Domenica 2 ottobre 2022, Santi Angeli Custodi
IN MEMORIA DI UN AMICO PARTITO PER IL GRANDE VIAGGIO
UN SOGNO, UNA VISIONE… O QUALCOS’ALTRO
Quando il dottor Alessandro Loretti, per gli amici Sandro, per gli intimi Zolfo, si trovò nella grande sala dalla lunghissima guida di porpora che portava fino al trono dell’Altissimo, si chiese come ci fosse arrivato, chi ce lo avesse portato, chi gli avesse perfino rintracciato quel suo vecchio abito stazzonato di lino bianco che lui adorava. Gli aveva perfino trovato la fida chitarra, quel qualcuno.
Sul fondo della sala stava su un podio alto tre gradini il ricco trono dell’Altissimo: e Lui era seduto là, severo e solenne, fasciato nella veste candida e purpurea: accanto a Lui, alla Sua destra, L’Angelo Rosso del Giudizio con il lungo scettro d’oro e, alla sua sinistra, l’Angelo Azzurro della Morte armato di una forte spada.
Il dottor Loretti provò istintivamente un gran voglia di far dietrofront e darsela a gambe saltellando sulla sua povera gamba destra lesa dalla poliomielite giovanile. Ma si rese conto che non era proprio il caso. Nella sua vecchia testa arruffata e libertaria, dietro i baffi alla Nietzsche, gli ronzava la battuta del don Giovanni di Mozart dinanzi all’apparizione della statua semovente del Commendatore: “Non l’avrei giammai creduto, ma farò quel che potrò”. Dunque era tutto vero, proprio come glielo aveva raccontato la nonna: e i philosophes, i dottrinari libertari, gl’intellettuali pedanti e materialisti si erano invece sbagliati, gli imbecilli. E il Re Giudice era là, immobile sul trono, e aspettava proprio lui: cuncta stricte discussurus. “Vediamo se mi assegna subito un girone e mi ci fa sprofondare o se mi affida al personale di servizio che mi porta via in volo”, si disse. Tremava, era zuppo di sudore, eppure gli scappava da ridere. Non era un po’ come a una Festa delle Matricole di quelle che lui aveva animato indefesso per anni ed anni?
Quando penosamente zoppicando giunse dinanzi al trono, l’Angelo del Giudizio lo toccò lieve con il sottile scettro d’oro. “In ginocchio”, gl’intimò.
L’Altissimo stava scorrendo un papiro che l’Angelo della Morte Gli porgeva. Poi disse qualcosa nell’orecchio dal Suo servitore.
“Sai recitare il Credo?”, chiese questi a Sandro. Che buffo: non glielo aveva mai chiesto nessuno. Gli tornarono alla mente i versi di una canzonaccia goliardica blasfema: “A Torquemada che mi domandava – se conoscevo il Cristo Redentore – dissi: non lo conosco, dissi: non so chi sia –, sono un materialista, non una spia!”.
Allora accadde l’incredibile: l’Altissimo sorrise. Accidenti, dovevo aspettarmelo che Quello ti legge dentro, rifletté Sandro. Ormai era spacciato, preda delle fiamme eterne. Eppure, Egli aveva sorriso…
L’Altissimo disse ancora qualcosa all’orecchio dell’Angelo della Morte. E quegli parlò, alto e chiaro, e la sua voce era di tuono: “Così ti dice il Signore: figlio Mio diletto, tu non ha mai creduto in Me, ma sappi che Io ho sempre creduto in te”.
Allora l’Altissimo prese solenne e austero la parola, e la Sua voce era come il suono di una brezza leggera in un fresco mattino nell’oasi di Engaddi: “Zolfo caro, figlio Mio diletto…”.
Prima che gli Angeli potessero impedirglielo, Sandro tagliò la parola al Signore: “Mi chiami Zolfo, il nome della sostanza di Satana?”; “No, mio caro: ti chiamo Zolfo in omaggio agli antichi saggi, gli alchimisti i quali credevano che lo zolfo potesse mutarsi in oro. L’oro della tua anima”; “Della mia, Signore?”; “Ascolta. C’è chi dice Signore Signore, eppure quando io visito uno di loro – perché li visito tutti – se sono povero non hanno nemmeno un abito decrepito da regalarMi, se sono affamato non hanno niente per sfamarmi, se sono ammalato o carcerato non vengono mai a visitarMi. Tu però, ateo e anarchico, dopo la laurea hai lasciato la tua Firenze con un tranquillo lavoro sicuro e sai venuto a cercarMi in Africa, nell’America latina, nel grande deserto australiano lavorando sodo per quattro soldi e un po’ di libertà. Ero povero e Mi hai curato gratis, ero pieno di piaghe ributtanti e le hai ripulite con le tue mani, stavo morendo e tu Mi sorreggevi la testa e piangevi con Me, ero un gattino randagio e tu Mi hai tenuto con te e mi hai riscaldato ogni notte nel tuo letto”.
Si fece un gran silenzio nella Sala del Giudizio. Quindi l’Altissimo concluse: “Sali i gradini del trono e prendi posto alla Mia destra, figlio mio prediletto”; “Veramente, Signore – azzardò Sandro –, io sono sempre stato di sinistra…”. Ma si accorse di aver un po’ strafatto. Allora si affidò alla chitarra e, con voce chiara, intonò le prime battute di Go Tell It on the Mountain nella versione di Simon & Garfunkel. L’Onnipotente sorrise di nuovo, e allora Zolfo fu certo che, lassù, uno dei prossimi Giorni dell’Eternità avrebbe incontrato anche Bob Dylan.