Domenica 23 ottobre 2022, San Giovanni da Capestrano
ESPANSIONE DELLA NATO A EST
PROMESSE NON MANTENUTE E ACCORDI DISATTESI
Dal National Security Archive, traduzione di David Nieri
I documenti declassificati mostrano le garanzie di sicurezza contro l’espansione della NATO fornite ai leader sovietici da Baker, Bush, Genscher, Kohl, Gates, Mitterrand, Thatcher, Hurd, Major e Wörner.
La famosa assicurazione del Segretario di Stato americano James Baker “non un pollice verso est” sull’espansione della NATO nel suo incontro con il leader sovietico Mikhail Gorbaciov, il 9 febbraio 1990, faceva parte di una serie di promesse sulla sicurezza sovietica fornite dai leader occidentali a Gorbaciov e ad altri funzionari sovietici durante il processo di unificazione tedesca nel 1990 e nel 1991, secondo documenti declassificati statunitensi, sovietici, tedeschi, britannici e francesi pubblicati dal National Security Archive della George Washington University (Home | National Security Archive (gwu.edu)).
I documenti dimostrano che diversi leader nazionali stavano considerando e rifiutando l’adesione dell’Europa centrale e orientale alla NATO fin dall’inizio del 1990 e per tutto il 1991, che le discussioni sulla NATO nel contesto dei negoziati per l’unificazione della Germania nel 1990 non erano affatto limitate allo status del territorio della Germania orientale e che le successive rimostranze sovietiche e russe di essere state ingannate sull’espansione della NATO erano fondate su memorie scritte e comunicazioni ai più alti livelli.
I documenti corroborano le critiche da parte dell’ex direttore della CIA Robert Gates per aver “spinto l’espansione della NATO verso est [negli anni ’90], quando Gorbaciov e altri avevano ricevuto rassicurazioni che non sarebbe successo”. La frase chiave, sottolineata dai documenti, è “indotti a credere”.
Il presidente George H.W. Bush aveva assicurato a Gorbaciov, durante il vertice di Malta del dicembre 1989, che gli Stati Uniti non avrebbero approfittato (“non sono saltato su e giù dal Muro di Berlino”) delle rivoluzioni nell’Europa orientale per danneggiare gli interessi sovietici; ma né Bush né Gorbaciov a quel punto (o, se è per questo, il cancelliere della Germania Ovest Helmut Kohl) si aspettavano un crollo così rapido della Germania Est o la velocità dell’unificazione tedesca.
Le prime rassicurazioni concrete da parte dei leader occidentali a proposito della NATO iniziarono il 31 gennaio 1990, quando il ministro degli Esteri della Germania Ovest, Hans-Dietrich Genscher, aprì le danze con un importante discorso pubblico a Tutzing, in Baviera, sull’unificazione tedesca. L’ambasciata statunitense a Bonn (vedi Documento 1: U.S. Embassy Bonn Confidential Cable to Secretary of State on the speech of the German Foreign Minister: Genscher Outlines His Vision of a New European Architecture. | National Security Archive (gwu.edu)) informò Washington che Genscher aveva chiarito “che i cambiamenti nell’Europa orientale e il processo di unificazione tedesca non devono portare a una “compromissione degli interessi di sicurezza sovietici”. Pertanto, la NATO dovrebbe escludere un’“espansione del suo territorio verso est, cioè avvicinarsi ai confini sovietici”. Il cablogramma di Bonn riportava anche la proposta di Genscher di lasciare il territorio della Germania orientale fuori dalle strutture militari della NATO, anche in una Germania unificata aderente alla NATO.
Quest’ultima idea di uno status speciale per il territorio della DDR è stata codificata nel trattato finale di unificazione tedesca firmato il 12 settembre 1990 dai ministri degli Esteri dei due partiti (cfr. Documento 25: September 12 Two-Plus-Four Ministerial in Moscow: Detailed account [includes text of the Treaty on the Final Settlement with Respect to Germany and Agreed Minute to the Treaty on the special military status of the GDR after unification] | National Security Archive (gwu.edu)). La prima idea di “vicinanza ai confini sovietici” non è riportata nei trattati, ma in molteplici memorandum di conversazione tra i sovietici e gli interlocutori occidentali di più alto livello (Genscher, Kohl, Baker, Gates, Bush, Mitterrand, Thatcher, Major, Wörner e altri) che offrirono garanzie, durante gli anni cruciali (tra il 1990 e il 1991), sulla protezione degli interessi di sicurezza sovietici e sull’inclusione dell’URSS nelle nuove strutture di sicurezza europee. Le due questioni erano collegate, ma differenti. Analisi successive hanno talvolta confuso le due questioni e sostenuto che la discussione non coinvolgeva tutta l’Europa. I documenti pubblicati di seguito hanno invece dimostrato chiaramente che era così.
La “formula Tutzing” divenne immediatamente il centro di una serie di importanti discussioni diplomatiche nei successivi 10 giorni del 1990, che portarono all’incontro cruciale del 10 febbraio dello stesso anno, a Mosca, tra Kohl e Gorbaciov, quando il leader della Germania Ovest ottenne un assenso sovietico di massima in merito all’unificazione tedesca e alla conseguente espansione della NATO sui territori dell’ex Repubblica Democratica Tedesca, a condizione che la NATO non si allargasse a est. I sovietici avrebbero avuto bisogno di molto più tempo per convincere l’opinione pubblica interna (e per trattare gli aiuti finanziari da parte della Germania occidentale) prima di firmare formalmente l’accordo nel settembre 1990.
Le conversazioni che precedettero l’assicurazione di Kohl comportarono discussioni esplicite sull’espansione della NATO, sui Paesi dell’Europa centrale e orientale e sulle modalità per convincere i sovietici ad accettare l’unificazione. Ad esempio, il 6 febbraio 1990, quando Genscher incontrò il ministro degli Esteri britannico, Douglas Hurd, la fonte britannica rivela che Genscher disse: “I russi devono avere qualche garanzia. Se, ad esempio, il governo polacco un giorno decidesse di lasciare il Patto di Varsavia, non si unirebbe alla NATO il giorno successivo” (cfr. Documento 2: Mr. Hurd to Sir C. Mallaby (Bonn). Telegraphic N. 85: Secretary of State’s Call on Herr Genscher: German Unification. | National Security Archive (gwu.edu)).
Dopo aver incontrato il ministro degli Esteri tedesco durante i colloqui con i sovietici, Baker ripeté esattamente la formulazione di Genscher nell’incontro con il ministro degli Esteri Eduard Shevardnadze il 9 febbraio 1990 (cfr. Documento 4: Memorandum of Conversation between James Baker and Eduard Shevardnadze in Moscow. | National Security Archive (gwu.edu)) e, cosa ancora più importante, nel faccia a faccia con Gorbaciov.
Non una, ma tre volte, Baker utilizzò la formula “non un solo centimetro verso est” con Gorbaciov nell’incontro del 9 febbraio 1990. Egli concordò con la dichiarazione di Gorbaciov in risposta alle assicurazioni che “l’espansione della NATO è inaccettabile”. Baker assicurò a Gorbaciov che “né il Presidente né io intendiamo trarre vantaggi unilaterali dai processi in corso”, e che gli americani comprendevano che “non solo per l’Unione Sovietica ma anche per altri Paesi europei è importante avere garanzie che se gli Stati Uniti manterranno la loro presenza in Germania nell’ambito della NATO, non un centimetro dell’attuale giurisdizione militare della NATO si estenderà in direzione est” (cfr. Documento 6: Record of conversation between Mikhail Gorbachev and James Baker in Moscow. (Excerpts) | National Security Archive (gwu.edu)).
In seguito, Baker scrisse a Helmut Kohl – che avrebbe incontrato il leader sovietico il giorno successivo – utilizzando la stessa espressione: “E poi gli ho posto la seguente domanda [Gorbaciov]. Preferirebbe vedere una Germania unita al di fuori della NATO, indipendente e senza forze statunitensi, o preferirebbe che una Germania unita fosse legata alla NATO, con la garanzia che la giurisdizione della NATO non si sposterebbe di un solo centimetro verso est rispetto alla sua posizione attuale? Rispose che la leadership sovietica stava riflettendo seriamente su tutte queste opzioni […] Poi aggiunse: ‘Certamente qualsiasi estensione della NATO sarebbe inaccettabile’”. Baker aggiunse, tra parentesi, a beneficio di Kohl: “Di conseguenza, la NATO nella sua estensione attuale potrebbe essere accettabile” (cfr. Documento 8: Letter from James Baker to Helmut Kohl | National Security Archive (gwu.edu)).
Ben istruito dal Segretario di Stato americano, il cancelliere della Germania Ovest comprese perfettamente la linea di fondo sovietica e assicurò a Gorbaciov, il 10 febbraio 1990: “Crediamo che la NATO non debba espandere la sua sfera di attività” (cfr. Documento 9: Memorandum of conversation between Mikhail Gorbachev and Helmut Kohl | National Security Archive (gwu.edu)). Dopo questo incontro, Kohl riuscì a malapena a contenere l’eccitazione per l’accordo di principio con Gorbaciov sull’unificazione tedesca e, come parte della formula di Helsinki che prevedeva che gli Stati potessero scegliere le proprie alleanze, la Germania avrebbe potuto abbracciare la NATO. Kohl descrisse nelle sue memorie di aver camminato tutta la notte intorno a Mosca, pur comprendendo che c’era ancora un prezzo da pagare.
Tutti i ministri degli Esteri occidentali erano d’accordo con Genscher, Kohl e Baker. L’11 aprile 1990 fu la volta del ministro degli Esteri britannico, Douglas Hurd. A questo punto, i tedeschi dell’Est avevano votato a stragrande maggioranza per il marco tedesco e per una rapida unificazione (elezioni del 18 marzo in cui Kohl aveva sorpreso quasi tutti con una vera e propria vittoria). Le analisi di Kohl (spiegate per la prima volta a Bush il 3 dicembre 1989), secondo il quale il crollo della DDR avrebbe aperto tutte le possibilità, che doveva correre per arrivare alla testa del treno, che aveva bisogno del sostegno degli Stati Uniti, che l’unificazione sarebbe potuta avvenire più velocemente di quanto si pensasse, si rivelarono tutte corrette. L’unione monetaria sarebbe stata avviata già a luglio e le rassicurazioni sulla sicurezza sarebbero proseguite. Hurd consolidò il messaggio di Baker-Genscher-Kohl durante il suo incontro con Gorbaciov a Mosca, l’11 aprile 1990, affermando che la Gran Bretagna “riconosceva chiaramente l’importanza di non fare nulla che potesse pregiudicare gli interessi e la dignità sovietica” (cfr. documento 15: Sir R. Braithwaite (Moscow). Telegraphic N. 667: “Secretary of State’s Meeting with President Gorbachev.” | National Security Archive (gwu.edu)).
La conversazione di Baker con Shevardnadze del 4 maggio 1990 – come Baker la descrisse nel suo rapporto al Presidente Bush – delinea in modo molto eloquente ciò che i leader occidentali stavano assicurando a Gorbaciov proprio in quel momento: “Ho usato il suo discorso e il nostro riconoscimento della necessità di ‘adattare’ la NATO, politicamente e militarmente, e di sviluppare la CSCE [Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa, OSCE] per rassicurare Shevardnadze che il processo non avrebbe prodotto vincitori e vinti. Al contrario, avrebbe prodotto una nuova struttura europea legittima: una struttura che sarebbe stata inclusiva, non esclusiva” (cfr. Documento 17: James A. Baker III, Memorandum for the President, “My meeting with Shevardnadze.” | National Security Archive (gwu.edu)).
Baker lo ribadì direttamente a Gorbaciov il 18 maggio 1990, a Mosca, consegnando al presidente sovietico i suoi “nove punti”, che includevano la trasformazione della NATO, il rafforzamento delle strutture europee, il mantenimento della Germania come potenza non nucleare e la considerazione degli interessi di sicurezza sovietici. Baker esordì in questo modo: “Prima di spendere qualche parola sulla questione tedesca, vorrei sottolineare che le nostre politiche non mirano a separare l’Europa orientale dall’Unione Sovietica. Attuavamo già questa politica in passato. Ma oggi siamo interessati a costruire un’Europa stabile, e a farlo insieme a voi” (cfr. Documento 18: Record of conversation between Mikhail Gorbachev and James Baker in Moscow. | National Security Archive (gwu.edu)).
Il leader francese, François Mitterrand, non era in sintonia con gli americani, tutt’altro. Come dimostra il fatto che il 25 maggio 1990, a Mosca, disse a Gorbaciov di essere “personalmente favorevole allo smantellamento graduale dei blocchi militari”; ma Mitterrand proseguì nelle rassicurazioni sostenendo che l’Occidente doveva “creare le condizioni di sicurezza per voi e per la sicurezza europea nel suo complesso” (cfr. Documento 19: Record of conversation between Mikhail Gorbachev and Francois Mitterrand (excerpts). | National Security Archive (gwu.edu)). Mitterrand scrisse immediatamente una lettera a Bush, a proposito della sua conversazione con il leader sovietico: “non avremmo certamente rifiutato di dettagliare le garanzie che egli avrebbe avuto il diritto di aspettarsi per la sicurezza del suo Paese” (cfr. Documento 20: Letter from Francois Mitterrand to George Bush | National Security Archive (gwu.edu)).
Al vertice di Washington del 31 maggio 1990, Bush fece di tutto per assicurare a Gorbaciov che la Germania all’interno della NATO non sarebbe mai stata proiettata verso l’URSS: “Mi creda, non stiamo spingendo la Germania verso l’unificazione e non siamo noi a determinare il ritmo di questo processo. E naturalmente non abbiamo alcuna intenzione, nemmeno nei nostri pensieri, di danneggiare l’Unione Sovietica in alcun modo. Per questo motivo ci esprimiamo a favore dell’unificazione della Germania nella NATO senza ignorare il contesto più ampio della CSCE, prendendo in considerazione i tradizionali legami economici tra i due Stati tedeschi. Questo modello, a nostro avviso, corrisponde anche agli interessi sovietici” (cfr. Documento 21: Record of conversation between Mikhail Gorbachev and George Bush. White House, Washington D.C. | National Security Archive (gwu.edu)).
Dopo il vertice di Washington, la “lady di ferro” fu protagonista anche dell’incontro con Gorbaciov tenutosi a Londra, l’8 giugno 1990. La Thatcher anticipò le mosse che gli americani (con il suo appoggio) avrebbero effettuato durante la conferenza NATO di inizio luglio per sostenere Gorbaciov con le descrizioni della trasformazione della NATO in un’alleanza più politica e meno minacciosa dal punto di vista militare. Disse a Gorbaciov: “Dobbiamo trovare il modo di fornire all’Unione Sovietica la certezza che la sua sicurezza sarà assicurata […] La CSCE potrebbe costituire un ombrello in questo senso, oltre a rappresentare la piattaforma in grado di condurre l’Unione Sovietica a discutere pienamente del futuro dell’Europa” (cfr. Documento 22: Letter from Mr. Powell (N. 10) to Mr. Wall: Thatcher-Gorbachev memorandum of conversation. | National Security Archive (gwu.edu)).
Secondo la maggior parte dei resoconti, la Dichiarazione di Londra siglata della NATO il 5 luglio 1990 ebbe un effetto positivo sulle decisioni di Mosca, fornendo a Gorbaciov argomenti importanti per contrastare gli integralisti al Congresso del Partito che si stava svolgendo in quel momento.
Il 15 luglio 1990, a Mosca, mentre i due lavoravano all’accordo finale in merito all’unificazione tedesca, Kohl disse a Gorbaciov: “Sappiamo cosa farà la NATO in futuro e penso che ora lo sappiate anche voi”, riferendosi alla Dichiarazione di Londra (cfr. Documento 23: Record of Conversation between Mikhail Gorbachev and Helmut Kohl, Moscow (Excerpts). | National Security Archive (gwu.edu)).
Nella telefonata a Gorbaciov del 17 luglio, Bush intendeva rafforzare il successo dei colloqui Kohl-Gorbaciov e il messaggio della Dichiarazione di Londra: “Abbiamo cercato tener conto delle vostre preoccupazioni espresse a me e ad altri, e lo abbiamo fatto nei seguenti modi: con la nostra dichiarazione congiunta sulla non aggressione; con il nostro invito a entrare nella NATO; con il nostro accordo di aprire la NATO a regolari contatti diplomatici con il vostro governo e con quelli dei Paesi dell’Europa orientale; con la nostra offerta di garanzie sulle future dimensioni delle forze armate di una Germania unita (una questione che so che avete discusso con Helmut Kohl). Abbiamo anche mutato radicalmente il nostro approccio militare rispetto alle forze convenzionali e nucleari. Abbiamo trasmesso l’idea di una CSCE ampliata e più forte, con nuove istituzioni in cui l’URSS possa condividere e far parte della nuova Europa” (cfr. Documento 24: Memorandum of Telephone Conversation between Mikhail Gorbachev and George Bush | National Security Archive (gwu.edu)).
I documenti dimostrano che Gorbaciov accettò l’unificazione tedesca (in chiave NATO) come risultato di una serie di garanzie e sulla base della prospettiva che il futuro dell’Unione Sovietica sarebbe stato legato alla sua integrazione in Europa, per la quale la Germania avrebbe svolto il ruolo di attore decisivo. Il presidente sovietico e la maggior parte dei suoi alleati ritenevano che una qualche versione della casa comune europea fosse ancora possibile, e che si sarebbe sviluppata parallelamente alla trasformazione della NATO per condurre a uno spazio europeo più inclusivo e integrato. Ovvero, che la soluzione post-guerra fredda avrebbe tenuto conto degli interessi di sicurezza sovietici. L’alleanza con la Germania non solo avrebbe archiviato la guerra fredda, ma anche ribaltato l’eredità della Grande Guerra Patriottica.
Ma all’interno del governo degli Stati Uniti proseguiva una discussione diversa, un dibattito sulle relazioni tra la NATO e l’Europa orientale. Le opinioni erano divergenti, ma il suggerimento del Dipartimento della Difesa (25 ottobre 1990) era quello di lasciare “la porta socchiusa” per l’adesione dell’Europa orientale alla NATO (cfr. Documento 27: James F. Dobbins, State Department European Bureau, Memorandum to National Security Council: NATO Strategy Review Paper for October 29 Discussion. | National Security Archive (gwu.edu)). Il Dipartimento di Stato riteneva che l’espansione della NATO non fosse all’ordine del giorno, perché non era nell’interesse degli Stati Uniti organizzare “una coalizione antisovietica” che si estendesse fino a suoi confini, anche perché avrebbe potuto invertire l’atteggiamento positivo dell’Unione Sovietica (cfr. Documento 26: U.S. Department of State, European Bureau: Revised NATO Strategy Paper for Discussion at Sub-Ungroup Meeting | National Security Archive (gwu.edu)) L’amministrazione Bush era di quest’ultimo avviso. E questo è ciò che fu promesso ai sovietici.
Nel marzo 1991, stando a quanto riportato nel diario dell’ambasciatore britannico a Mosca, il primo ministro britannico John Major assicurò personalmente Gorbaciov: “Non stiamo parlando del rafforzamento della NATO”. Successivamente, quando il ministro della Difesa sovietico, il maresciallo Dmitri Yazov, chiese a Major se i leader dell’Europa orientale fossero interessati all’adesione alla NATO, il leader britannico rispose: “Non succederà nulla del genere” (cfr. Documento 28: Ambassador Rodric Braithwaite diary, 05 March 1991 | National Security Archive (gwu.edu)).
Quando i deputati russi del Soviet Supremo si recarono a Bruxelles per incontrare il segretario generale della NATO, Manfred Wörner, nel luglio 1991, quest’ultimo assicurò ai russi: “Non dovremmo permettere […] l’isolamento dell’URSS dalla comunità europea”. Secondo il memorandum russo della conversazione, “Wörner ha sottolineato che il Consiglio della NATO e lui stesso sono contrari all’espansione della NATO (13 dei 16 membri della NATO sostengono questo punto di vista)” (cfr. Documento 30: Memorandum to Boris Yeltsin from Russian Supreme Soviet delegation to NATO HQs | National Security Archive (gwu.edu)).
Così, Gorbaciov accompagnò la fine dell’Unione Sovietica con la certezza che l’Occidente non stava minacciando la sua sicurezza e non stava espandendo la NATO. La dissoluzione dell’URSS fu poi portata avanti dai russi stessi (Boris Eltsin e il suo principale consigliere Gennady Burbulis) di concerto con gli ex capi di partito delle repubbliche sovietiche, in particolare dell’Ucraina, nel dicembre 1991. La guerra fredda era ormai terminata da tempo e gli stessi americani avevano cercato di tenere insieme l’Unione Sovietica (si veda il discorso di Bush, “Chicken Kiev”, del 1° agosto 1991). L’espansione della NATO era allora molto lontana: nel momento in cui queste dispute scoppiarono di nuovo, il leader russo Boris Eltsin avrebbe ricevuto maggiori garanzie.
L’Archivio ha compilato questi documenti declassificati per una tavola rotonda tenutasi il 10 novembre 2017 alla conferenza annuale dell’Association for Slavic, East European and Eurasian Studies (ASEEES) a Chicago con il titolo “Who Promised What to Whom on NATO Expansion?”. Il panel comprendeva: Mark Kramer del Davis Center di Harvard, redattore del Journal of Cold War Studies, il cui articolo del 2009 del Washington Quarterly sosteneva che la “promessa di non allargamento della NATO” era un “mito”; Joshua R. Itkowitz Shifrinson della Bush School della Texas A&M, il cui articolo del 2016 sulla sicurezza internazionale sosteneva che gli Stati Uniti nel 1990 stavano facendo un doppio gioco, inducendo Gorbaciov a credere che la NATO sarebbe stata sussunta in una nuova struttura di sicurezza europea, mentre lavoravano per garantire l’egemonia in Europa e il mantenimento dell’organizzazione; James Goldgeier dell’American University, che ha scritto l’autorevole libro sulla decisione di Clinton in merito all’espansione della NATO, Not Whether But When, descrivendo le ingannevoli assicurazioni statunitensi al leader russo Boris Eltsin in un articolo del 2016 di WarOnTheRocks; Svetlana Savranskaya e Tom Blanton del National Security Archive, il cui ultimo libro, The Last Superpower Summits: Gorbaciov, Reagan e Bush: Conversations That Ended the Cold War (CEU Press, 2016) analizza e pubblica le trascrizioni declassificate e i relativi documenti di tutti i vertici di Gorbaciov con i presidenti degli Stati Uniti, comprese decine di assicurazioni sulla protezione degli interessi di sicurezza dell’URSS.
[L’articolo è il primo di due sull’argomento. La seconda parte riguarderà le discussioni di Eltsin con i leader occidentali sulla NATO].