Minima Cardiniana 414/3

Domenica 26 marzo 2023, Quinta Domenica di Quaresima

A PROPOSITO DI AGGRESSIONI: MEMORANDUM PER CHI HA LA MEMORIA CORTA
DUE TRISTI ANNIVERSARI
Il 24 marzo 1999, violando gravemente i principi fondamentali del Diritto Internazionale sanciti dalla Carta delle Nazioni Unite, l’Alleanza Nord Atlanticа iniziava a bombardare la Jugoslavia.
Gli Stati Uniti e i loro alleati per settantotto giorni hanno bombardato le città – Belgrado compresa –, i villaggi e le infrastrutture civili, facendo saltare in aria ponti, treni passeggeri e autobus, uccidendo donne, bambini e anziani. È stato allora che l’Occidente, con le sue stesse mani, ha distrutto le fondamenta su cui – dal secondo dopoguerra in poi – si reggeva la sicurezza in Europa, avviando dunque quel processo che ha portato a sostituire i meccanismi giuridici che regolavano le relazioni internazionali con una sorta di “sistema di regole” unilaterale (“ordine internazionale basato sulle regole”).
L’uso da parte della NATO in Jugoslavia di munizioni all’uranio impoverito ha portato alla contaminazione di vaste aree e a un’ondata senza precedenti di tumori, di cui ancora oggi soffrono numerose persone, compresi i soldati del contingente “Kosovo Force”, inviati laggiù alla fine della guerra su decisione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU. Oltre 200.000 abitanti non albanesi della regione che hanno dovuto abbandonare il proprio luogo di residenza ancora oggi non possono tornare a casa loro.
Col pretesto dell’aggressione della NATO, i militanti del cosiddetto “Esercito di Liberazione del Kosovo” hanno commesso atrocità orrende, compreso il sequestro di cittadini serbi finalizzato al traffico di organi umani. Molti di questi criminali sono ancora latitanti.
Nessuno dei rappresentanti dell’Alleanza Atlantica ha subìto alcuna condanna e, per di più, costoro hanno stabilito di catalogare le vittime della loro aggressione come semplici “perdite collaterali”, ovvero come perdite “a margine” nel processo di realizzazione delle ambizioni geopolitiche degli Stati Uniti, della Gran Bretagna e dei loro satelliti.
Solo dopo alcuni dei più esecrabili casi di stragi di civili, i militari americani hanno porto, con riluttanza, delle “scuse”. La questione della responsabilità degli alleati del Patto Nord Atlantico per i danni arrecati alle relazioni internazionali e a un preciso Paese sovrano resta ancora aperta.
L’operazione armata intrapresa più di vent’anni fa dalla NATO contro la Jugoslavia, è stata una tragedia le cui conseguenze – di portata trasversale e a lungo termine – si fanno sentire ancora oggi.

Il 20 marzo 2003, in violazione del diritto internazionale, gli Stati Uniti, sostenuti dagli alleati, hanno lanciato l’invasione dell’Iraq. Questa avventura ha distrutto completamente la statualità, le basi militari, economiche e sociali dell’Iraq, facendo sprofondare il Paese in un pluriennale conflitto militare e politico interno dal quale non si è ancora completamente ripreso.
L’invasione ha portato anche al rovesciamento e alla successiva esecuzione del legittimo presidente Saddam Hussein, alla distruzione delle infrastrutture di base del Paese, a un grave deterioramento del sistema sanitario e a un aumento della criminalità.
Di rilievo il fatto che alla fine in Iraq non sono state trovate armi di distruzione di massa. I leader dei Paesi coinvolti nell’intervento militare hanno giustificato le loro azioni criminali con l’imprecisione dei rapporti di intelligence.
Secondo le stime di varie fonti accademiche e ONG, il numero di morti civili causati dall’uso della forza variava da 100.000 a 205.000, con perdite civili indirette di circa 650.000 persone. Il numero di profughi iracheni ha raggiunto 1,5 milioni e quello degli sfollati interni 2 milioni. Più di 12 milioni di iracheni (circa il 30% della popolazione) vivono attualmente al di sotto della soglia di povertà.
Nonostante l’impressionante mole di informazioni sui crimini di guerra commessi dalle forze statunitensi e alleate in Iraq, la stragrande maggioranza dei responsabili non ha ancora dovuto rispondere delle proprie azioni.
Sulla maggior parte degli episodi non si è nemmeno indagato, mentre i procedimenti penali sono stati estremamente rari.
L’avventura militare americana ha favorito la comparsa di nuove minacce alla stabilità e alla sicurezza regionale, creato terreno fertile per la diffusione di idee terroristiche ed estremiste, a seguito delle quali il mondo intero ha assistito alle atrocità dell’ISIS.
(Fonte: Ambasciata della Federazione Russa in Italia)