Minima Cardiniana 414/1

Domenica 26 marzo 2023, Quinta Domenica di Quaresima

EDITORIALE
MA TRA I CADUTI DELLE ARDEATINE C’ERA ANCHE UN EX SOTTOSEGRETARIO FASCISTA
Tutti antifascisti, i caduti delle Fosse Ardeatine? Certo erano tutti detenuti quando avvenne l’attentato di Via Rasella, cui seguì a ruota l’atroce rappresaglia tedesca. Ma tutta la questione è molto più complessa: è già stata ampiamente studiata, ma va comunque trattata con doloroso rispetto. Tra i caduti di quella tragica giornata c’era anche Aldo Finzi, ch’era stato sottosegretario di un governo Mussolini. Certo non era più fascista. Ma forse antifascista non era mai stato. E con lui altri. E allora?
Cedo quindi nell’Editoriale di questa settimana la parola all’amico Stenio Solinas, che conosco da più di quarant’anni e con il quale mi sono sempre trovato in sintonia. Anche in questo caso, non mi ha deluso; e non deluderà voi.

IL PAESE È PIÙ AVANTI
di Stenio Solinas
Il presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha ricordato, a settantanove anni da quel 24 marzo 1944, “i 335 italiani” vittime alle Fosse Ardeatine.
Il presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha ricordato, a settantanove anni da quel 24 marzo 1944, “i 335 italiani” vittime alle Fosse Ardeatine della rappresaglia tedesca all’indomani dell’attentato di via Rasella. Da sinistra si è levato un coro di proteste: “italiani” sia pure, ma prima e più di essere tali, antifascisti e partigiani. L’antifascismo in Italia è una sorta di prêt-à-porter, buono per tutte le stagioni e da indossare in mancanza di altro. Comporta una lettura consolatoria della nostra storia nazionale, secondo la quale il fascismo fu sconfitto dagli antifascisti, quelli italiani in questo caso, perché gli angloamericani che risalivano la penisola si ritrovavano lì per caso.
È in quest’ottica che a guerra appena finita lo scrittore e partigiano comunista Italo Calvino fece passare sull’Unità l’Otto settembre per l’Odissea, ovvero “il mito del ritorno a casa: il dover tornare a casa su mezzi di fortuna, per paesi irti di nemici. È la storia degli otto settembre, la storia di tutti gli Otto Settembre della Storia”. Un’interpretazione suggestiva, non fosse che Ulisse e i suoi intraprendono il loro viaggio verso casa al termine di una guerra vittoriosa in terra altrui, il solo Ulisse si salva e di Otto Settembre, purtroppo, “la Storia” conosce solo il nostro. Anni dopo questa lettura sentimental-consolatoria venne codificata da Luigi Comencini in un film magistrale che si chiamava Tutti a casa. Ricordate? “Colonello è successa una cosa incredibile, i tedeschi si sono alleati con gli americani e ci stanno sparando addosso” diceva concitato al telefono il tenente Innocenzi, con la faccia di Alberto Sordi. Per esorcizzare il dramma, ci andavamo specializzando nella farsa. Nel tempo è divenuta una seconda pelle. Questa vulgata storiografica, va detto con chiarezza mista a tristezza, non ha aiutato il Paese, non lo ha fatto crescere, lo ha lasciato nel limbo di chi suo malgrado si era ritrovato vittima di qualche cosa.
Non c’è mai stato un vero e proprio esame di coscienza rispetto alle responsabilità e/o alle colpe degli italiani rispetto al fascismo, trasformato in un oggetto misterioso con cui nessuno aveva mai avuto a che fare, tranne i fascisti, naturalmente, che tuttavia, stando alla vulgata di cui sopra, erano una trascurabile minoranza e però un’eterna minaccia Di tutto ciò le classi politiche e intellettuali che si sono succedute da settant’anni a questa parte portano la gravissima responsabilità, responsabilità aggravata dal fatto che nessuna reale pacificazione nazionale è stata mai cercata in quel lungo arco di tempo, non dico in nome di una memoria condivisa, ma di memorie condivisibili, perché l’antifascismo usato a mo’ di clava etico-politica faceva da discrimine e insieme legittimava quell’unico partito che per il totalitarismo insito nella sua storia e nella sua dottrina aveva tutto l’interesse ad annegarlo in un abbraccio indistinto nel nome della democrazia e della lotta alla dittatura. Quella altrui, va da sé. Se oggi Giorgia Meloni è presidente del Consiglio, lei che proviene dalla cosiddetta “parte dei vinti”, si capisce che quella vulgata ha fatto ormai il suo tempo e che il Paese è più avanti e più libero mentalmente del ceto politico-intellettuale che come un turibolo le sventola davanti ogni due per tre l’accusa di fascismo, a quasi ottant’anni ormai dalla sua scomparsa. Ma si capisce altresì come quel ceto-politico-intellettuale conosca poco o niente il Paese che vorrebbe invece ostinarsi a governare.
(il Giornale, 25 marzo 2023)

Un unico appunto all’amico Stenio: sì, può darsi che il Paese sia “più avanti”: ma in quale direzione sta andando? FC