Domenica 4 dicembre 2022, Seconda Domenica di Avvento
IL SOCIALISMO PARLAVA DI ABOLIZIONE DEL DANARO: ERA POI UN’IDEA COSÌ BRUTTA (O COSÌ UTOPISTICA)?
UNA SCADENZA PER IL DENARO
di Bruno Bosi
Democrazia significa libertà, dai soprusi, dalla violenza e dal bisogno economico. I paesi occidentali hanno scelto, dopo le guerre mondiali, di puntare sulla democrazia per giustificare la loro pretesa di dominare la società globale. La Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo sosteneva esplicitamente che non può esistere benessere senza libertà ma neanche libertà senza un minimo di benessere che consenta un’esistenza dignitosa. Nella dichiarazione erano elencati cinque categorie di diritti, inseparabili, che dovevano essere riconosciuti a tutti gli appartenenti alla comunità umana seguendo i princìpi universali di giustizia ed uguaglianza: diritti civili, politici, sociali, economici e culturali. Con la guerra fredda i diritti sociali ed economici vengono trascurati per non indebolire il capitalismo nel confronto con le economie pianificate. I politici occidentali si accontentano di produrre norme volte a evidenziare questioni meramente formali, allontanandosi sempre di più dall’uguaglianza dei diritti che è l’essenza della democrazia.
Quando arriva l’implosione dei paesi comunisti, il capitalismo è il vero vincitore della guerra fredda e pretende di portare all’estremo le sue potenzialità. In nome dell’edonismo reaganiano e poi del neoliberismo, vengono annullati i pochi diritti economici e sociali riconosciuti nel Novecento per garantire la coesione necessaria in tempo di guerra. Delocalizzazione delle industrie e libertà di movimento dei capitali sconvolgono tutti gli equilibri precedenti, il capitalismo diventa finanziario. I politici si limitano a subire, poi una volta che si rendono conto di essere sottomessi a un potere che li sovrasta, per poter continuare a esistere sovvertono la loro missione: il capitalismo non è più al servizio della società ma è la società al servizio di un capitalismo che ha assunto una dimensione virtuale, la finanza. Nessun provvedimento viene preso per contrastare lo strapotere della finanza. La democrazia si risolve nell’attimo in cui il cittadino deposita “nel segreto dell’urna” la scheda elettorale senza mai avere la possibilità di un’alternativa.
Prima della modernità, il potere politico era determinato dai privilegi della nobiltà, e questi erano determinanti anche dell’ingiustizia nella spartizione della ricchezza. L’istituzione nobiltà, come la monarchia, erano riconosciuti come privilegi di derivazione divina e quindi non riconoscevano i limiti relativi a tutto ciò che fa parte dell’esistenza dei comuni mortali: la nobiltà era per sempre. Il nobile doveva vivere senza lavorare, l’unico motivo che poteva determinare la perdita del titolo nobiliare era macchiarsi della colpa di svolgere un lavoro manuale. Il titolo nobiliare poteva essere stato attribuito a una persona degna di questo privilegio per aver dimostrato abilità, capacità, coraggio o altre virtù superiori alla media. Gratificare queste virtù era conveniente anche per la società. Se poi questo privilegio era destinato a tramandarsi per l’eternità ai discendenti che potevano esserne indegni, per di più allargando continuamente il numero dei pretendenti al titolo nobiliare, alla lunga sarebbe diventato un peso soffocante. Oggi abbiamo la funzione di riserva di valore del denaro che si pretende eterna e quantitativamente illimitata. Da quando non è più convertibile in oro, è completamente slegata dalla realtà. Non rientra tra le facoltà umane la possibilità di creare elementi o entità che possano avere la pretesa di essere illimitati nel tempo e nello spazio dimensionale o quantitativo. Non possono far parte della realtà, possono avere effetti reali come risultato di una fede che impone sacrifici, questi sì reali, per la gloria di una qualche forma di divinità. Fino a quando dura la fede tutto può essere giustificato senza limiti alle ingiustizie, ma basta voltarle le spalle e le pretese dei dominatori spariscono senza lasciare traccia di sé. Così è stato per le divinità dell’antico Egitto, per le divinità dell’America precolombiana ecc. Oggi abbiamo personaggi ai quali vengono attribuite quantità di ricchezza abnormi, inesistenti e indescrivibili, se non col ricorso ad unità di misura come un multiplo del PIL mondiale. Possono avanzare la pretesa di colonizzare nuovi pianeti a titolo personale. Sono i nuovi dominatori simili alle crudeli divinità che erano in grado di imporre sofferenze ai loro dominati e i nuovi sacerdoti sono i politici, gli opinionisti e i giornalisti, con qualche rara eccezione. Oggi è la finanza che trascina con sé la politica e assieme impongono la visione o paradigma liberista anche alla scienza. Questo allineamento omologante di tutti i protagonisti della strutturazione delle relazioni sociali, economiche e culturali rende integraliste le nostre società composte da una moltitudine di homo economicus che ha come unico valore il denaro. Col denaro tutto è possibile, senza denaro tutto è impossibile. In una società che continua a pretendersi democratica, la divisione in dominati e dominatori non è ammissibile, non deve essere oggetto di discussione. Pur essendo insostenibile, l’assurda spartizione della ricchezza con un 1% sempre più ricco e un 99% sempre più povero, non è mai oggetto di analisi da parte dei media che contano, che sono in grado di raggiungere e condizionare i cittadini. Le relazioni sociali che determinano le condizioni di vita presenti e quelle per i prossimi 40 anni, sono già stabilite. Anche chi ancora non è nato dovrà sentirsi vincolato a pagare i debiti, inestinguibili, sottoscritti dai nostri politici. Ma qualcosa deve essersi inceppato, la libertà non esiste più per la mancanza di possibilità di scelta, il benessere materiale è sostituito dall’impoverimento generale, l’aspettativa di un futuro migliore è sostituito dalla rassegnazione al declino. Per tirare avanti il sistema dominante, ma traballante, ormai deve ricorrere a continue emergenze, forme di ricatto che hanno per oggetto la sicurezza dei cittadini. La pandemia prima ed ora la guerra. La “provvidenza” sembra venire in aiuto ai dominatori e ai loro sacerdoti con la pandemia. Per mantenere la rassegnazione ad accettare lo status di dominati, l’ultimo aspetto da mettere sotto torchio, dopo la libertà e la felicità o benessere materiale, rimane per i dominatori la gestione della sicurezza o del diritto alla vita: si va delineando un nuovo status di degenti strutturali, che si aggiunge a quella di lavoratore, consumatore e risparmiatore, ma sempre indigente, cioè bisognoso di credito o di tutela calati dall’alto. Bisognosi di cure che costano e richiedono nuovi debiti. Le questioni di guerra e pace e le relazioni internazionali in generale non sono mai state sottoposte a forme di volontà democraticamente espresse. Per questo la potenza militare è facilmente utilizzabile per smantellare ogni possibilità di resistenza alla volontà dei dominatori. Dopo la pandemia è la guerra, il rischio di una guerra nucleare, che deve terrorizzare l’opinione pubblica.
La sfida per la politica non dovrebbe essere quella di far sopravvivere un sistema che presenta delle crepe irreparabili, ma di sondare la possibilità di una strada alternativa, che esiste sempre. La politica deve tornare a esercitare il suo mestiere, rendere realizzabile l’aspirazione a un futuro migliore. Il diritto alla vita richiede un ambiente in condizioni di salubrità e relazioni pacifiche coi nostri simili. Sono beni pubblici che dovrebbero essere tutelati e anche imposti dal potere politico indirizzando il progresso tecnico scientifico a rispondere a queste necessità. Anziché disquisire di guerra tradizionale o nucleare si dovrebbe parlare di disarmo globale, proibire le armi chimiche e batteriologiche che hanno prodotto la pandemia. Nessuna seria iniziativa viene presa in questa direzione. Le uniche cure che il sistema capitalista, liberista e finanziario può prescrivere sono ulteriori iniezioni di denaro andando a incrementare ulteriormente l’indebitamento. La strada è spianata dall’implementazione del pensiero unico, tanto che anche i partitini antisistema premono per aumentare il debito pubblico e inveiscono contro l’EU quando propone il pareggio di bilancio. Fino a qualche mese fa tutti i governi predicavano la necessità di diminuire i servizi pur di diminuire il debito che soffocava l’economia, ora si parla di prendere a prestito migliaia di miliardi per salvare l’economia e la vita. Da dove vengono questi soldi? Da un’entità esterna che non compare tra le istituzioni previste dalle costituzioni democratiche. Da chi ha avuto modo di arraffare ciò che spetta a chi lavora. Si può attingere solo dalla presunta illimitata disponibilità della finanza, ma che ha un costo che sta diventando soffocante. Questa disponibilità in realtà è l’applicazione delle condizioni imposte dalle agenzie di rating ai governi e da questi ai loro cittadini lavoratori. La ricchezza si produce solo col lavoro e può essere prelevata solo dal lavoro. La finanza emette titoli di credito che hanno come base il prelievo di una quantità di ricchezza in continuo aumento da chi la produce col lavoro. È un passaggio che si può evitare semplicemente con una dilazione dei pagamenti tra consociati. Quando eravamo nel pieno della crisi finanziaria del 2007, tutti i politici, a cominciare dal presidente americano, hanno ammesso che la struttura della nostra società, dominata dalla finanza speculativa, è in serio pericolo di crollo ed avevano indicato come via d’uscita il trasferimento delle risorse, che ora vengono divorate dalla finanza, all’economia produttiva, a chi lavora. Avevano detto che continuando sull’attuale direzione la crisi si sarebbe ripresentata con cicli più brevi e conseguenze più gravi, fino ad arrivare a un crollo inevitabile. Poi i provvedimenti presi sono andati nella direzione opposta, prelevando ulteriori risorse da chi lavora per darne la disponibilità alla finanza tanto che possa tirare avanti, almeno fino alla prossima crisi. La giustificazione del presidente americano è stata la seguente: “La condotta dei grandi gruppi finanziari va considerata riprovevole sotto il profilo etico, ma dal punto di vista legale non si può imputare loro nulla”. Questa affermazione ci conferma che è lecito per i governi legalizzare comportamenti che negano i diritti fondamentali dei cittadini alla libertà, alla sicurezza e alla felicità. Le leggi che rendono lecito un tale comportamento sono state emanate dai politici statali su pressione dei grandi gruppi che controllano la finanza globale.
Gli uomini sono tutti per metà buoni e per metà cattivi: è la nostra natura, dobbiamo accettarla. Non si ottengono risultati predicando il bene agli uomini. La politica deve agire sui mezzi, sulle istituzioni come avvenuto per la nobiltà e per la monarchia in campo politico, o per i monopoli e i latifondi in campo economico. L’istituzione che oggi giustifica le ingiustizie, le guerre, l’inquinamento è la funzione di riserva di valore attribuita al denaro. Ne consegue una conflittualità per scalare la piramide del potere che è ritornato ad essere un tutt’uno politico-finanziario, e non accetta limiti prestabiliti. Il potere del denaro in questa visione è per sempre nel tempo e illimitato nella quantità. È questa visione che non può conoscere la moderazione necessaria per poter coesistere pacificamente coi nostri simili, cioè riconoscere agli altri i diritti che pretendiamo per noi. La funzione di riserva di valore del denaro deve essere sottoposta a un limite, a una scadenza. I più bravi ne avranno di più ma lo devono spendere, lo devono rimettere in circolo all’interno dell’economia reale, altrimenti si perde. Questo porterebbe alla moderazione nella bramosia di denaro. Solo così il denaro tornerebbe ad avere un ruolo positivo, al servizio dell’umanità, un mezzo per facilitare gli scambi commerciali. Se il denaro diventa il mezzo per procurarsi altro denaro, senza limiti, senza neanche la possibilità di utilizzarlo, non può avere altra ragione di esistere se non quella di diventare potere politico. Ma è usato contro l’umanità e contro l’ambiente. Deve impoverire continuamente chi lavora, costringe ad un assurdo indaffaramento che produce inquinamento e denaro. L’inquinamento degrada l’ambiente, il denaro è arraffato dalla finanza predatoria e diventa sempre più importante per chi non ne ha. È così che si alimenta la fede nella funzione di riserva di valore del denaro.
Mi permetto di osservare, da medievista, che tanto il problema del denaro quanto quello della nobiltà nel medioevo sono più complessi e articolati di quanto egli non mostri di credere: rinvio per questo gli studi di Marc Bloch, Carlo Maria Cipolla, di Franco Franceschi, di Lorenzo Tanzini e di altri. Se poi si parla di Modernità, allora bisogna fra l’altro circoscriverne anche cronologicamente fasi e caratteri. FC