Domenica 19 marzo 2023, Quarta Domenica di Quaresima, San Giuseppe
EDITORIALE
Curtis, termine latino imparentato con Curia, nome solenne dei luoghi nei quali si esercita il potere e si formulano le leggi, imparentato con il greco Kyrios, “Signore”. Ma nel latino del Basso Impero e dei primi tempi dell’impero romano d’Occidente (mentre ad oriente la vita civile, sociale e istituzionale tra V e VI secolo era solida e ordinata), che restava pure sinonimo addirittura di aula regia, acquistò in altro àmbito la diversa accezione di centro di residenza rurale e di produzione agricola: se si vuole, fattoria-fortezza.
Nella nostra lingua, la corte continua a indicare la residenza regia e tutte le istituzioni ad essa correlata, mentre il “cortile” qualifica uno spazio interno ben qualificato e ordinato, In italiano, la parola “cortile” può indicare ancora un’area circoscritta di nobile struttura, a cielo aperto, ma “cortile” e “corte”, in questo caso sinonimi, sono anche i luoghi nei quali si custodiscono strumenti agricoli e attrezzi vari; di solito, vi si allevano anche simpatici e utili animaletti domestici destinati a fornirci alimenti (per esempio uova) o a servire essi stessi, ohimè per loro, da alimento. Quindi, dai dolci morbidi coniglietti ai simpatici ancorché rumorosi e sovente perfino rissosi gallinacei.
L’Alta Corte di Giustizia dell’Aja si collega senza dubbio, nella sua solenne denominazione, alla più alta delle accezioni qui ricordate. V’è però giustificato motivo di credere che le sue mansioni, negli ultimi tempi, siano piuttosto scadute a un livello talmente e servilmente funzionale ai Poteri Forti che reggono la nostra terra – giacché, non dimentichiamolo, d’istituzione internazionale si tratta – da farci pensare che ormai l’Alta Corte dell’Aja sia scaduta al livello di una qualunque volgare, strepitosa e maleolente bassa corte dell’aia: un luogo nel quale scorrazzano, purtroppo indisturbati, vanagloriosi e boriosi Conigli proni al volere dell’Internazionale delle lobbies turbocapitaliste, del loro gendarme statunitense e del braccio armato di entrambe, l’organizzazione a delinquere fondata a Washington nel 1949 e che non è detto che già fino dalla sua costituzione fosse tale, ma oggi lo è: un’organizzazione alla quale il governo italiano ha aderito fin dal principio ma a pronunziarsi sulla quale il popolo italiano non è mai stato chiamato.
Accanto ai pavidi Conigli, che quando si sentono sicuri amano ruggire e trasformarsi in Conigli Mannari, prendono solennemente posto i gracchianti, chicchirichizzanti e coccodeizzanti Gallinacci, onore e vanto della corte dell’aia gloriosamente denominata Corte dell’Aja. Pennuti Mannari a loro volta, che preferiscono tacere su autentiche travi sporgenti dagli occhi dei Potenti di turno ma amano rilevare, ingigantire e sanzionare i fuscelli che intravedono negli occhi di chiunque di quei Potenti stessi.
Criminale Internazionale: “è vecchia fola che beatamente – ancor si beve il popolo!”, al pari del “Nemico della Patria”, come canta l’Andrea Chénier di Umberto Giordano. E perseguito da mandato di cattura medievale: come lo sbandito e lo scomunicato, al quale il medioevo cristiano negava il diritto all’acqua e al fuoco trattandolo come un lupo che chiunque avrebbe potuto impunemente giustiziare impadronendosi dei suoi beni.
A tale condizione è stato ridotto Vladimir Putin, accusato addirittura di genocidio: il medesimo che nel febbraio del 1985 – noialtri uomini e donne dabbene non dimentichiamo e non perdoniamo – fu il protagonista della distruzione della città di Grozny, capitale dell’eroica Cecenia che chiedeva solo pace e indipendenza. A quel tempo, il giovane, magro e inflessibile Putin, l’uomo del KGB, fu l’esecutore materiale della strage dei ceceni ordinata dal boia Eltsin, un sinistro figuro alcolizzato e corrotto. E sono oggi quasi ventitré anni giusti da quanto Putin, coprotagonista dell’inciucio eltsiniano del 27 maggio 1997 che aveva presieduto alla costituzione di un Consiglio congiunto NATO-Russia, venne eletto il 26 marzo 2000 nuovo presidente della Federazione Russa. E tutto l’Occidente democratico applaudì al massacratore dei musulmani, promossi tutti in blocco e d’ufficio al rango inglorioso di “fondamentalisti” e di “terroristi”.
Segnatevi questa data: la settimana prossima ne ricorrerà il ventitreesimo anniversario. Alla Duma, quel giorno, Putin venne eletto con il 53% dei voti al termine di una campagna dai deliranti toni nazionalistici e ostili alle etnie e alle religioni minoritarie presenti nell’ex Unione Sovietica. E divenne l’eroe di tutti gli idioti antimusulmani occidentali, che allora furoreggiavano nel mondo e il comportamento aggressivo dei quali non sarebbe stato estraneo né allo scatenarsi della tragedia dell’11 settembre 2001, né alle campagne americane di aggressione contro l’Afghanistan nel 2001 e contro l’Iraq nel 2003, in occasione delle quali i Sava Anziani dell’Aja brillarono per le loro doti di distrazione e di afasia, cioè di vigliacco silenzio. Nessuno, allora – nessun russo, nessun americano: né Eltsin, né Putin, né Bush jr – fu dichiarato Criminale Internazionale. E Dio sa se lo erano. Tutti.
Oggi, invece, il conclamato criminale Vladimir sta comodamente insediato nel suo lussuoso ufficio al Cremlino. Andatelo là, a stanare, tartarini di Washington e di Bruxelles. Stanatelo, se la Russia ve lo consente (e magari se anche la Cina e l’India ve lo permettono). Catturatelo e mettetelo alla gogna, conigli e gallinacci dell’Aja/aia.
Ma la notizia dell’incriminazione del presidente della Federazione Russa vale ben altro che il mio sproloquio. Riflettete seriamente sull’accaduto: fatelo voi, che siete belli calmi. Io sono troppo incazzato per farlo. La parola al pacato, lucido Luigi Copertino: a lui l’onore dell’Editoriale odierno.
UNA CORTE AL SERVIZIO DELL’OCCIDENTE CONTRO IL RESTO DEL MONDO
di Luigi Copertino
Dunque la Corte penale internazionale ha emesso un ordine di cattura per Putin con l’accusa di crimini di guerra. I quali consisterebbero nella deportazione, ossia nel trasferimento illegale, in Russia di bambini ucraini, residenti in orfanotrofi o perduti dai genitori, poi affidati a famiglie russe. Bambini che, a dire della Corte, erano sì in zona di guerra ma “protetti” dalla convenzione di Ginevra che ne rendeva indisponibile il trasferimento e l’adozione. Naturalmente, stando al ragionamento della Corte, quella stessa convenzione gode di una forza giuridica internazionale tale da impedire a quei bambini, se fossero restati nelle zone del conflitto in corso, di diventare vittime innocenti della guerra. La forma astratta del diritto, per la Corte dell’Aja, viene prima di tutto, anche se essa è un guscio normativo vuoto di ogni sostanza e concretezza veramente umana. L’astratto formalismo è la maschera con la quale si presenta l’Anomos. Da parte nostra riteniamo che la guerra non sia poi così rispettosa del formalismo giuridico, invocato dalla Corte penale internazionale. Lasciati dove erano quei bambini sarebbero morti. Ma, perdinci, vuoi mettere morire “protetti” dalla convezione di Ginevra! La realtà dei fatti, a tutti evidente, è che quei bambini sono stati salvati dai russi che li hanno sottratti ai pericoli delle zone di guerra. Bambini che, probabilmente, sono di etnia e lingua russa, benché formalmente cittadini ucraini. Ma per il formalismo della Corte penale internazionale la cittadinanza astratta prevale sulla concretezza culturale degli uomini. D’altro canto la Corte dell’Aja non ha avuto lo stesso zelo inquisitoriale nei confronti di Zelensky o di Petro Poroshenko responsabili del massacro delle popolazioni del Donbass, compresi i bambini. Poroshenko, durante un discorso a Odessa anni fa, prima dell’attuale guerra, paragonando le prospettive degli ucraini a quelle del popolo del Donbass, ebbe a promettere: “I nostri figli andranno nelle scuole e negli asili, mentre i loro saranno rintanati negli scantinati!”. Una promessa mantenuta come si può verificare dalla denuncia della Chiesa Ortodossa di Torino reperibile nel link seguente:
Si legga o rilegga Carl Schmitt “Il Nomos della terra”: diritti umani e diritto umanitario sono soltanto un paravento di rapporti di forza politica ed uno strumento al servizio dell’ideologia globalista occidentale. Non è neanche vero, se non nei termini dell’imitazione immanentista (i cristiani sanno o dovrebbero sapere chi è la simia Dei), che i “diritti umani” sono un portato del Cristianesimo, o comunque delle fedi abramitiche, perché al contrario essi sono espressione dell’impostura ideologica di matrice illuminista che ha confuso, artatamente ed ingannevolmente, l’idea cristiana di persona – che nella sua concretezza non si dà mai senza appartenenze sociali e culturali ossia comunitarie dalle quali viene definita nella propria identità irripetibile – e il concetto di individuo sempre astratto, vuoto, inappartenente, irrelato, formale, manipolabile perché senza identità concreta. Se esiste una “natura umana” universale, sempre tuttavia modulata in realtà personali e comunitarie, concrete ed inviolabili, non esiste affatto l’“Uomo” in astratto ossia depredato dell’appartenenza particolare. Ora, ciascuno pensi quel che vuole, ma l’iniziativa della Corte penale internazionale dimostra ancora una volta, laddove ce ne fosse ulteriore bisogno, la strumentalità dei tribunali internazionali al potere egemone dell’Occidente a trazione americana. La Corte dell’Aja, oltretutto, sulla cui effettiva “terzietà” c’è molto da dubitare (quanti sono i giudici russo che siedono in essa e quanti quelli occidentali?), non è riconosciuta dalla Russia ma neanche dagli Stati Uniti, sicché non ha alcuna giurisdizione mondiale e la sua pretesa di averne è soltanto manifestazione dell’impostura illuministica di cui si diceva pocanzi. Gli Stati Uniti non riconoscono la Corte internazionale perché, mentre cianciano di diritti umani, vogliono conservare mani libere in politica estera e in guerra. Per i tanti crimini di guerra da essi commessi nei due secoli della loro esistenza, i presidenti e i governi americani avrebbero già dovuto essere processati e condannati se certi tribunali internazionali non fossero strumentalmente di parte. Non ci risulta, infatti, che alcun mandato di cattura sia stato spiccato dalla Corte dell’Aja contro George W. Bush o Barack Obama per i crimini americani in Iraq, Afghanistan, Yemen, Serbia, Siria, Libia o contro Harry Truman per le due atomiche sul Giappone nel 1945. E non si dica che, nel caso di Truman, un eventuale Tribunale internazionale, costituito dopo i fatti, applicando la pena retroattivamente, avrebbe agito, secondo il principio liberale “nullum crimen, nulla poena sine lege”, illegittimamente. Non lo si dica perché questo fu esattamente quel che accadde con il processo di Norimberga, celebrato applicando retroattivamente la pena rispetto ai crimini commessi in assenza della formulazione della fattispecie giuridica di “genocidio” fino ad allora non vigente, anzi elaborata proprio con il predetto processo (naturalmente, rilevando questo, qui non si vuole affatto esimere dalle loro ignobili responsabilità i criminali nazisti ma soltanto mettere in evidenza le aporie del diritto astratto e formalistico di matrice occidentale). L’Occidente non si rende conto che, nel caso russo, non ha di fronte un Slobodan Milošević qualsiasi – ossia un personaggio di second’ordine – ma il leader di una potenza che attualmente gode dell’appoggio politico del resto del mondo, ormai stufo delle prepotenze americane e occidentali. La cieca incapacità occidentale di comprendere che il mondo non è fatto a sua misura, che altri popoli seguono filosofie di vita diverse dalle nostre e che, salvo il piano spirituale, non è possibile stabilire gerarchie o primati tra le loro e le nostre (nostre, oltretutto, solo da un paio di secoli a questa parte), sta portando il mondo verso un conflitto devastante. Se l’Occidente vuole la guerra con la Russia e il resto del mondo è certamente sulla buona strada. Ma questa volta potrebbe essere un passo falso. Per tutti!