Minima Cardiniana 399/7

Domenica 6 novembre 2022, San Leonardo

UNA TRAGICA MANCANZA, UN BISOGNO PRIMARIO
EDUCAZIONE CIVICA
di Bruno Bosi
La democrazia come la globalizzazione hanno avuto nella seconda metà del secolo scorso uno sviluppo apparentemente dilagante. Rispondevano alle naturali aspirazioni ad un futuro migliore, di un’umanità che deve condividere l’esistenza sullo stesso pianeta, limitato. Era il periodo successivo alle guerre mondiali dove il percorso da seguire era individuato nella ricerca di relazioni basate sulla pace e la cooperazione. Coll’inizio del nuovo secolo dobbiamo constatare che sia la globalizzazione che la democrazia stanno avanzando in una direzione sbagliata, una direzione di declino. Dobbiamo chiederci se era sbagliato il progetto iniziale o se non ne sono state rispettate le indicazioni. Se sono da rilanciare le indicazioni di quel progetto storpiato dalle pretese degli aspiranti dominatori, sempre in agguato, o se sono da apportare modifiche al progetto originale per porre un rimedio agli errori che ci hanno portati al declino.
Tutti i paesi che si identificano in un’appartenenza occidentale hanno la necessità di rivitalizzare le loro istituzioni ma non hanno politici capaci del ruolo di precursori di un futuro migliore. Un rilancio della politica può partire solo dal basso, dall’aspirazione ad un futuro migliore, nella consapevolezza che i diritti che pretendiamo per noi li dobbiamo riconoscere anche agli altri. Come già avvenuto per i diritti politici. Questo auspicabile percorso richiede un’educazione alla politica per essere cittadini attivi e non passivi, atteggiamento indispensabile per tenere in vita la democrazia che senza di questo si affloscia. Tutti i regimi investono molte energie per avere l’opinione pubblica favorevole, con una manipolazione più o meno spinta del consenso, fino ad imporre l’unanimità. La democrazia fino ad oggi si è fatta percepire come conflittualità tra i partiti. Una contrapposizione su tutto, che ha significato la paralisi di ogni spinta evolutiva. Il gioco è saldamente nelle mani di una ristretta élite e il popolo vi è coinvolto come lo sono i tifosi nel calcio, esprimendo giudizi pilotati unicamente dalla fedeltà alla propria fazione. Poi improvvisamente i nostri delegati politici che fino a ieri si sono scannati per le poltrone del potere, all’unanimità, ci prospettano o ci conducono all’inevitabilità di una terza guerra, mondiale e nucleare, per difendere la democrazia. Se non vuole essere succube di un potere più forte, calato dall’alto, la democrazia la forza la deve cercare al suo interno con una educazione dei cittadini che in una democrazia rappresentativa sono ad un tempo soggetto attivo e passivo. L’aspetto attivo è quello che caratterizza la democrazia rispetto ai regimi autocratici. Cittadini attivi, da un punto di vista politico, significa che determinano le decisioni che vanno ad incidere sul loro futuro e l’aspirazione non può essere che a un futuro migliore. Il futuro migliore per i cittadini entra in contrasto con le aspirazioni dei dominatori che hanno necessità di imporre un ulteriore aggravamento delle condizioni di vita di chi produce la ricchezza col lavoro. I nostri politici si prestano ad imporre ai cittadini le condizioni richieste dai dominatori pur di mantenere i loro privilegi. Questa volta hanno esagerato, prima con la pandemia ora con la guerra, vogliono governare con l’emergenza, con la paura a colpi di unanimità. Così non è più spacciabile per democrazia, è un regime dittatoriale basato sulla manipolazione del consenso ottenuta con una propaganda che monopolizza i media. Lo stato che in occidente ha puntato sulla democrazia si trova ad un punto di svolta. Deve scegliere se salvare la democrazia, che non può essere imposta con la guerra, ma con l’applicazione dei principi di giustizia e uguaglianza per tutti i diritti, anche sociali, economici e culturali, oppure accettare l’egemonia di un centro di potere più forte dello stato. Per uscire da questa situazione fondamentale è l’istruzione o forse è più appropriato parlare di educazione, in quanto si tratta di fare riaffiorare sentimenti che già si erano evidenziati come reazione agli orrori delle guerre mondiali. L’educazione dovrebbe consistere nel fornire informazioni e conoscenze volte a stimolare le capacità critiche qualora siano messi in atto comportamenti o provvedimenti contrari ai principi e ai valori di una società che persegue i valori della democrazia: libertà sicurezza benessere da un punto di vista individuale e pace giustizia e tolleranza nelle relazioni con gli altri.
Il sistema dominante attuale si vanta di aver prodotto la civiltà della conoscenza, ma irradiata da un unico centro che è anche quello verso il quale si dirigono i rivoli di denaro prodotti col lavoro. La valutazione dei risultati è misurata solo in base alla coerenza al progetto di chi ha programmato e finanziato questi strumenti e vale solo per il fine prestabilito: il dominio sulla società globale con un arricchimento smisurato per pochi e una situazione di progressiva indigenza per tutti gli altri. L’uomo ha imparato a difendersi da chi usa la forza e le minacce, è indifeso contro chi riesce ad apparire amico per poi tradirlo. Mentre il potere ritenuto distruttivo delle armi atomiche aveva assunto una funzione dissuasiva sull’uso della guerra nelle relazioni internazionali, il potere ritenuto facilitatore delle necessità umane, attribuito al digitale e al denaro, ne nasconde le potenzialità negative. Se la civiltà occidentale accetta come unico valore il denaro, sono da valorizzare solo le attitudini a produrre denaro e a giustificarne i privilegi, che sono rassegnazione e mancanza di spirito critico. Il numerario nel calcolo della ricchezza si impone come numerico o digitale anche nell’uso delle facoltà cognitive. Il risultato è una forma di semplicismo che svaluta le capacità umane e fa del denaro e del digitale degli strumenti di dominio. Sono strumenti potenti, mezzi ideali per trasmettere un potere politico che deve restare anonimo, perché deriva da concentrazioni di ricchezza incompatibili con l’uguaglianza dei diritti che è l’essenza della democrazia ed ancora prima di una gestione razionale delle relazioni con l’ambiente e coi nostri simili. Fino all’arrivo del digitale sempre si era ritenuta importante la crescita culturale e spirituale a livello individuale. È impressionante come la comunicazione resa possibile dal digitale abbia spodestato i pilastri della funzione educativa che erano riservati alla famiglia, alla scuola e alla religione, tenendo conto dei diversi stadi o livelli di crescita degli individui: bambini, adolescenti, giovani, adulti. Questa strana forma di conoscenza si impone anche contro la volontà di chi la deve subire con gli stessi mezzi e argomenti per bambini adolescenti e adulti. Non si capisce più se i bambini sono adulti precoci o se gli adulti sono dei ritardati rimasti bambini. Si crea l’illusione di poter superare la condizione umana, di aver trovato qualcosa di più efficiente dell’essere umano, qualcosa di infallibile. Si perde di vista la condizione umana che sarà sempre imperfetta, che non può avere delle certezze, che ha il suo punto di forza nella capacità di porsi delle domande alle quali non può dare una risposta. È qui che l’esistenza umana sconfina nel metafisico, nella valorizzazione della spiritualità, nella necessità di ideali convergenti a questa sua specificità che richiedono il superamento degli egoismi individuali. Era la consapevolezza della dimensione infinitesimale del singolo, nel timore del sacro e della natura, che in qualche modo portavano alla ricerca di identificare il giusto all’interno di un groviglio di superstizioni volte a giustificare le pretese dei dominatori. Pretese che sempre avevano portato a soprusi all’interno della famiglia, della scuola, della società ma avevano una dimensione limitata, umanamente contrastabile nello spazio e nel tempo. Il filo conduttore, che è presente in tutte le rappresentazioni storiche delle società che si sono susseguite nel percorso ascendente della civiltà umana, è proprio il percorso in direzione di relazioni più giuste. È lo stimolo ad una ricerca che potrà avere solo esiti parziali, ma in grado di evidenziare la necessità di moderazione, di accettare dei limiti, indispensabili per andare in direzione di un futuro migliore. Se invece un uomo o un gruppo di uomini pretendono di aver trovato degli strumenti infallibili che possono dare una risposta a qualsiasi domanda, ci si incammina in un vicolo cieco dove prima o poi si va a sbattere contro ostacoli insormontabili. Deregulation e neoliberismo hanno portato alla concentrazione del denaro nella disponibilità di pochi consentendo a questi di elargire gratificazioni a loro discrezione per tutte le espressioni scientifiche e artistiche, purché siano funzionali o non pericolose per il funzionamento del sistema. Questo comporta un servile allineamento del pensiero innanzitutto politico, ma non solo, in cambio delle briciole, che essendo scarse per i bisogni individuali, incentivano una competizione conflittuale per accaparrarsele. Ne deriva un compulsivo affaccendamento per sorreggere un sistema instabile ed insostenibile sia da un punto di vista ambientale che sociale. Tutto ciò che si muove in una situazione volutamente di caotico indaffaramento produce inquinamento per l’ambiente e trasferimenti di denaro destinati ad essere intercettati dalla finanza predatoria. La scarsità di denaro lo rende prezioso sopra tutto per chi non ne ha, che diventa il più convinto sostenitore del capitalismo finanziario. L’esistenza umana si risolve in un’estenuante ricerca della disponibilità di denaro che rende tutto possibile, mentre l’indisponibilità rende tutto impossibile. Kissinger a Davos 2022 ha dichiarato “col controllo sul cibo si dominano i popoli, col controllo sulle fonti di energia si dominano le nazioni, col controllo sul denaro si domina il mondo”. Gli aspiranti dominatori sono sempre esistiti, sono diventati dominatori, poi sono stati travolti dalle umane aspirazioni ad un futuro migliore, poi sono rinati sotto sembianze diverse ma la sostanza non è mai cambiata: dominatori che vivono a spese dei dominati. È una forma di decadenza delle relazioni che viene da lontano. In tutte le epoche si sono formate alleanze a sostegno degli egoismi individuali di chi disponeva dei mezzi per avanzare una pretesa di dominio. Un’ alleanza è un patto, anche non espresso formalmente, tra due o più parti, per raggiungere un fine comune. Il sostegno è sempre stato trovato in un’entità extra terrena, religiosa, ideologica o virtuale ma basata sulla fede. Nei tempi più lontani consisteva nell’omologazione del rapporto individuo-sacro, con l’istituzionalizzazione delle religioni, trasformate in strumenti a sostegno del potere politico; per secoli la ricompensa per l’accettazione delle ingiustizie nella distribuzione del benessere materiale era rimandata al paradiso, ma era concretamente imposta da regole che giustificavano soprusi fino al punto di minacciare la sicurezza o il diritto alla vita. Poi c’è stato l’abbaglio di valori disgreganti per la comunità umana globale che venivano convogliati nei nazionalismi e nella politica di potenza, perseguendo obbiettivi che non avevano niente a che fare con la qualità della vita di chi doveva lavorare o combattere. Oggi siamo in una situazione di volutamente indecifrabile confusione tra potere del denaro e potere politico, che comporta una fase di decadenza destinata a sfociare in una transizione che si cerca inutilmente di rinviare. La promessa che dava forza a questo sistema, la possibilità per tutti di arricchirsi, è smentita dalla realtà di un impoverimento per la stragrande maggioranza dell’umanità. Il risultato è una concentrazione di ricchezza e di potere, che non ha uguali nella storia dell’umanità, e porta al declino della nostra civiltà. Un ritorno ai tempi dove le disuguaglianze, politiche ma che diventavano anche economiche, non conoscevano limiti, mentre oggi sono le disuguaglianze economiche illimitate che diventano anche politiche. Sulla carta questo non è possibile in quanto i diritti politici sono riconosciuti uguali per tutti, e pertanto le decisioni prese a maggioranza sono in grado di cambiare il corso degli eventi che attualmente porta vantaggi per una piccolissima parte dei consociati. Ma la volontà dei consociati viene manipolata dai mezzi di informazione che perseguono oltre alla predeterminazione delle scelte politiche anche lo smantellamento delle capacità cognitive che non potrebbero essere che critiche sulla direzione di marcia intrapresa. La situazione è veramente tragica, ogni espressione dell’intelligenza umana è data in pasto a mezzi d’informazione e veicolate attraverso percorsi che sempre sono da valutare, apprezzare e desiderare attraverso una valutazione misurata in una conversione in denaro. Il riposo, la pace interiore, l’aria e l’acqua pulita, la serenità e la salute, gli affetti, l’amicizia, la cultura, il rispetto per i propri simili e per l’ambiente non sono monetizzabili e pertanto non interessano, passano in secondo piano rispetto alla logica dell’arricchimento. Il controllo dell’informazione, distribuita assecondando, apparentemente, i gusti individuali, è l’annientamento delle capacità cognitive dell’uomo, per impedirgli di pensare autonomamente. Le idee anziché partire dal basso, da esigenze individuali che se condivise diventano politiche, sono preconfezionate e calate dall’alto con un effetto omologante che distrugge le capacità critiche. Le innovazioni che portano a svalutare le capacità umane non possono essere considerate fonte di progresso, sono da delegittimare i mezzi che tendono a svilire le capacità relazionali in qualsivoglia settore di attività umana. L’educazione o il sapersi esprimere correttamente non servono se devi dialogare con un robot. Che uno debba salire su un aereo, stipulare un contratto di assicurazione, acquistare una merce, prenotare un albergo, un servizio pubblico o qualsiasi interazione ci si deve immedesimare nell’appiattimento universale riservato agli appartenenti alla sterminata basa della piramide e annullare ogni spunto individuale considerato portatore di malfunzionamenti o perdite di tempo inutili e dannosi per la macchina per produrre denaro che è divenuta la società capitalista liberista. Anche il numero dei dominatori viene continuamente diminuito dalla competizione liberista che elimina i vinti per poter aumentare le disponibilità dei vincitori, pertanto la quantità di ricchezza che questi possono scialacquare nelle più stravaganti esternazioni di consumi di beni di lusso sarebbe comunque poca cosa, ininfluente per le condizioni di vita dell’umanità. Quello che è cambiato andando ad aggravare ulteriormente le condizioni dei dominati è la funzione assegnata al denaro che da mezzo per facilitare gli scambi di beni reali, è diventato il fine di ogni attività. Considerato l’unico bene capace della funzione di riserva di valore, senza una scadenza, per l’eternità. È un atto di fede, una presenza virtuale che non esiste ma viene percepita in quanto misura e corrispettivo della sua scarsità. Il denaro cartaceo o elettronico inutilizzato è inutilizzabile nel senso che non può rientrare nell’economia reale ma a chi ne viene attribuita la disponibilità viene riconosciuto il potere di renderlo scarso per chi lo produce: è il meccanismo perverso del debito pubblico e privato, un circolo vizioso destinato a portare al crollo, come dichiarato anche dai capi di stato occidentali in occasione della crisi finanziaria del 2008. Crollo che non conviene neppure agli attuali dominatori, quindi esiste lo spazio per uscire da questa situazione ma la pressione deve partire dal basso da cittadini educati alla partecipazione attiva alle scelte politiche. La modernità, l’esperimento di convivenza inventato verso la fine del ‘700 nei paesi europei, prevedeva la libertà, la sicurezza e il benessere materiale, come elementi che dovevano accompagnare l’uomo nuovo nell’avvenire, libero dalla paura dal potere politico e dal bisogno imposto dal potere economico. Questi elementi dovevano essere alla portata di tutti, senza distinzioni o obblighi di appartenenza a una qualsiasi forma di aggregazione sociale. È una spinta potente in direzione dell’individualismo dove all’uomo per la sola ragione di esistere sono riconosciuti i diritti fondamentali. È un progetto grandioso, e nello stesso tempo viziato da un’eccessiva fiducia nell’individuo. L’uomo rimane il fine ultimo dell’evoluzione della civiltà, ma ciò non toglie che la condizione umana sia costituita per metà da vizi e per metà da virtù. Per tenere sotto controllo il principale di questi vizi, l’egoismo individuale, l’uomo deve accettare dei legami-valori sia politici per avere la libertà, che economico-sociali, per accedere ad un più alto livello di benessere materiale, da condividere tra i consociati. L’uomo è un animale sociale si è sempre detto, quindi lasciamo fare a questo istinto animale e tutto andrà a posto da solo. Probabilmente non è così, l’istinto animale è quello della sopraffazione mentre la socialità è un fatto culturale che trova il presupposto nella superiorità della cooperazione sulla conflittualità, quindi è una scelta razionale in quanto offre vantaggi oggettivi. Questa scelta deve essere facilitata e coltivata da istituzioni educative, anche se conferire a qualcuno il potere di educare costituisce un pericolo, in quanto tutto ciò che è umano può tendere al bene come al male. Ma è un rischio che dobbiamo correre, dobbiamo difendere i nostri valori, se ancora ne abbiamo, non farlo significa lasciare il campo all’ideologia dei dominatori liberisti che riempie tutti gli spazi, concede e stimola anche le libertà più assurde, ma vuole per sé il denaro che diventa potere politico. La funzione educativa per avere dei cittadini attivi e artefici di una società democratica deve partire dalla scuola e dall’insegnamento della storia come evoluzione delle relazioni interumane e non come nozioni utili ad una guida turistica. E la storia in questo suo compito deve essere coadiuvata, nel senso di cercare un confronto, con quelle espressioni artistiche che esprimono la sensibilità delle nuove generazioni: musica, testi delle canzoni e cinema mi sembrano le più efficaci. Affrontare i temi di attualità non deve più essere un tabù ma uno stimolo alla partecipazione, alla gestione della democrazia ed anche della globalizzazione.