Domenica 28 maggio 2023, Pentecoste
IL GIOCO DEGLI INTERVISTATORI E DEGLI INTERVISTATI
A PROPOSITO DELL’INTERVISTA DI FRANCESCO RIGATELLI A FRANCO CARDINI (“La Stampa”, venerdì 26 maggio 2023, p. 5)
Io non brucio dalla voglia di apparire in passerella, tuttavia faccio di professione l’insegante universitario ch’è anche pubblicista e che un pochino viene trattato dome se fosse pubblica persona. Di solito non replico mai al testo delle mie interviste quando compaiono a stampa oppure on line, soprattutto se sono poco intelligenti, poco informate o molto tendenziose.
Ma la pagina che generosamente mi viene dedicata ora da Francesco Rigatelli, un professionista serio che si sforza di essere obiettivo quanto si può esserlo in questo genere di cose, merita attenzione e anche qualche commento: sto precisando, per nulla replicando e tantomeno contestando.
Permettetemi anzitutto un pizzico di vanità. Sono un signore ottantaduenne decisamente sovrappeso e per giunta poco fotogenico: per colmo di sventura, sono (o perlomeno così dicevano le rappresentanti del gentil sesso molti decenni e, ohimè, molte decine di chilogrammi or sono) un ex-bel ragazzo, per quanto oggi non si direbbe. E quella foto, sia stata intenzionalmente scelta o no, francamente m’imbruttisce oltremisura.
Chiusa questa vanitosa parentesi, aggiungerò a correzione del mio identikit che è verissimo che sono “ex missino”, e me ne vanto in quanto quella fu, allora, una scelta da parte mia onesta e in buona fede, che se tornassi indietro rifarei: ma sono “ex” dal 1965, vale a dire da quando, venticinquenne, me ne andai da un movimento che avevo scelto dodici anni prima, al tempo di “Trieste italiana”, quando tredicenne del 1953 avevo ancora i calzoncini corti. Non ho nulla di cui vergognarmi, nulla da rinnegare: ma mi chiedo per esempio, a quanti esponenti politici di oggi si rimproverano cambi di casacca (o di bandiera), magari evidentemente fatti per motivi di convenienza, che risalgono a cinque o a dieci anni fa. “Oggi – aggiunge correttamente Rigatelli – si definisce cattolico, socialista ed europeista”: in quest’ordine. Esatto: aggiungo che come cattolico sono un tradizionalista ben conscio che la Tradizione per i cattolici è valore da intendere in senso metafisico e metastorico e che, come forza viva, è quel che diceva Mahler, “non residuo di cenere bensì memoria del fuoco”, che vive nella storia; che come socialista apprezzo molto la lezione gramsciana ma mi sento vicino soprattutto a Sorel e al sindacalismo rivoluzionario; che come europeista non sono affatto solidale con l’“europeismo di mercato” di Bruxelles-Strasburgo e ritengo che un’esperienza politica unitaria sovrastatale di tipo non federativo bensì confederativo (“alla svizzera” anziché all’americana o alla tedesca) sarebbe adatta all’Europa in quanto “continente-arcipelago” di molte, antiche, venerabili e irrinunziabili diversità. Un ex pluribus unum garantito preferibilmente, ma non necessariamente, da una costituzione: ricordo che oggi esistono stati importanti (come il Regno Unito o lo Stato d’Israele) privi di costituzione.
Ciò premesso, entriamo nel merito. Rigatelli ed io ci simo scambiati una telefonata di quasi tre quarti d’ora: era evidente che non ne sarebbe uscito un resoconto stenografico, e rendo atto al giornalista intervistatore di essere stato meno infedele possibile (chi s’intende di queste cose sa che tale rilievo è decisamente elogiativo).
Il centrodestra si è comportato con i vertici RAI come un elefante in un negozio di porcellane: il che è perfettamente nella norma. Continuità, più che nella “spoliazione”, nel vero e proprio spoil system. Perfettamente normale, da parte di donna Giorgia e dei suoi colonnelli e consulenti: se avessero agito altrimenti, i loro quadri dirigenti e medioalti (il resto non conta un piffero, come sempre nelle “democrazie”) non glielo avrebbero perdonato. Il punto è che la destra è carente di personale dotato di esperienza dirigenziale e di cultura ed è poco abile nel reclutarne di mercenario (e sì che il mercato dei disponibili a vendersi è quantitativamente ampio, anche se non qualitativamente granché qualificato). La vecchia RAI della prima repubblica, almeno fino agli Anni Settanta, faceva buona cultura e informazione meno settaria: ma è possibile riconquistare quei livelli immettendovi contenuti adeguati all’oggi, specie da parte di una forza che esce umiliata e anchilosata da decenni di emarginazione? Il fatto è che, a torto o a ragione, esprimendosi in buonafede o facendo retorica, Giorgia e i suoi hanno “sempre” (?!) difeso l’eccellenza del “merito”. Il che, a me ex missino degli anni Cinquanta-Sessanta, ricorda molto la mesta tragicommedia del MSI che a sua volta parlava di “aristocrazia del merito”, ma i suoi rappresentanti nelle scuole medie erano quasi sempre fra gli ultimi della classe. “Destra velleitaria” contro “sinistra secchiona”. E, badate bene, si trattava di modestissimi Lucignoli, non di nobili Franti (e Franti lo chiamo “nobile” perché ricordo l’altissimo elogio che ne ha fatto Umberto Eco).
E veniamo agli “stati generali” della cultura di destra. I personaggi nominati sono del tutto dignitosi: Rigatelli, definendoli, mi presta termini ed espressioni che non ho usato. Buttafuoco non è affatto un “caro ragazzo filoislamico”, bensì uno scrittore e uno stilista finissimo, un cittadino coraggioso e rigoroso, e dal punto di vista religioso ora che è divenuto musulmano (e lo è sul serio) come cattolico me lo sento molto più vicino di quanto non fosse quando si atteggiava a filocattolico estetizzante e paganeggiante. Giordano Bruno Guerri stava benissimo anche in TV nel biennio nel quale io sono stato membro del Consiglio d’Amministratore, come studioso potrebbe avere i titoli per diventare docente ordinario molto più di certuni che in effetti sono tali e non si capisce perché; come direttore del Vittoriale degli Italiani sta espletando benissimo il suo compito. Veneziani è un giornalista e uno scrittore di meritato successo. E ce ne sarebbero altri. Ma se Giorgia Meloni riuscirà a dar prova di puntare al merito e alle capacità senza furbizie tattiche saprà pescare anche ottimi ingegni lontani magari dalla sua area, ma non malati né di servilismo né di protagonismo. Certo, una cosa del genere da sola non può farla. Questo è il punto. La regina ha consiglieri degni di lei? Si sta guardando in giro per farsi una corte che sia all’altezza dei suoi compiti di governo? O è costretta a porgere orecchio a gente che le sarà fedele ma è scarsamente qualificata?
Quanto alla democrazia, il discorso sarebbe lungo ma è stato fatto abbastanza: rimando al notevolissimo bouquet di libretti brevi, densi, coltissimi a insieme graffianti messo insieme negli ultimi anni da Luciano Canfora per denunziare “l’ideologia democratica” e metterne a nudo la sostanza poco qualificata, poco nobile e poco onesta. Aderire funzionalmente alla “democrazia” (definizione ormai insufficiente, se non la si accompagna di qualche attributo che la precisi) come sistema di scelta delle élites di governo e di controllo sociale può anche andare, ma guai a cadere nella rete dei “primati”: di quello dell’economia, di quello della finanza, di quello della tecnologia. Se la politica non mantiene il suo primato, non c’è democrazia che tenga. Altro che lotta alle “autocrazie” e alle “tirannidi”: queste sono solo parole per coprire il vuoto di competenza e l’assenza di moralità, di senso della cosa pubblica. Quanto alla democrazia come surrogato della teologia o della mistica, non vale nemmeno la pena di spenderci parole. Inutile escamotage il “presidenzialismo”: giocattolo banale per borghesi piccoli piccoli che si contentano di poco. Inutile la polemica antifascista: un gioco bécero e noioso, incapace di sfiorare valori storici effettivi e concerti.
Il testo dell’intervista di Francesco Rigatelli
RAI, LO STORICO CARDINI: “TROPPA LOTTIZZAZIONE, MELONI NON SI FIDA DI NESSUNO”
Il professore: “La premier si dice conservatrice, ma se non è fascista cosa vuole conservare? Deve rifondare l’identità italiana promuovendo la natalità, altrimenti il Paese si estinguerà”.
Professor Franco Cardini, da insigne storico lei venne chiamato nel cda Rai dell’era Moratti, cosa pensa delle nomine?
Troppa lottizzazione. Meloni non si fida dei suoi, figurarsi degli altri. L’occupazione di sedie e strapuntini è un sistema verso cui il governo non mostra discontinuità. Il fatto poi che la destra non abbia personalità sufficienti è comprensibile, perché per tre quarti di secolo è stata considerata appestata e non ha maturato molti elementi politico-intellettuali.
Che Rai ci vorrebbe?
Ricordo sempre che la tv francese e quella tedesca hanno fatto il canale Arte insieme, mentre noi nulla. Non bastano Paolo Mieli e Corrado Augias per educare le masse. Sarebbe ora di puntare su dei giovani storici, e lo dico da anziano che non smania di apparire.
Qualche nome?
Oltre a dei grandi come Alessandro Barbero e Massimo Cacciari, vorrei vedere Antonio Musarra, Francesca Roversi Monaco e Barbara Frale.
Ha visto che Lucia Annunziata si è dimessa in polemica con le scelte del governo?
Mi chiedo se condividesse le modalità dei governi precedenti, questo non ce l’ha ancora detto. La sua lettera è coerente con la sua personalità seria e preparata, ma spero non serva a mettere la base per un rientro prima o poi.
Per il direttore del Salone del libro Lagioia l’egemonia culturale della sinistra è un’ossessione della destra, è così?
È anche un’ossessione della sinistra imposta all’opinione pubblica, ricordo il film La terrazza di Ettore Scola.
Eppure mai come ora si è vista tanta ricerca di spazi…
Con i risultati che vediamo. Chi sono gli intellettuali di destra? Buttafuoco è un caro ragazzo filoislamico, ma non basta. Bruno Guerri? Sta bene solo al Vittoriale. Veneziani? Un bravo scrittore, non un intellettuale. Con loro si va poco lontano. L’egemonia della sinistra, a sua volta egemonizzata dal Pci, era di un altro livello.
Che consigli può dare?
La destra esca dal recinto e dia spazio alla società civile, agli scienziati e agli artisti meritevoli. Ci sta provando, ma in modo maldestro.
C’è un fascista in fondo al cuore di tanti democratici, come ha detto Recalcati a proposito del caso Roccella?
Nel mio di sicuro, ma io non sono democratico. Almeno non nella maniera ideologica o teologica che si porta.
Si sente per caso aristocratico?
Non siamo ai tempi di Cesare o Pericle, quando sarei stato dalla parte dei plebei. Oggi mi definisco un cittadino che crede nelle leggi e pensa che siano migliorabili. E dopo essere stato un missino poco convinto, europeista non nazionalista, dagli anni ’60 sono un cattolico, socialista ed europeista, in questo ordine.
Cosa le ha fatto la democrazia?
Il sistema rappresentativo è diventato elitario e dominato da tre forze: finanza, economia e tecnologia. Chi le gestisce esprime i politici che poi vengono eletti attraverso un metodo controllabile.
Cosa pensa dell’abuso di fascismo e antifascismo?
Il peggio. La mia professione mi impone di mettere in ordine fonti, documenti e definizioni. Da un po’ di tempo invece avverto una metafisica della Storia. Per esempio, il fascismo male assoluto è filosofia non un concetto storico. E questo vale anche per l’antifascismo, se si scende dal pero. La verità è che la categoria della violenza è condivisa da gran parte della Storia e così pure quella della dittatura.
La Storia italiana non invita a una particolare sensibilità?
È proprio quello che intendo. Il fascismo andrebbe maneggiato con cura. Per esempio non è il razzismo, che negli anni ’30 era diffuso e presente anche nella scienza.
Il fascismo però è soprattutto il trauma della dittatura. Oggi esiste un rischio autoritarismo?
Il rischio c’è sempre, ma si torna al fatto che l’autoritarismo non è solo fascista.
Nella Storia italiana però…
Anche Giolitti non scherzava, i suoi mazzieri erano i predecessori degli squadristi. E su molti temi, non sulla guerra, andava d’accordo con Mussolini.
E oggi cosa rischiamo?
La stessa democrazia fondata sulla maggioranza tende all’autoritarismo. E le maggioranze sono malleabili. Quando ci troviamo di fronte a un problema complesso come la guerra in Ucraina e l’Italia si divide in due, con un Paese reale pieno di dubbi e uno ufficiale che tenta di attutirli o addirittura zittirli, non è una strada che porta alla dittatura?
Quali sono questi dubbi?
Si fa finta di non sapere che la guerra inizia nel 2014 da una politica della Nato aggressiva, il cui confine è anche una linea di fuoco con missili nucleari.
L’invasione dell’Ucraina però l’ha fatta la Russia…
La risposta a una provocazione della Nato, organizzazione imperialista al servizio del potere Usa, che fa il suo mestiere ma non mi vengano a dire che cerca la pace. E penso il peggio di Putin, ricordo i suoi crimini ceceni per esempio.
Come si spiega l’atlantismo di Fdi?
Fa parte di un cammino di regressione iniziato dal Msi, che soffocò l’europeismo nascente nella base. E questo dimostra il loro umorismo quando si dicono sovranisti. Non dico faccia tosta, perché in FdI ho tanti amici compresa Giorgia. E lei è tutt’altro che stupida, perché sa di non essere sovranista infatti si definisce conservatrice.
E in quello è credibile?
Mi piacerebbe sapere cosa intende. Forse si rifà ai conservatori inglesi, che sono sempre stati i rappresentanti dell’Occidente perché tenevano in mano le terre governando gli oceani?
Da Churchill a Meloni?
Lei non è fascista, allora cosa vuol conservare? Il Risorgimento? Finì male… La Prima Repubblica? Non credo. Il cattolicesimo, ma non basta. Insomma, solo un lord vuole conservare.
Dunque Meloni tenta una specie di trapianto culturale?
Sì, ma allo stesso tempo fa il gioco delle tre carte tenendo insieme sovranismo, nazionalismo, conservatorismo, atlantismo ed europeismo.
Ce la farà?
Vedremo, le suggerirei la biografia di Carlo V di Giuseppe Galasso che spiega il suo ruolo del giocoliere tra Sacro Romano Impero e modernità. Lei deve rifondare l’identità italiana, per esempio promuovendo la natalità altrimenti il Paese si estinguerà.
L’incertezza sulla riforma presidenzialista è un sintomo di questa confusione?
Non risolverebbe nulla e in Francia o Usa funziona male. Il rischio sarebbe di trovarsi a scegliere tra Ilary Blasy e Fedez.