Minima Cardiniana 420/1

Domenica 28 maggio 2023, Pentecoste

EDITORIALE
TRE “CASI ESEMPLARI” E LA COSCIENZA CIVICA MONDIALE.
INVITO AL RISVEGLIO E AL CORAGGIO
“Quando il gioco si fa duro, i duri cominciano a giocare”. È uno slogan che va molto di moda: uno slogan cretino, da minorati mentali o da vigliacchi che si atteggiano a bulli. Ma che potrebb’essere decorosamente parafrasato come segue: “Quando il gioco si fa serio, bisogna che le persone serie s’impegnino a giocare”.
Ed è questo il punto. Vi presento tre “casi esemplari”, tre personaggi molto differenti tra loro e le vicende dei quali debbono farci riflettere. Itamar Ben-Gvir, Vincent Reynouard, Andrea Vitello.

Caso 1. Itamar Ben-Gvir
Itamar Ben-Gvir è un uomo politico israeliano che di recente è stato al centro di un incidente diplomatico. Ormai magari non se ne ricorda più quasi nessuno: viceversa, è necessario tenerlo bene a mente. La delegazione dell’Unione Europea a Tel Aviv (l’UE, come moltissime autorità statuali e sovrastatuali nel mondo, non riconosce lo spostamento unilaterale della capitale da Tel Aviv a Gerusalemme unilateralmente decisa dal governo israeliano) ha annullato il ricevimento diplomatico programmato per il 9 maggio scorso nella capitale legittima dello stato d’Israele in quanto il governo insediato in Gerusalemme, con una misura chiaramente provocatoria, aveva inviato a rappresentarlo appunto il signor Ben-Gvir. Ma chi è costui?
Itamar Ben-Gvir, capo del partito estremista “Potere Ebraico”, è il responsabile della Sicurezza Nazionale del governo presieduto da Benjamin Netanyahu. Tale governo, com’è noto, non è proprio il meglio che ci si potrebbe aspettare e che si dovrebbe augurare a Israele. La comunità internazionale sperava di essersi liberata definitivamente del capo del Likud, dopo i poco onorevoli episodi che l’avevano visto al centro dell’attenzione mondiale alcuni mesi or sono. Viceversa, “Bibi” è tornato sulla cresta dell’onda a causa delle elezioni del suo paese – forni o meno ciò ad onore di esso – e, per cavalcare di nuovo il potere del suo indocile paese, ha dovuto accettare l’appoggio di partiti ultraortodossi e ultranazionalisti i leaders dei quali sono ancora peggiori di lui (il che è tutto dire). Il signor Ben-Gvir è un caso esemplare dello zoo che circonda Netanyahu. È uno dei più decisi fautori dell’espansione delle colonie israeliano-ebraiche in Cisgiordania a danno di quel pochissimo che rimane di un futuro stato indipendente palestinese, ipotesi che si allontana sempre più dalla realtà politica. Ha una condanna per incitamento al razzismo antiarabo, comminatagli nel 2007. Sostiene il terrorismo antipalestinese e fino a qualche tempo fa conservava in casa sua la foto del terrorista ebreo che nel 1994 massacrò 29 palestinesi nella moschea di Hebron. L’Unione Europea ha insistito presso il governo israeliano affinché il rappresentante di esso alla festa del 9 maggio fosse un’altra persona: ma evidentemente Ben-Gvir ricatta Netanyahu con lo spauracchio di una crisi di governo.

Caso 2. Vincent Reynouard
Vincent Reynouard, cittadino francese cinquantatreenne arrestato in un villeggio scozzese nel quale viveva sotto falso nome, in seguito alle indagini della centrale francese per la lotta ai crimini contro l’Umanità (OCLCH) con l’accusa di “negazione dell’Olocausto” (fatto dichiarato crimine nella legislazione francese fino dal 1990), ha fatto sapere tramite il suo avvocato – a sua volta costretto a ricorrere all’anonimato per timore di rappresaglie – di rifiutare l’estradizione chiesta dal governo del suo paese. Reynouard, docente di matematica nella scuola secondaria, era già stato condannato in Francia nel 1991 quando era ancora studente per aver distribuito documenti di propaganda “revisionista”; nel 2007 – avendo dovuto cambiar lavoro ed esercitando quello di ingegnere chimico – fu condannato a un anno di prigione e multato per la somma di 10.000 euri in quanto autore di un opuscolo nel quale affermava “impossibile” la morte di 6 milioni di ebrei durante la seconda guerra mondiale; tra 2020 e 2021 aveva totalizzato un anno di detenzione in tutto per propaganda antisemita sui social. Non sono né contemporaneista né studioso delle questioni connesse con la Shoah, ma per quel che ne so dalla letteratura più seria e autorevole al riguardo – e ce n’è, anche accessibile: a cominciare da Livre Noir de l’Humanité coordinato da Israel Charny, autorevole dirigente dello Yad Vashem – le “cifre dell’Olocausto” trovano tutt’altro che concordi gli studiosi: e la relativa serena ricerca scientifica viene continuamente minacciata dalle possibili accuse di “revisionismo” e di “negazionismo”. Senza dubbio si tratta di un campo minato, nel quale calunnie e menzogne sono sempre possibili. Resta il fatto che uno studio scientifico serio non può, tecnicamente parlando, venir confuso con un opuscolo tendenzioso a carattere propagandistico; che questi oggetti di studio vanno giudicati da studiosi competenti, non da giurisperiti e tantomeno da propagandisti ideologicamente coinvolti o tendenzialmente interessati. Il principio secondo il quale la libertà della ricerca storica è sacra e il reato d’opinione un’abominevole barbarie non è negoziabile.

Caso 3. Andrea Vitello
Il dottor Andrea Vitello, empolese trentunenne di radici siciliane, titolare di laurea magistrale in scienze storiche e studente nel corso di perfezionamento frequentato nel 2022 presso la gerosolimitana Scuola Internazionale per gli studi sulla Shoah, è autore di un saggio a carattere storico-sociologico sul bullismo edito da Multimage nel 2023 e che ha meritato una Prefazione da Emanuele Fiano; ma è soprattutto degno di attenzione come studioso per un’attenta, corposa indagine di prima mano dedicata soprattutto alla figura di un funzionario dell’ambasciata tedesca d Copenaghen che, nel 1943, si adoperò con successo per salvare circa 7000 ebrei danesi dalla deportazione (gran parte della comunità ebraica presente in quel paese). Si tratta del dottor Georg Ferdinand Duckwitz, serio e convinto nazionalsocialista ma della razza degli Schindler e dei Perlasca. A Duckwitz è stata riconosciuta in Israele la qualifica di “Giusto fra le Nazioni”.
Il libro di Andrea Vitello,
Il nazista che salvò gli ebrei. Storie di coraggio e solidarietà in Danimarca, con Prefazione di Moni Ovadia e Postfazione di Gabriele Nissim, è stato pubblicato a Firenze nel 2023 presso Le lettere, la benemerita casa editrice fondata dai discendenti di Giovanni Gentile.

Sono tre casi esemplari, che c’insegnano molte cose. Tre casi che incidono su altrettante ferite ancora aperte nel corpo della nostra società civile e che indicano altrettante spaventose voragini d’ignoranza, di menzogna e in ultima analisi d’incapacità di fruire di autentica libertà di giudizio nel nostro e in altri paesi.
Ben-Gvir è un formidabile e, c’è da scommetterci, ben consapevole collaboratore del disordine israeliano palestinese, dell’a tutt’oggi irrisolvibile questione non diciamo dell’indipendenza, ma della stessa sopravvivenza del popolo di Palestina stretto nella cortina di cemento e di filo spinato del “Muro” e costretto a subìre la vergogna dello stato di cose imposto agli abitanti di Gaza: un inferno dei vivi e un’autentica scuola di razzismo e di terrorismo. Oggi, risolvere questo problema non sembra più cosa primaria a livello internazionale: ma il suo peso nell’attuale crisi e nella purtroppo futura guerra che potrebbe infiammare di nuovo il Vicino Oriente e sommarsi a quella eurasiatica in corso è ohimè incalcolabile. Gente come Ben-Gvir è indispensabile al rigoglio del terrorismo internazionale di qualunque colore politico: perché i terroristi, anche e soprattutto se di opposto fronte, si sostengono tra loro e traggono reciproca forza dalle loro contrapposte infamie.
Reynouard, qualunque sia il giudizio morale che con cognizione di causa si può esprimere sulle sue ricerche (le quali andrebbero tuttavia vagliate con attenzione scientifica: e non siamo certi che ciò sia avvenuto) sembra appartenere alla schiera dei David Irving: a coloro cioè sui quali gravano non solo un pregiudizio politico-intellettuale mai davvero e pienamente dissolto (al contrario!), ma anche il sospetto di un persistente e soffocante
funus persecutionis. Il negazionismo, quello vero, è il risultato dell’incontro fra la cattiva informazione scientifica, la disonestà intellettuale e il fanatismo politico. C’è un solo mezzo per distruggerlo: strappargli la maschera dell’oggetto della persecuzione ideologica che gli abbiamo indebitamente regalato, costringerlo a uscire allo scoperto, discutere serenamente le sue tesi alla luce chiara della scientificità e con ciò dissolvere il sospetto che nelle sue argomentazioni vi sia qualcosa di vero e di fondato. E se dall’indagine seria dovesse risultare ad esempio una ridotta valutazione quantitativa delle vittime del genocidio razzista, ciò non significherebbe nulla. Esso non è condannabile sulla base dell’entità della sua computisteria funebre, bensì sull’enormità qualitativa del suo insulto alla dignità del genere umano.
Vitello ribadisce che le condanne generiche e collettive sono frutto tanto d’ignoranza storica quanto di disonestà morale. Il Male assoluto, nella storia, non esiste: è categoria forse etica, forse metafisica e metastorica, forze mistica, forse retorica: non è categoria storica. Nella storia agiscono due forze umane principali: la Banalità del Male e la Semplicità del Bene. Entrambe misure umane, troppo umane. Ma nella seconda, forse, risplende un riflesso della Luce divina. Il manicheismo, nella ricerca storica, non è mai stato un metodo consigliabile.