Domenica 13 novembre 2022, Avvento Ambrosiano
EDITORIALE
SANTA GIORGIA E I DRAGHI
Davanti al grande cancello del Liceo Mamiani a Roma, due passi dal “Cupolone” di San Pietro, il portavoce degli studenti che hanno occupato l’edificio ed eretto barricate con i banchi di scuola, ha l’aria del bravo ragazzo di buona famiglia che ha buoni voti, è vestito sobriamente, si esprime con pacatezza e con proprietà di linguaggio. Ha la faccia pulita e la voce pacata: in questo non somiglia ai più meno coetanei dei suoi genitori che facevano e dicevano quasi esattamente le stesse cose nel Sessantotto, poi nel ’77, poi ai tempi delle “Pantere”. Quelli indossavano l’eskimo o il parka, i ragazzi avevano barba e capelli lunghi e avevano l’aria perennemente incazzata. Ma per il resto, siamo più o meno lì: stesso linguaggio “rivoluzionario”, stessa pochezza d’idee, stessa genericità di programmi.
I ragazzi del Mamiani, e i loro colleghi di tutta Italia (sia le minoranze che occupano, sia le maggioranze silenziose), hanno gli stessi problemi – per quanto magari non li sappiano esprimere – da ormai parecchi anni, dal momento che già da troppo tempo subiscono (subiamo) la malascuola, gli insegnanti precari, i docenti che arrivano tardi in cattedra o che sono poco e mal preparati e che in ogni caso vengono trasferiti di continuo, l’inadeguatezza dei programmi, la fatiscenza e l’insicurezza delle infrastrutture a cominciare da quelle edilizie, lo scarso valore dei titoli scolastici di studio al fine dell’ingresso nelle vita vera e propria, il disinteresse o la sguaiata incapacità delle famiglie che dovrebbero seguirli, le piaghe del teppismo e del bullismo, il crescere esponenziale dell’indisciplina e l’eclisse del senso comunitario e di responsabilità. Tutto ciò esiste da anni e si va aggravando. Ma ci voleva la vittoria alle urne del centrodestra e l’arrivo alla presidenza del consiglio dei ministri della “neofascista” Meloni perché una sinistra inadeguata mettesse in campo le sue residue energie per quella che ormai è la più la più patetica e la più prevedibile delle messinscene pseudorivoluzionarie: l’occupazione delle scuole. All’Università della Sapienza, del resto, il tormentone era iniziato già il giorno dopo dell’insediamento della nuova inquilina di Palazzo Chigi. Dall’altra parte, a destra, notte e nebbia: la “destra giovanile” – anche quella “neofascista”, di solito se non altro meno afasica – non esiste, non parla, non scrive, non pensa. Ma ha dalle sue il ministro dell’istruzione, un anziano signore che di strutture scolastiche senza dubbio è competente ma non trova di meglio che indirizzare agli studenti, il 9 novembre (“Giornata della Libertà”) un documento che condanna “l’utopia comunista” in termini che sarebbero stati giudicati stantii negli Anni Cinquanta; l’anziano signore, valoroso docente universitario, è a capo di un ministero denominato “dell’istruzione e del merito” (corsivo mio), il che ha suscitato da più parti vibrate proteste: peccato solo tuttavia che, né da parte del signor ministro né di quanti hanno protestato siano giunte spiegazioni a proposito della natura e della qualità di questo “merito” e degli strumenti atti a rilevarlo, quantificarlo, qualificarlo.
La scuola e l’università – titolare del dicastero relativo alla quale è la signora Bernini, nota per le competenze nel settore – sono solo due dei draghi che insidiano il cammino di colei che, appropriatamente, porta il nome di Giorgia.
Nessun dubbio che il presidente Meloni sia lieta che il suo santo patrono sia il cavaliere e martire Giorgio: ma ciò le comporterà l’impegno di combattere contro draghi omonimi del suo predecessore, Supermario, con il quale si è stabilito dall’indomani della vittoria elettorale un certo feeling: com’era giusto e logico, dal momento che i problemi politici internazionali e interni mutano molto aspetto a seconda che li si consideri dagli scranni dell’opposizione o da quelli del governo.
Comunque, l’insediamento in Palazzo Chigi della protetta del santo cavaliere e martire Giorgio è stato accompagnato dall’assalto di ancora più draghi di quanto non fosse lecito aspettarsi. Della scuola e dell’istruzione si è già detto; c’è poi il drago della guerra, con le sue ingenti e impopolari spese, cui si accompagna quello della “ricaduta” delle sanzioni comminate alla Russia con i relativi problemi energetici dell’inverno che si avvicina, del carobollette e via discorrendo.
Se guerra, scuole e università sono temibili dragoni, a minacciare santa Giorgia si erge poi il tremendo dragaccio del problema dei migranti, sul quale si stanno buttando a capofitto le opposizioni ma rispetto al quale gli alleati della leader dei Fratelli d’Italia – e soprattutto la Banda Salvini – sono alquanto infidi.
Terrà fissa la barra dei timone in un mare tanto agitato, la signora capo del governo? In fondo conosce bene le Canarie ed è addirittura una buona subacquea: le burrasche non la spaventano più di tanto, ma sarà opportuno che quella buona fortuna della quale finora ha avuto ben più di un pizzico non l’abbandoni. In questi giorni, sta senza dubbio studiando bene l’assetto del nuovo congresso degli USA, conscia com’è che la conservazione del suo ruolo dipende in altissimo grato dal favore di Washington: e per il momento lei è ben piazzata, soprattutto presso la segreteria di stato.
Durerà? La risposta risiede ovviamente in più fattori, molti dei quali ancora impensabili. Certo è in agguato anche il drago non dappoco del bilancio da gestire in equilibrio, delle spese sanitarie che nei prossimi mesi cresceranno perché si va verso l’inverno e siamo un paese dove l’età media si fa sempre più avanzata e perché, sotto il profilo fiscale, santa Giorgia si regge su una maggioranza che le è stata data soprattutto da gente del “ceto medio”, quella base un po’ al di sotto della piccola e piccolissima borghesia che ha problemi di finemese e nella quale abbondano non certo gli evasori (per quanto l’evasione fiscale sia un tema per contrastare il quale il governo Meloni non ha ancora assunto quelle posizioni rigorose che ci si aspetterebbe da dei “patrioti”), ma i morosi che non ce la fanno a pagare le tasse, sì. Questo strato subalterno e sempre in pericolo di scivolare verso la proletarizzazione resterà “di destra” o sostanzialmente disinteressato alla politica finché le cose continueranno ad andare passabilmente e tollerabilmente maluccio. Ma se l’equilibrio economico dovesse peggiorare, le simpatie per santa Giorgia potrebbero cominciare a sfaldarsi: e i Fratelli d’Italia sono diventati un po’ troppi in troppo poco tempo per poter costituire un corpo affidabile. I successi determinati da un massiccio convergere degli indecisi sono insicuri: né esistono segni che diano a pensare che i troppi non votanti dell’ultima elezione si stiano ricredendo. Tasse, migranti e andamento di quel che resta del Covid decideranno la partita: e anche l’atlantismo, ancora troppo largamente condiviso nel “paese legale” per far pensare a mutamenti in vista.