Minima Cardiniana 405/4

Domenica 22 gennaio 2023, Santa Emerenziana

OGNI TEMPO HA I CANTORI CHE MERITA (A SPESE DEL CONTRIBUENTE, PUTROPPO…)
Il Festival di Sanremo ha settant’anni. Auguriamoci che questa non sia la sua “Comica finale”. Comunque, dai tempi di Grazie dei fior, ne abbiamo fatta di strada in discesa. Aridatece Nilla Pizzi, e magari Gigliola Cinquetti!

SANREMO, LA BALLATA DI ZELENSKY
Ormai è ufficiale la notizia che il Presidente dell’Ucraina Zelensky sarà in collegamento con Amadeus, nel corso dell’ultima serata del Festival di Sanremo 2023.
Il giornalista Bruno Vespa ha confermato, in diretta, a Mara Venier la volontà del Presidente ucraino di essere presente al Festival.
Nel contempo, Fabrizio Venturi, ideatore e Direttore Artistico del Festival della Canzone Cristiana, che si terrà a Sanremo negli stessi giorni del festival della canzone italiana, ha reso noto di aver “allacciato rapporti con le Istituzioni ucraine per organizzare anche in Ucraina il Festival della Canzone Cristiana” nutrendo l’aspirazione profonda di ricreare l’armonia della pace attraverso il canto e la musica, toccando i cuori più ostili, determinati a portare avanti una guerra senza fine. Gli organizzatori del Sanremo Cristian Music Festival, infatti, hanno inoltrato richiesta formale, mediante le autorità italiane, alle istituzioni ucraine al fine di organizzare, nel prossimo mese di maggio, sul suolo ucraino, il Festival della Canzone Cristiana Ucraina 2023.
L’annuncio ha subito destato le reazioni più disparate, a partire da quella dello stesso conduttore e direttore artistico della kermesse Amadeus, che si è trovato spiazzato dalla clamorosa certezza della presenza del presidente dell’Ucraina appresa proprio in tv come tutti i telespettatori.
Sulla decisione di Zelensky di comparire in tv nell’ambito della manifestazione canora italiana più importante, si è voluto esprimere Alfonso Signorini con l’editoriale del numero di Chi in edicola questa settimana. Critico il direttore del settimanale rispetto a una scelta tanto straordinaria, considerata decisamente vincente per il Festival, per la Rai e per la possibilità di sensibilizzare milioni di italiani sul drammatico tema della guerra in corso, ma con qualche ombra da considerare.
Infine: “E se questo è il prezzo che dobbiamo pagare ai tempi moderni, preferivo i tempi in cui i generali se ne stavano in trincea a combattere a fianco dei loro soldati” ha concluso Signorini, mettendo un punto su un tema che di certo nelle prossime settimane continuerà a far discutere.

La Rai dovrebbe rappresentare la tv di Stato. E dovrebbe, in quanto tale, offrire un servizio pubblico attraverso le tre reti (generaliste, poi ci sono gli annessi e connessi digitali) in modo equilibrato, obiettivo, pluralista. Magari, perché no, di livello “culturalmente” più elevato rispetto alle colleghe emittenti, libere e sponsorizzate. Perché vive (anche) grazie ai contributi dei cittadini.
Il festival di Sanremo, un tempo, si chiamava festival della canzone italiana. Seppur di livello musicalmente mediocre, si parlava, fino a una ventina di anni fa, di canzoni. Belle (poche), brutte (tante), ma capitava anche di imbattersi in qualche miracolo. Gli ospiti, in passato per lo più stranieri, con la musica avevano spesso qualcosa in comune. E l’evento si dipanava neutralmente e naturalmente su tre serate, accompagnato dai fischiettii immediati di qualche melodia a pronta presa e dalle chiacchierate tra ragazzi a scuola. Ma, allora, si parlava di canzoni. Non di politica. Né, tantomeno, di propaganda a senso unico.
I comici che calcavano il palcoscenico come ospiti incaricati di intervallare l’esibizione dei cantanti (da Grillo a Pippo Franco e via dicendo) facevano bene il loro mestiere. E proponevano satira, a tratti sferzante, a tratti boccaccesca (mi ricordo un Diego Abatantuono in forma veramente eccezziunale), senza mai cadere nell’“errore”. Il festival era, e doveva essere, l’evento nazionalpopolare di tutti. Più o meno, ci riusciva.
Da una ventina d’anni a questa parte, gradualmente – e probabilmente grazie alla vetrina che è ancora in grado di rappresentare –, le canzoni sono diventate un ingrediente riempitivo (e giustificativo) di una carnevalata politicamente corretta e globalizzata ovviamente a senso unico, come il pensiero che intende rappresentare e promuovere. Dalle fascette ai monologhi interiori, fino ad arrivare agli stessi testi delle canzoni, non c’è “spazio” in cui la rievocazione e rivendicazione dirittocivilista e progressista non si sia insinuata. Tanto da diventare indigesto a un buon numero di italiani, che, stanchi dello snaturamento di un evento che magari un tempo avevano apprezzato, hanno smesso di guardarlo.
Il fatto è che quest’anno, a giudizio del sottoscritto, si rischia di oltrepassare il limite del buonsenso e non solo. Direi, più precisamente, della vergogna.
Sorvolo sugli “inviti” rivolti ai vari presentatori di “supporto” (incarnanti, a vario modo e secondo modalità diverse, le varie declinazioni dell’imposizione del “giusto”) e arrivo al dunque: l’invito rivolto a Volodymir Zelensky per un collegamento (in qualità di “superospite”) durante la serata finale.
Il limite della vergogna è oltrepassato. E qui non si tratta di “parteggiare” per una fazione o per l’altra, di prendere una posizione o un’altra, oppure di non prenderla affatto.
La Rai ha deciso (a nome di chi?) di schierarsi in modo prepotente, violento e sfacciato (per carità, lo ha già fatto da mesi, ma qui la vulgata diventa insostenibile) a favore di una guerra che la NATO sta combattendo contro la Russia (non si scomodino, una volta per tutte, l’aggressore e l’aggredito comunemente intesi). E chiama, in qualità di rappresentante del “Bene”, il suo artefice/attore. Senza possibilità alcuna di confronto, di dibattito, di discussione.
Una guerra che sta costando carissima al nostro Paese. E che, con i mesi che passano e passeranno, costerà ancora di più, finendo, con molta probabilità, per metterci in ginocchio. Sarà il “Bene”, statene pur certi, a dichiarare la nostra fine.
Per questo motivo, dico vergogna. Ai vertici Rai, ai politicanti affaristi e pure al nuovo governo Meloni, i cui esponenti nulla stanno facendo per porre fine a questa immane tragedia. Anzi, la stanno sponsorizzando. Con i soldi e con le armi. (David Nieri)