostro viaggio fatto nell’Abruzzo Citeriore la ventricina protagonista della serata è ovviamente quella vastese per via dello stretto legame che ha con il suo territorio di origine.
Il nome Ventricina deriverebbe dall’antica tecnica usata dai contadini abruzzesi, che mettevano le parti nobili del maiale tagliate a pezzi all’interno dello stomaco (o “Ventre”) dell’animale, aromatizzandole con peperone rosso e spezie.
Il salame ventricina veniva poi conservato per almeno 3/4 mesi, fino alla stagionatura ottimale. In Abruzzo, la Ventricina è considerata da sempre come un simbolo di festa: in passato, questo prelibato prodotto di tradizione contadina veniva conservato gelosamente e servito nelle occasioni speciali e in momenti conviviali come la vendemmia e la mietitura.
La ventricina, la cui preparazione richiede grande abilità, oltre che ingredienti di prima scelta, viene presa come base per diverse pietanze e oggetto di accostamenti riusciti.
E qui, all’arte della produzione della ventricina, si aggiunge quella di un suo uso al contempo originale e gustoso.
E infatti il menù ha previsto: assaggi vari di ventricina con prosecchi di queste parti, poi degli ottimi cannoli alla ventricina con salsa di carciofo e zafferano, poi cif e ciaf di ventricina.
Il cif e ciaf è un piatto tipico della cucina contadina abruzzese legato all’uccisione del maiale. Il nome, “cif e ciaf”, è una sorta di onomatopea derivante dalla modalità di cottura delle carni che vengono rosolate velocemente in padella con olio e cipolla, dopo essere state pulite e tagliate a tocchetti… Per finire tarallini abruzzesi e genziana.
Che dire? Arte culinaria allo stato puro.
Perché ebbene sì anche la Ventricina è un’arte.
Il nostro breve viaggio in quel dell’Abruzzo Citra si chiude con una calda serata trascorsa nei bellissimi giardini napoletani di Palazzo D’Avalos a Vasto ascoltando un concerto.
La location, che rimanda ancora allo stretto legame dell’Abruzzo Citeriore con Napoli, è come detto quella dello spettacolare giardino napoletano di epoca settecentesca rivolto verso il mare. Il Giardino di Palazzo d’Avalos, presenta le caratteristiche tipiche dei giardini e dei chiostri di area napoletana, soprattutto in epoca barocca(si pensi a quello di Santa Chiara): pianta a croce, con pergolato sulle colonne, che dà luogo a quadrati di erba divisi da vialetti lastricati con mattoni, presenza di un pozzo all’incrocio dei 2 bracci della croce fra quattro sedili ricoperti in maioliche. Arricchiscono il giardino alberi da frutto e piante ornamentali.
Inoltre, come da documentazione, si sa che il giardino era arricchito da due fontane ornamentali con giochi d’acqua ed anche da un ninfeo, nel piccolo ambiente che si apre sulla destra, coperto a volta, con due piccole nicchie laterali in origine rivestite in conchiglie. Il ninfeo era un elemento caratteristico dei giardini all’italiana dal Rinascimento in poi.
Lo spazio del giardino prosegue nel giardinetto, terrazza panoramica rivolta verso il mare.
La suggestiva organizzazione del giardino, la sua vista sul mare, l’intenso profumo delle sue piante e le note di Ravel, Chopin, Debussy che si libravano verso uno splendido cielo stellato, reso ancora più bello dalla presenza di una luna piena che si rifletteva sul mare, hanno realizzato una straordinaria opera d’Arte che ha assolto perfettamente al suo ruolo di balsamo per l’anima, dando luogo ad emozioni indescrivibili.

L’arte è senza dubbio uno degli elementi più puri e più alti della felicità umana. Allena la mente attraverso l’occhio e l’occhio attraverso la mente. Come il sole colora i fiori, così l’arte colora la vita.
(Federico Garcia Lorca)