Minima Cardiniana 391/5

Domenica 11 settembre 2022, Santi Proto e Giacinto

MA SUPERMARIO NON ERA INFALLIBILE?
MICHELE RALLO
I NODI DI DRAGHI VENGONO AL PETTINE
Ci eravamo lasciati, prima delle ferie, alla vigilia della seduta “storica” del 20 luglio, quella in cui Draghi avrebbe dovuto prendere o lasciare. Poi – come tutti sanno – ha lasciato.
Attenzione: ha lasciato lui, deliberatamente, lucidamente, starei per dire cinicamente, dopo un voto del Senato che gli aveva confermato la fiducia. La scusa (perché credo che si sia trattato proprio di una scusa) è stata la mancata partecipazione al voto di grillini, Lega e Forza Italia; schieramenti politici che non gli avevano votato contro – malgrado fossero stati provocati scientificamente – ma si erano solamente allontanati dall’aula al momento della votazione, per manifestare un certo disagio, non per sfiduciare il governo.
Sir Drake, dunque, ha fatto tutto lui, se l’è cantata e se l’è suonata come ha voluto. Perché? Perché aveva fretta di togliersi di mezzo prima che la situazione precipitasse. “Lui, certo, vorrebbe svignarsela”, scrivevo nell’ultimo pezzo prima delle ferie. “Sa che il paese va incontro ad una crisi disastrosa, sa che questa crisi è in larghissima parte ascrivibile alla politica sua e degli ultrà dell’atlantismo europeista, e preferisce che a gestirla siano altri”. E concludevo: “Mi auguro con tutto il cuore che Mario Draghi sia costretto a restare al suo posto. Deve esserci lui sul ponte di comando quando i nodi della sua politica verranno al pettine. Senza che nessuno possa imputare le cause dello sconquasso a Putin, a Conte o alla Meloni”.
Ed ecco che ci siamo. Unica variazione rispetto a quanto previsto è che al pettine i nodi stiano venendo con un paio di mesi d’anticipo; e ciò a causa di un fattore per certi versi “esterno”. Mi riferisco a quella che sembra la decisione di Putin: interrompere le forniture di gas all’Europa subito, senza aspettare che arrivi l’inverno.
Decisione che – va detto – è la diretta conseguenza dell’ultima genialata della donnetta di Bruxelles e dei suoi ectoplasmatici quasi-ministri. Quella di fissare un tetto (del tutto teorico) al prezzo del gas russo. Attenzione: non al prezzo di tutto il gas (perché questo avrebbe fatto ombra agli interessi di olandesi e nordici), ma solo al prezzo del gas russo. Da qui – sembra – la decisione di Putin. Il gas non ce lo manda proprio, e lo vende ad altri. Per lui si tratta soltanto di cambiare clienti.
Per noi italiani ed europei, invece, sono problemi seri: perché non possiamo cambiare fornitore, per il semplice fatto che i fornitori di ricambio non ci sono o non ci sono ancora. La famosa “riduzione della dipendenza dal gas russo” che tanto piace al superbanchiere nostrano non potrà essere realizzata prima del 2024 o 2025. Ad andare bene, ma proprio bene. E nel resto d’Europa (petrolieri nordici a parte) siamo più o meno allo stesso punto.
Ma allora perché – di grazia – Ursula, Draghi e tutto il cucuzzaro hanno iniziato questa dissennata guerra economica contro la Russia? Sanzioni da manicomio, invio di armi all’Ucraina (per cifre stratosferiche), angherie incredibili e dispettucci infantili alla Russia e ai Russi, con l’intento dichiarato di “fare male” a quel paese.
Possibile che non abbiano neanche fatto un calcolo utilitaristico? Del tipo: prima troviamo altro gas, e poi diciamo di voler “ridurre la dipendenza”. Oppure: prima vediamo se le sanzioni “fanno male” a noi, e poi le applichiamo alla Russia.
Possibile che abbiano adottato misure apertamente, platealmente, spudoratamente contrarie agli interessi delle popolazioni europee (ed italiana in particolare)? E questo perché? Ufficialmente per nuocere ad un paese che ne aveva invaso un altro. E allora perché non è stato fatto altrettanto contro gli Stati Uniti d’America quando hanno invaso l’Afghanistan, l’Iraq, la Siria o altri Stati sovrani?
Ma lasciamo perdere. È inutile pretendere un minimo di equidistanza, di imparzialità, di ragionevolezza da chi prende le decisioni solo per partito preso, per faziosa obbedienza a una madrepatria politica, per cieca sudditanza a un credo ideologico. E non voglio considerare altre ipotetiche motivazioni.
Lasciamo perdere le recriminazioni, dicevo. Tanto vale essere realistici: la situazione è questa, e con questa situazione dobbiamo rassegnarci a convivere: ci aspetta un inverno al gelo, ci aspettano aumenti da capogiro di ogni bene di consumo, ci aspetta addirittura la fame per i più poveri, ci aspettano interi comparti economici assassinati, ci aspettano milioni di nuovi disoccupati, ci aspetta un arretramento generale della nostra qualità della vita, ci aspetta un regresso economico e sociale di almeno vent’anni.
Ma chi cacio sono questi nostri governanti (peraltro nominati e non eletti da nessuno) per decidere che dobbiamo muovere una guerra economica (e speriamo che resti tale) contro la Russia? Chi sono per decidere che dobbiamo rinunciare al gas regolare e a buon mercato della Russia per andare a comprare quello americano che ci costa tre volte tanto? Lo sappiamo quanti miliardi dovremo spendere per la “riduzione della dipendenza” dalla Russia a pro dei petrolieri americani? E lo sappiamo quanto ci costerà il divieto di esportare i nostri prodotti agricoli e manifatturieri in Russia? E lo sappiamo quanto ci costerà rinunziare al ricchissimo turismo russo? E lo sappiamo quante nostre industrie chiuderanno, quanti nostri lavoratori perderanno il posto di lavoro?
E tutto questo per consentire agli americani di fare la guerra alla Russia con i nostri soldi. E con i corpi degli ucraini.
Sorride beato il vecchietto della Casa Bianca, mentre la guerra minaccia l’Europa, mentre quella insopportabile Nancy Pelosi viene spedita a Taiwan per punzecchiare la Cina, per provocare un’altra guerra che gli Stati Uniti vorrebbero combattere, anche questa, per interposta persona: attraverso i taiwanesi, ma anche – se saranno stupidi come gli europei – attraverso i giapponesi e i sudcoreani.
Malgrado lo scorrere del tempo, infatti, i Presidenti americani, soprattutto i Presidenti del partito democratico americano sono sempre gli stessi: come quel Thomas Woodrow Wilson che nel 1917 trascinò gli USA nella prima guerra mondiale dicendo che quella era “la guerra per porre fine alle guerre” e che comunque mirava a “rendere sicuro il mondo per la democrazia”; o come quel Franklin Delano Roosevelt che nel 1941 provocò a sangue i giapponesi fino al punto da indurli all’attacco di Pearl Harbor, consentendo così agli USA di entrare nella seconda guerra mondiale.
Certo, sono cose che conoscono solamente un ristretto numero di studiosi, che sono rigorosamente vietate alla gente comune. Ma sono cose assolutamente vere. Lo sapete – tanto per restare a Pearl Harbor – che negli Stati Uniti furono promosse ben 8 (diconsi: otto) commissioni d’inchiesta – ufficiali – per accertare perché si giunse all’attacco giapponese di Pearl Harbor e perché l’entourage di Roosevelt non agì in tempo utile per predisporre le difese? Certo, tutte quelle commissioni d’inchiesta riuscirono a malapena a sollevare qualche velo sulla verità. Ma fu comunque appurato che il Sottosegretario alla marina Frank Knox aveva preavvertito tutti di un imminente attacco giapponese fin dal 27 novembre 1941 (l’attacco avvenne poi il 7 dicembre) e che l’allarme venne ignorato. Di ciò vennero ritenuti colpevoli soltanto i vertici militari, e tre fra generali e ammiragli (Short, Kimmel e Stark) pagarono per tutti con una ignominiosa destituzione.
Per tacere della accusa esplicita del contrammiraglio Robert Theobald all’indirizzo del Presidente Roosevelt e del Ministro degli esteri Cordell Hull, accusati di avere provocato e addirittura favorito l’attacco giapponese, e di aver poi negato ai vertici militari ogni informazione utile per predisporre una difesa adeguata.
Nulla di tutto ciò viene fatto trapelare ai cittadini “normali”. A loro basta sapere che i giapponesi attaccarono gli americani a Pearl Harbor. Esattamente come, oggi, ai cittadini “normali” deve bastare sapere che i russi hanno invaso l’Ucraina. E nessuno deve permettersi di mettere in dubbio le versioni ufficiali, di dire che oggi i russi – come ieri i giapponesi – sono caduti nel trappolone di una serie di provocazioni studiate a tavolino. Perché ieri gli Stati Uniti avevano bisogno di una giustificazione morale per far la guerra al Giappone. Esattamente come oggi hanno bisogno di una giustificazione morale per far la guerra alla Russia. E speriamo che a pagare per questa guerra sia solo l’Ucraina, e che i piani dell’apparato militar-industriale di Washington non prevedano che a fornire la carne da cannone siano anche gli europei.
Speriamo che sia così. Perché in Europa e in Italia non mancano coloro che non saprebbero resistere al fascino di una chiamata alle armi. Beninteso, in nome degli alti ideali della democrazia a stelle e strisce, oltre che dei “valori” dell’Unione Europea.