Minima Cardiniana 401/5

Domenica 20 novembre 2022, Cristo Re

GUERRA E PACE
ALCUNE CONSIDERAZIONI
di Bruno Bosi
Mi ero riproposto di non commentare più la guerra e la pandemia perché li considero diversivi imposti al centro dell’attenzione dei comuni mortali per distoglierli o impedire loro di vedere le crepe profonde ed ormai insanabili che avvolgono l’unipolarismo occidentale. Cerco di evitare le trasmissioni, i talk show che trattano di questi argomenti, che si sforzano di dimostrare un approccio moderato al limite del soffocamento mentre in realtà sono espressione di un integralismo esasperato da parte di politici, giornalisti, analisti ed esperti vari. E questi ai quali è assegnato il servizio pubblico di informazione accettano un diktat proveniente dall’alto di distribuire pareri, previsioni, osservazioni false, fuorvianti, volte esclusivamente a giustificare una pretesa di dominio che per fortuna non c’è più nella realtà. Ecco che allora tutta quest’affaccendamento nella ricerca di una interpretazione che salvi la faccia agli aspiranti dominatori diventa la descrizione di qualcosa che non esiste e non è mai esistito, ma che se inculcato dal bombardamento mediatico assume il valore di realtà. Vediamo alcuni punti:

1) “Noi distinguiamo tra aggredito ed aggressore”: gli specialisti di relazioni internazionali presenti in tutte le trasmissioni dovrebbero sapere, come ci ha insegnato Clausewitz, che la guerra è il proseguimento della politica, con altri mezzi. È evidente che se uno è abbastanza forte da poter imporre la sua politica – che può essere, pure questa, espressione di violenza – avrà interesse a far valere le sue pretese, lecite o illecite, con la politica. Chi deve subire queste pressioni, a un certo punto, se non ce la fa a contrastarle con la diplomazia deve ricorrere alla guerra o perire. Putin aveva avanzato alcune richieste ragionevolissime di sistemazione diplomatica delle questioni riguardanti la sicurezza sua e dei paesi limitrofi. Il punto principale consisteva nella richiesta di neutralità dell’Ucraina, cioè non integrazione di questa nella Nato. Tutti i paesi occidentali, con un’inusuale unanimità di vedute, risposero che si trattava di una pretesa assurda.

2) “Putin ha capito che non può invadere l’Europa”: questa affermazione vorrebbe essere la prova della sconfitta sul campo della Russia. Putin non ha mai pensato di voler invadere nemmeno la sola Ucraina, altrimenti non avrebbe mandato centomila uomini, ma come minimo almeno un milione. Probabilmente, quando è entrato in Ucraina e si è avvicinato a Kiev, pensava che ci sarebbe stato un sollevamento da parte dei filorussi: se così fosse, su questo si è sbagliato. Ma poi è tornato nel Donbass dove questi centomila uomini hanno occupato i territori contesi, oltre quelli a sud lungo il mare. Qui è evidente il fallimento del piano americano di dare una spallata risolutiva alla Russia, colpevole di non piegarsi a una servile sudditanza come hanno fatto gli altri europei. Nonostante gli aiuti militari, di intelligence e finanziari forniti prontamente e incondizionatamente da tutti i paesi della Nato, nonostante il tributo di sangue imposto ai ragazzi ucraini investiti demagogicamente del ruolo di ultimo baluardo in difesa della libertà dell’Europa, i russi hanno in mano più di quanto chiedevano con mezzi diplomatici. Putin è consapevole – lo ha dichiarato più volte – dell’inferiorità russa da un punto di vista militare nei confronti della Nato. La spesa militare russa è pari a 1,5 volte quella francese, ma, a differenza degli occidentali che hanno assoldato un paese fallito in qualità di forza mercenaria – con chissà quali raggiranti promesse – Putin ha usato soldati russi. Questa è una dimostrazione di forza da non sottovalutare.

3) Clausewitz: la guerra è il proseguimento della politica con altri mezzi. Se è una politica fallimentare, anche la guerra sarà un fallimento. La politica americana che vuole per sé il controllo del vertice unipolare come strumento di dominio sul resto del mondo è sbagliata e porterà a un inevitabile fallimento. Le relazioni internazionali sono ormai contenute nell’unico involucro che definiamo globalizzazione. Questa può essere governata solo da un sistema multipolare composto da più poli tendenzialmente equivalenti quanto a risorse disponibili, ma comunque in grado di farsi rispettare, o di rendere sconveniente il tentativo di soggiogarle. L’ONU, così come oggi è strutturata, non può funzionare proprio in quanto presuppone la parità tra realtà estremamente disuguali. Su questa strada noi europei eravamo, fino all’inizio del nuovo millennio, i più avanzati: potevamo essere un modello anche per altri poli. L’errore, seguito agli attentati delle torri gemelle, è stato quello di non aver messo in discussione il polo occidentale – Europa più Nord America – per avere una dimensione superiore a qualsiasi altro polo esistente o in formazione, con l’intento di mantenere il dominio occidentale sul resto del mondo. L’Europa deve diventare un polo autonomo rispetto agli USA e deve tutelare i propri interessi, che sicuramente comprendono rapporti di buon vicinato con la Russia. La scriteriata politica portata avanti dalla commissione europea nella crisi ucraina ha intaccato irrimediabilmente la ragione di esistere dell’Europa unita. In futuro, forse, si andranno a delineare due “Europe”: una dei paesi dell’ovest, l’altra dei paesi dell’Europa centro-orientale. Fondamentale diventa, per i paesi dell’ovest, uscire dalla Nato lasciando ai paesi dell’est, in cerca di rivalsa, il ruolo di avversari della Russia, con l’appoggio degli USA, ma col serio rischio di essere strumentalizzati dalle manie di grandezza americane, fino ad essere direttamente coinvolti in una prossima guerra Cina-USA.

4) L’EU dei paesi fondatori non ha bisogno di una tutela americana. L’EU può tornare ad essere un faro di civiltà, il più avanzato in direzione di un futuro migliore per l’umanità. Ma deve recuperare i valori alla base del progetto originale, pesantemente offuscati dal dilagare del sistema liberista, vanto del super polo occidentale. Un potere che si basa non su istituzioni democratiche, bensì su un potere di fatto, come le organizzazioni criminali. Potere finanziario e potere di controllo. Per preservare il suo dominio ha messo insieme tutti coloro che sono in grado di controllare grandi flussi di capitale, purché siano disposti a farli affluire a un unico vertice. Da questo vertice si irradia il mondo di fede in quelli che erano mezzi e sono diventati il fine; e l’uomo, che doveva esser il fine, è ridotto a un semplice mezzo. La gestione di questi mezzi, di per sé né buoni né cattivi, deve essere riservata a istituzioni politiche legittimate dal basso con procedimenti democratici. I mezzi da sottoporre a un controllo politico sono il denaro e il digitale, perché oggi sono usati contro l’umanità.

5) Un’ultima osservazione: la guerra è stata voluta dalla Nato, e questa risponde a un potere politico col quale noi comuni mortali non possiamo interagire. Questo potere politico occulto possiamo immaginarlo come il potere della finanza. Questa è accreditata di disponibilità finanziarie pari a 40 o 50 volte il PIL mondiale. Se queste disponibilità significano qualcosa, per questi signori sarà uno scherzo ricostruire l’Ucraina. Non vedo la necessità di aggravare ulteriormente le condizioni di chi lavora andando a prelevare le risorse destinate ad una redistribuzione della ricchezza all’interno dell’economia reale, come propone il genio che guida la commissione europea. Ma nell’eventualità che l’enorme disponibilità attribuita alla finanza risultasse solo fumo, solo potere politico di tosare i redditi di chi lavora, rimarrebbe comunque la possibilità di attingere al bilancio della Nato. Questo costa ai paesi aderenti il 2% del PIL per procurare occasioni di guerra, anche nucleare, mentre l’adesione all’EU costa ai paesi aderenti l’1,5 del PIL: a parte un 10% di spese di gestione, il resto va a finanziare i vari programmi di coesione sociale. Tanto in futuro ci difenderanno gli ucraini: hanno l’esercito più potente d’Europa.