Domenica 4 dicembre 2022, Seconda Domenica di Avvento
L’INCONSISTENZA DELLE OPERE PUBBLICHE REALIZZATE DAL FASCISMO, TUTTA PROPAGANDA E NIENTE CONCRETEZZA: E SE CAZZULLO SI FACESSE UNA BELLA GITA AD ISCHIA?
ISCHIA, QUANDO IL DUCE METTEVA L’ISOLA IN SICUREZZA
di David Nieri
Sono state e sono tuttora immagini terribili, quelle che arrivano da Ischia. L’ennesimo disastro, l’ennesima tragedia, l’ennesima caccia al colpevole: l’abusivismo, i cambiamenti climatici, la scarsa manutenzione, i sindaci “da arrestare”, le risorse non impiegate e avanti con il prossimo responsabile. Sappiamo bene come andrà a finire: dopo lo sdegno, dopo il dolore per le undici vittime (l’ultimo disperso non è ancora stato rintracciato), dopo le varie accuse incrociate con tanto di campagna elettorale da parte del Terzo Polo (che imputano a Giuseppe Conte una legge sul condono quando si trovava a Palazzo Chigi nel 2018), tutto tornerà a tacere. Fino alla prossima tragedia. Perché, come sappiamo, il “mettere in sicurezza” un territorio “ad alto rischio idrogeologico” non fa parte dei programmi dei vari schieramenti politici (in teoria sempre, in pratica mai); perché, come altresì sappiamo, le risorse del Pnrr (la metà circa delle quali a debito, che ricadrà sulle future generazioni) sono destinate ad altre “emergenze” come la transizione ecologica e la costruzione di una pista di sci in materiale sintetico a Fontescodella, periferica contrada di Macerata (315 metri sul livello del mare), o di centinaia di nuovi campi da padel, per forgiare corpo e spirito dei giovani virgulti (che giocheranno ovviamente in notturna, a lampioni spenti, per risparmiare energia).
Tra le tante parole che si sono susseguite per spiegare le cause della tragedia – quasi sempre scontate, banali, di circostanza: ricordiamoci che nel 2009 l’isola fu colpita da un’alluvione che causò la morte di una ragazza e la distruzione di diverse abitazioni; nel 2017 il terremoto provocò due vittime e 42 feriti – ce ne sono alcune che, a giudizio del sottoscritto, meritano attenzione.
Il geologo Gaetano Sammartino, presidente della Società Italiana di Geologia Ambientale, sezione Campania, non le ha mandate a dire: “Cosa è stato fatto dal 2009, anno dell’alluvione ad oggi? Ben poco. In Italia ancora non si prende coscienza della pericolosità, del rischio idrogeologico specialmente su quel territorio che è stato abusato in passato. In Italia c’è necessità anche di un maggior coinvolgimento da parte delle istituzioni perché devono mettere mano alla manutenzione ordinaria. La cura del territorio passa per la manutenzione ordinaria. Periodicamente bisogna controllare tutte le aree di deflusso dell’acqua ma anche gli stessi tombini e fare manutenzione degli alvei”.
La manutenzione, quindi, più che l’abusivismo edilizio, una cattiva “abitudine” assai diffusa sull’isola. Che però, a detta di chi qualcosa conosce del territorio, non sarebbe il principale responsabile.
La colata, scesa dal monte Epomeo, si è incanalata in quattro strade diverse. Una è soprannominata via della Lava. Giovanni Mattera, 65 anni, fino a pochi mesi fa comandante dei vigili urbani, ha spiegato il perché: “Sono secoli che, da lassù, l’acqua fangosa scivola verso il mare. Però i nostri vecchi erano saggi: e avevano costruito ben tre canali di scolo, che impedivano all’acqua di stagnare, accumularsi e poi precipitare. Vede: il terreno di questa montagna non è mica diventato improvvisamente argilloso. Lo è sempre stato. Il problema, perciò, non è quel po’ di abusivismo che pure c’è”.
E così sono arrivate alcune foto in bianco e nero, anno 1936: un lavoro di ingegneria con i fiocchi. Lo stesso Mattera ha aggiunto: “Purtroppo non c’è più stata manutenzione e i canali, le ‘briglie’, come le chiamiamo noi in dialetto, sono state sommerse dalla vegetazione. Ecco spiegata la causa del disastro”.
Quelle foto hanno cominciato a fare il giro del web. Mostrano la canalizzazione sul monte che sovrasta Casamicciola, una regimentazione straordinaria, una notevole opera di ingegneria. Ma giammai, non si può dire. Già, perché nel 1936, facendo due conti, c’era il fascismo. E il fascismo, come sappiamo, a livello di opere pubbliche non ne azzeccò una. Perché altrimenti come farebbero i vari Francesco Filippi, Carlo Greppi oppure Aldo Cazzullo – tanto per citare qualche nome – a mantenersi con le royalties delle loro pubblicazioni?
C’è un libro – rigoroso ed estremamente documentato – sul periodo fascista a Ischia. L’autore è Benedetto Valentino, il titolo Ischia, l’isola di Mussolini, uscito nel 2017.
Un libro coraggioso, che descrive il particolare legame tra il cittadino onorario Benito Mussolini e Ischia, tra il fascismo e gli isolani, un rapporto profondo che ha lasciato nella società locale un segno indelebile.
Per esempio, da questo libro si viene a sapere che il turismo sull’isola non è nato nel dopoguerra, che Ischia non era un’isola di “poveri contadini” scoperta e valorizzata da Angelo Rizzoli e da Gaetano Marzotto. I due imprenditori si limitarono a sviluppare progetti e idee già elaborati durante il periodo fascista, con l’avallo di una classe politica che, sotto nuove insegne, altro non era che la continuità storica e culturale del fascismo.
L’Italia di quegli anni, terza nazione del mondo per espansione del settore turistico, era divisa tra un Nord ricco di strutture ricettive e un Sud poverissimo, a parte Taormina e Mondello in Sicilia e la Costiera Amalfitana in Campania.
Mussolini intuì le potenzialità di Ischia ed emanò ben tre leggi per creare le basi del suo sviluppo: nel 1938 riunì in un unico municipio tutti i sei comuni, nel 1939 creò l’Ente Valorizzazione e nel 1941 approvò una legge “per l’antico comune di Lacco Ameno”, un’antica stazione termale. Lo stesso Mussolini propose Ischia come località privilegiata rispetto a tutte le altre stazioni turistiche italiane, memore di un’antica promessa fatta agli ischitani che da subito avevano aderito al fascismo e che furono tra i primi in Italia a concedere le chiavi della città al futuro Duce. Fu intuita anche la necessità di costruire un piccolo ospedale, la prima struttura sanitaria moderna dell’isola, la “Casa delle Gestanti”, l’ultima opera costruita dal fascismo in tutta Italia. Solo la guerra impedì che si concretizzassero tutti i progetti elaborati per la valorizzazione dell’isola.
E pensare che l’ex sindaco di Casamicciola Giuseppe Conte – un caso di omonimia con l’ex presidente del Consiglio – ha denunciato che i lavori finanziati 12 anni fa non sono mai stati realizzati, che la manutenzione non c’è stata e che il disastro era più che annunciato.
D’altra parte, gli “eventi estremi” sono diretta conseguenza dei cambiamenti climatici causati dall’uomo, stando alla vulgata in corso, che di scientifico ha ben poco. Eppure, di origine antropica noto solo la totale mancanza di manutenzione delle canalizzazioni fascistissime che avrebbero potuto evitare il disastro. Perché i nostri nonni, fascisti pure loro, a quanto pare almeno i tombini li costruivano. E li pulivano.
…e nasce il sospetto che una corretta politica ecologica potrebbe in realtà nascondere un bieco disegno apologetico neofascista.