Minima Cardiniana 391/1

Domenica 11 settembre 2022, Santi Proto e Giacinto

IN MEMORIAM
ELISABETTA REGINA (1926-2022)
È ormai scomparsa anche lei, nell’avìto castello scozzese di caccia; e l’hanno pianta anche i duri e scontrosi scozzesi, quelli per i quali lei era sempre stata Queen of the Scots, punto e basta. Era l’ultimo anello di quella catena di ferro, di fuoco e di lacrime che ancora ci legava al Novecento. Ora navighiamo a vista nel tempestoso XXI secolo, e forse ha ragione quel giornale che ironicamente ha osservato come, tramontata con lei l’Età Elisabettiana, ora si stia aprendo sull’Europa e sul mondo l’Età Carolingia: il che non dà proprio bene a sperare.
La regina Elisabetta mi ricorda la mia povera, buona zia Delia, la più anziana delle sorelle del babbo che abitavano tutte nella vecchia grande casa all’angolo tra Via dei Serragli e Via di Serumido ed esercitavano tutte, come la mamma, il nobile ma poco redditizio mestiere di sarte. Lavoravano in casa, una specie di atélier domestico: e la zia Delia era quella che più stava con me, quella che mi curava di più. Sarebbe restata sempre con i miei genitori, anche dopo il 1966 quando io, sposandomi, andai a vivere altrove. Solo negli ultimissimi anni si rinchiuse da sola, una vota morte le sorelle, in una stanzetta d’affitto a qualche isolato da quella casa che non era mai stata sua. Lì andavo a trovarla qualche volta, portandole piccoli dolci o fotografie dei paesi che avevo visitato. Di lei mi resta un vecchio piccolo candeliere d’ottone e due statuette di ferro fuso nero di gusto neoclassico.
Viveva modestamente, la zia Delia, era molto religiosa, beveva solo acqua e aveva non dirò due vizi, ma tuttavia due debolezze. La prima era il fumo: fumava le “Nazionali – Esportazione” a pacchetti interi, forse due o tre al giorno, ed era sempre più magra, e la sua eterna tosse secca si riconosceva tra mille. E poi, convinta monarchica, non è che Casa Savoia la soddisfacesse granché: sognava “le belle sale”, soprattutto quelle inglesi oggetto di frequenti servizi del suo periodico settimanale, “Gente”. E a quelle foto debbo l’incontro con la giovanissima Elisabetta, i suoi gioielli dell’incoronazione, le sue uniformi da colonnello della Guardia Reale Scozzese a cavallo.
Elisabetta, ascesa al trono giovanissima quando io avevo solo dodici anni, mi ha accompagnato per sette decenni. Non ho mai apprezzato i suoi cappellini ma ho sempre ammirato il suo riserbo e la sua discrezione. Ora, conclusi i giorni dei fiori e della nostalgia, anche su di lei fioriranno le critiche: specie per l’eterna questione irlandese. Figli e nipoti non le hanno risparmiato imbarazzi e dispiaceri. È stata lei a dover liquidare l’impero; anche il Commonwealth vacilla, mentre crescono indipendentisti e perfino – con discrezione – repubblicani. Suo figlio Carlo non ha il suo càrisma né le risorse della sua storia personale. La storia britannica, almeno quella cinque-novecentesca, è scandita da grandi figure femminili: e i due re di nome Carlo non hanno portato fortuna alla corona.
Riuscirà la monarchia inglese a veder l’alba del XXII secolo? Con Elisabetta, la generale sensazione era di sì. Ora, ci poniamo alquante domande al riguardo.